Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-02-2013) 04-07-2013, n. 28745

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Svolgimento del processo
1.1 Con sentenza del 28 ottobre 2011 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ferrara del 30 settembre 2002 (emessa, per quanto interessa in questa sede, nei confronti di XXX, ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 110 cod. pen. e al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 commesso – in concorso con P.R., D.S.G. e B.N. – in (OMISSIS) – capo 17) della originaria imputazione), rideterminava la pena originariamente infittagli, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, sostituendo alla pena accessoria della interdizione perpetua dai pp.uu., quella temporanea e confermando nel resto.
1.2 La Corte territoriale, dopo aver riepilogato succintamente i momenti salienti della vicenda processuale sin dalle sue origini, rigettava – perchè infondate – le eccezioni processuali sollevate dall’appellante in ordine al mancato riconoscimento dell’asserito impedimento dell’imputato a presenziare al processo a suo carico;
confermava la responsabilità del D.S., valorizzando oltre che l’attività di osservazione della P.G., i contenuti di una telefonata intercettata sulla utenza del coimputato P.R. nella quale era coinvolto, quale diretto ed unico interlocutore, il D.S.; gli esiti di un controllo a distanza della P.G. effettuato sotto la casa del P.; i risultati della successiva attività di pedinamento ed inseguimento da parte della Polizia culminata con l’arresto – tra gli altri – del D.S., sorpreso a viaggiare a bordo dell’auto del fratello G. al seguito della vettura con a bordo gli altri coimputati P. e B., che durante l’inseguimento, si era disfatto – lanciandoli dal finestrino – di alcuni involucri contenenti stupefacente, poi recuperati.
1.3 Avverso la detta sentenza propone ricorso XXX, a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo, con un primo motivo, violazione di legge per inosservanza della legge processuale penale; lamenta la difesa che la Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi sull’istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato a partecipare all’udienza per ragioni di salute, ne aveva irragionevolmente disatteso i contenuti. Con il medesimo motivo la difesa censura altra similare decisione della Corte territoriale con la quale era stata disattesa analoga richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato in relazione al suo stato di detenzione domiciliare. Con un secondo motivo la difesa denuncia altra violazione di legge per inosservanza delle norme processuali, per avere la Corte territoriale celebrato l’udienza del 30 settembre 2002 (nel corso della quale si era proceduto alla rinnovazione degli atti a seguito di mutamento del Collegio), senza provvedere ad espletare l’esame dell’imputato la cui richiesta era stata reiterata alla precedente udienza istruttoria del 13 maggio 2002.
Con un terzo motivo la difesa deduce vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e/o illogicità manifesta in relazione alla conferma del giudizio di responsabilità a carico dell’imputato D.S.: la Corte, secondo le censure difensive avrebbe violato – come già accaduto nel corso del giudizio di primo grado – il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ribadendo le medesime argomentazioni svolte dal Tribunale, senza tenere in alcun conto le articolate censure difensive mosse sul punto.
Motivi della decisione
1. Ragioni di priorità logiche impongono l’esame delle due censure collegate al rispetto del principio del contraddittorio, vulnerato, secondo la difesa, in relazione agli ingiustificati e manifestamente illogici dinieghi di rinvio delle udienze a causa del dedotto impedimento dell’imputato a presenziarvi.
2. Non è fondato il motivo relativo al mancato rinvio dell’udienza per il denunciato stato di malattia che la difesa ritiene assolutamente ostativo alla presenza dell’imputato a quella udienza:
secondo quanto è dato leggere nella sentenza impugnata, nonostante da parte della difesa fosse stata comunicata una patologia grave dell’imputato e nonostante la stessa Corte avesse riconosciuto la oggettiva gravità della malattia, l’impedimento non era stata ritenuto assoluto sicchè era stata rigettata la relativa istanza. La decisione assunta dalla Corte territoriale è in linea con quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il certificato medico con il quale venga attestato uno stato di malattia è atto idoneo a comprovare l’impossibilità a comparire dell’imputato se non è contraddetto da una diversa valutazione tecnica, alla quale è dato pervenire attraverso un accertamento medico fiscale, e che non può essere sostituita dal generico apprezzamento del giudice (Cass. Sez. 1A, Sent. 26.1.2004 n. 3550 XXX). Resta, però, inteso che la patologia accertata e descritta valga a determinare, fermo restando l’insopprimibile diritto alla salute del cittadino, costituzionalmente garantito, un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall’imputato e a lui non ascrivibile. (Cass. Sez. 5A 11.7.2008 n. 39217, Rv. 242327; in senso analogo, più di recente, Cass. Sez. 2A 27.10.2009 n. 42595, XXX, Rv. 255119; Cass. Sez. 6A 12.5.2010, n. 20811, S.; Rv. 247348).
