Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-02-2013) 26-06-2013, n. 27987

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza pronunciata il 4.4.2012 la corte di appello di Milano confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, in data 13.10.2011, in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato, tra gli altri, D.S. per i reati, in materia di sostanze stupefacenti, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73, alla pena ritenuta di giustizia. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, articolando distinti motivi di impugnazione.

Con il primo motivo di ricorso l’imputato eccepisce i vizi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, in quanto la corte territoriale ha desunto l’esistenza del reato associativo in capo al D. sulla base di due elementi assolutamente inidonei a dimostrare, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, l’esistenza di un vincolo associativo tra quest’ultimo e gli altri sodali, in quanto consistenti, da un lato, in un unico episodio di detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina in concorso, quello di cui al capo n. 3) dell’imputazione, per il quale il ricorrente ha riportato condanna; dall’altro nel preteso debito di 59.000,00 Euro che il D. ed il suo supposto sodale G.L. avevano nei confronti del fornitore S. E., senza tenere conto, al riguardo, che tale debito si riferisce all’episodio di acquisto di sostanza stupefacente di cui al capo n. 1), in relazione al quale la stessa corte territoriale mandava assolto il D.. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce violazione di legge in ordine alla impossibilità di configurare la circostanza aggravante di cui alla L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 4, in relazione al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Con motivi aggiunti depositati il 17.1.2013, il difensore di fiducia del D., avv. Alfredo Gaito, reiterava, con dovizia di argomentazioni, le doglianze in ordine alla erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato associativo in capo al proprio assistito.

Motivi della decisione

Il ricorso presentato nell’interesse di D.S. appare fondato e va accolto.

Al riguardo occorre premettere alcune considerazioni sulla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, riguardando il ricorso esclusivamente la condanna intervenuta per tale reato.

Come è noto, con riferimento all’attività di procacciamento e di spaccio di sostanze stupefacenti, il reato associativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, non richiede una struttura articolata e complessa o una esplicita manifestazione di intenti, essendo sufficiente una struttura anche esile a cui i compartecipi possono fare ricorso (cfr. Cass, sez. 6, 12.3.2007, n. 22698, L. e altro). Altrettanto pacifico è, poi, il principio secondo il quale ai fini della configurabilità del reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può essere anche non espresso e costituirsi "di fatto" fra soggetti consapevoli che le attività proprie e altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune, con la conseguenza che, ferma restando l’autonomia rispetto ai reati (eventualmente) posti in essere in attuazione del programma, la prova in ordine al delitto associativo può desumersi anche dalle modalità esecutive dei reati- scopo, specie se protratti per un tempo apprezzabile (cfr. Cass., sez. 6, 12.3.2007, n. 22698, L e altro).

Così la prova del vincolo permanente tra i consociati, nascente dall’accordo associativo, può anche essere data per mezzo dell’accertamento di "facta concludenza", quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (cfr. Cass., sez. 4, 7.2.2007, n. 25471).

Ciò non esclude, tuttavia, che, la prova in ordine all’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, possa essere desunta anche da un singolo episodio criminoso, che attesti l’intervento di un gruppo che partecipa nel suo insieme ad un evento importante per l’associazione, pur dovendosi sempre richiedere un’adeguata motivazione in ordine alla partecipazione del singolo indagato al reato associativo ed al ruolo da lui stabilmente svolto, non esclusivamente nel singolo episodio, ma anche all’interno dell’organizzazione (cfr. Cass, sez. 6, 14.1.2008, n. 6867, P.).

Ed invero la partecipazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti va pur sempre desunta da una serie di condotte significative che, complessivamente valutate, denotino l’organico inserimento in una struttura criminosa a carattere associativo; l’accertamento deve essere particolarmente puntuale e rigoroso quando la prova dell’accordo sia desunta da condotte svolte nell’ambito di un solo episodio criminoso o da comportamenti che possono anche essere il frutto di un aiuto episodico, con particolare riferimento alla prova della volontà del singolo di partecipare alla associazione (cfr. Cass., sez. 5, 24/09/1997, n. 9457, Caceres e altro; Cass., sez. 6, 23/01/1997, n. 5970, Ramirez).

In conclusione può dunque, affermarsi, che anche nel caso di associazione a delinquere finalizzata al commercio illecito di sostanze stupefacenti trova applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di reati associativi, secondo cui l’appartenenza di un soggetto a un sodalizio criminale può essere ritenuta anche in base alla partecipazione a un solo reato fine, purchè sia dimostrato che il ruolo svolto e le modalità dell’azione siano stati tali da evidenziare la sussistenza del vincolo (cfr. Cass., sez. 1, 20.1.2010, n. 6308, Ahmed e altri, rv.

246115; Cass., sez. 3, 16.10.2008, n. 43822, Romeo e altri; rv.

241628). Il vincolo associativo, naturalmente, può unire tutti coloro che, a vari livelli e con modalità diverse, contribuiscono alla realizzazione del programma criminoso, che, in ultima analisi, si riduce alla realizzazione, da parte di tre o più persone, in forma organizzata, di una delle condotte criminose previste dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1.

Ne consegue che l’associazione in parola è configurabile sia nel caso di unione parallela di più persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto societario tramite il commercio della droga, sia nell’ipotesi del vincolo che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga alla rete di acquirenti che, in via continuativa, la ricevono per immetterla sul mercato, anche se a tal fine non si può comunque prescindere dal provare l’effettivo contributo offerto dal singolo alla realizzazione degli scopi propri dell’associazione (cfr. Cass., sez. 6, 31.10.2007, n. 10790, A.).

Il vincolo associativo, peraltro, può essere ravvisato anche tra soggetti che si pongono in posizioni contrattuali contrapposte nella catena del traffico di stupefacenti (come i fornitori all’ingrosso e i compratori dediti alla distribuzione), ed anche tra soggetti che agiscono in gruppi separati, eventualmente in concorrenza tra loro, a condizione che i fatti costituiscano espressione di un progetto indeterminato volto al fine comune del conseguimento del lucro da essi derivante e che gli interessati siano consapevoli del ruolo svolto nell’economia del fenomeno associativo (cfr., per tutte, Cass., Sez. 6, 11.2.2008, n. 20069, O. ed altro).

Allo stesso modo integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui l’associazione fa traffico, perchè agevola lo svolgimento dell’attività criminosa dell’associazione ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento (cfr. Cass., sez. 6, 19.12.2007, n. 1174, S.).

Tanto premesso non può non rilevarsi come il percorso motivazionale seguito dalla corte territoriale non appare in linea con i consolidati principi affermati negli arresti giurisprudenziali innanzi richiamati, condivisi da questo Collegio. L’inserimento del D.S. nella compagine associativa di cui al capo n. 7) dell’imputazione, costituita, oltre che dall’imputato, anche da S.E., T.I., H.K. e G.L., in qualità di referente in Puglia dell’associazione a delinquere in questione e destinatario di buona parte dei quantitativi di sostanza stupefacente introdotti in Italia dal S. e dal T., viene desunta dalla corte territoriale da una serie di elementi, che si possono riassumere nei termini che seguono. Partendo dall’intervenuta condanna di D. e del G. per il singolo episodio di acquisto di un quantitativo di kg. 1,769 di cocaina, trasportato dai due corrieri Si.Is. e K.F., di cui al capo n. 3) dell’imputazione, la corte territoriale attribuisce al ricorrente il ruolo di componente del sodalizio di cui si discute, in considerazione del fatto che i suddetti D. e G., pur essendo stati assolti dal reato di cui al capo n. 1) dell’imputazione (avente ad oggetto l’acquisto e la detenzione a fine di spaccio di indistinti quantitativi di cocaina provenienti dall’Olanda), hanno trasferito al S. una somma di 59.000,00 Euro, che, secondo i giudici di secondo grado, "se non si tratta di un pagamento di stupefacente da parte di G. e D., necessariamente si tratta di movimentazione di denaro proveniente dal traffico di stupefacenti, essendo il S. dedito a detta attività e legato a G. e D. in conseguenza di detto traffico illecito" (cfr.

p. 14 dell’impugnata sentenza).

Il D., pertanto, secondo la corte di appello, risulta inserito a pieno titolo nell’organizzazione a delinquere per avere movimentato denaro nell’interesse del S.; per la comunanza di interessi con il G., che si ricaverebbe dal contenuto di una conversazione oggetto di captazione tra il S. ed il G., in cui quest’ultimo rappresenta al primo che in quell’occasione "agirà da solo", lasciando, dunque, intendere, implicitamente, che le altre volte aveva operato con il D.; per il fatto, infine, che, in relazione ad altro episodio, in cui il ricorrente non risulta coinvolto, riguardando il S. ed il G. (unitamente a H. K. e M.M.), il S. "si mostra interessato ad avere da G. la nuova utenza albanese di D." (cfr. p. 14 dell’impugnata sentenza).