2.1 Nel caso di specie il certificato medico attestava certamente una patologia seria e cronicizzata: tuttavia la prescrizione sanitaria parlava della opportunità di un periodo di riposo e cure domiciliari che certamente non era bastevole a confermare l’impedimento assoluto dell’imputato a presenziare. In relazione a tanto, quindi, il vizio motivazionale denunciato non sussiste, non tralasciando di considerare che si trattava di censura già mossa con l’atto di appello ed alla quale la stessa Corte territoriale ha dato risposta convincente.
3. Non appare, invece, rispondente ai canoni della logica oltre che alle regole processuali, la risposta data dalla Corte territoriale a similare censura difensiva stavolta legata ad un impedimento a presenziare dell’imputato per cause diverse dalla malattia (situazione di detenzione domiciliare), segnalato da parte della difesa nel corso della udienza dibattimentale dinnanzi al Tribunale tenutasi il 13 maggio 2002.
3.1 Le SS.UU. risolvendo il contrasto interpretativo sul punto (Cass. Penale SS.UU. 26.9.2006 n. 37483, XXX, Rv. 234600) hanno, infatti, affermato che lo stato detentivo dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento. Ne consegue, pertanto, che la conoscenza da parte del giudice, del legittimo impedimento a comparire dell’imputato è ostativa alla dichiarazione di contumacia, in assenza di una manifestazione di volontà da parte dell’imputato di non partecipare all’udienza (Cass. Sez. 6A 13.11.2008 n. 44421, XXX, Rv. 241605).
3.2 La risposta offerta dalla Corte territoriale alla doglianza difensiva non appare persuasiva soprattutto perchè incentrata sostanzialmente sulla necessità di tutela della celerità del processo, della concentrazione dibattimentale e della utilità dell’espletamento dell’istruttoria, disattendendo il principio di diritto affermato dalle SS.UU. basato sulla peculiare posizione dell’imputato detenuto e sulla correlata non necessità da parte dell’imputato di comunicare l’impedimento, sicchè, una volta appresane l’esistenza, tanto avrebbe dovuto imporre al Tribunale il rinvio tout court dell’udienza al fine di garantire il contraddittorio.
3.3 Si legge, infatti, nell’ordinanza del 13 maggio 2002, di un rinvio dell’udienza al fine di procedere ad una specifica attività istruttoria (assunzione di testi ed esame di imputati in procedimento connesso) con rinvio al 15 maggio successivo e, nella successiva ordinanza resa in tale udienza, della segnalazione da parte del difensore del D.S. dello stato di detenzione domiciliare in (OMISSIS), seguito dalla decisione del Tribunale di dar ugualmente corso all’attività istruttoria in assenza dell’imputato detenuto.
3.4 Tale provvedimento, come correttamente rilevato dal difensore del ricorrente, è viziato e tale vizio inficia l’intero giudizio di primo grado e quello successivo di appello, in considerazione della illogica motivazione offerta dalla Corte territoriale.
4. La fondatezza di tale motivo impone quindi l’annullamento senza rinvio sia della sentenza impugnata, sia di quella del Tribunale del 30 settembre 2002, cui vanno restituiti gli atti. L’accoglimento del detto motivo assorbe ogni altra doglianza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Ferrara (30.9.2002) cui restituisce gli atti.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2013

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