Orbene se appare indiscutibile che il D. sia un soggetto impegnato nel commercio di sostanze stupefacenti, in quanto le risultanze processuali consentono di affermare che egli fosse dedito a tale attività, tuttavia l’apparato motivazionale risulta oggettivamente carente nella parte in cui omette di sottoporre tali risultanze a valutazione critica, allo scopo di verificare se gli accertati rapporti illeciti tra il ricorrente, il G., il S. ed altri soggetti, al di là delle petizioni di principio riscontrabili in motivazione, abbiano avuto una consistenza tale da configurare, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, l’esistenza del vincolo associativo necessario per l’integrazione della fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, secondo i parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità in precedenza indicati ovvero se non siano espressione di singoli ed episodici contatti, inidonei a configurare lo stabile e continuativo inserimento del ricorrente per un tempo apprezzabile in una struttura associativa, di cui, peraltro, in motivazione non vengono nemmeno adeguatamente delineati gli elementi costitutivi.

Ciò appare oltremodo necessario ove si tenga presente che, rispetto ad una originaria contestazione che vedeva il D. imputato, oltre che del reato associativo, di tre episodi di importazione dall’estero di cocaina, egli sia stato condannato per uno solo di tali episodi, venendo assolto per gli altri due, tra i quali è ricompreso quello relativo all’acquisto di imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente, per il quale il giudice per le indagini preliminari escludeva la possibilità di affermare che l’invio di denaro in favore del S. fosse da collegare al pagamento di una fornitura di stupefacente.

In questo contesto l’affermazione secondo la quale il trasferimento della somma in favore del S. trae necessariamente la sua origine dal traffico di stupefacenti, appare del tutto apodittica, non essendo suffragata da alcun elemento concreto.

Al riguardo non può non rilevarsi, poi, come la corte territoriale non si sia minimamente soffermata, da un lato sulle modalità con cui sarebbe stato accreditato al S. l’importo contestato di 59.000,00 Euro, posto che, come rilevato dallo stesso giudice per le indagini preliminari, la conferma dell’invio del danaro al S. va individuata negli accertamenti effettuati presso la "Western Union", aventi ad oggetto, tuttavia, quattro transazioni per un valore complessivo di 20.000,00 Euro, due delle quali effettuate in favore di tali A.T. e di O.G., che non risultano imputati nel presente procedimento (cfr. pp. 6-7 della sentenza di primo grado), dall’altro sul contributo che il D. avrebbe fornito nel rendere possibile il suddetto trasferimento.

Anche l’espressione utilizzata dal G. nella conversazione con il S. ("Dai che questa volta canto da solo"), non assume il valore decisivo che le attribuisce la corte territoriale, in quanto, anche a volere ammettere che da essa si possa desumere con assoluta certezza l’esistenza di un pregresso ed esclusivo legame di collaborazione tra il suddetto G. ed il D. nell’acquisto dal S. di sostanze stupefacenti e nel conseguente smercio in territorio italiano, consolidato per un tempo apprezzabile (il che sembra alquanto opinabile), appare evidente che, dalle risultanze processuali, tale legame si è concretizzato esclusivamente in occasione dell’episodio di cui al capo n. 3) dell’imputazione, per il quale entrambi gli imputati sono stati condannati, per cui rimane integro il rilievo sulla necessità di approfondire il valore sintomatico dell’esistenza del sodalizio di cui si discute e della partecipazione ad esso del D. che a tale episodio ed agli altri elementi di prova si è voluto attribuire ad opera dei giudici di merito.

Identiche considerazioni valgono per la richiesta da parte del S. al G. del numero del telefono mobile in uso al D., in relazione alla quale la motivazione, per come esposta, nel sottolinearne il valore confermativo dell’ipotesi accusatoria, appare manifestamente illogica, in quanto essa appare, piuttosto, sintomatica di una estraneità del ricorrente alla compagine associativa, apparendo singolare che il S., pur essendone uno dei principali esponenti del sodalizio in qualità di fornitore di cocaina del G. e del D., non ne fosse a conoscenza. La fondatezza del primo motivo di ricorso, determina l’assorbimento in esso del secondo.

Al riguardo va, tuttavia, segnalato il recente intervento della Corte di Cassazione, le cui Sezioni Unite Penali hanno affermato il principio secondo cui la speciale aggravante della L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 4 è applicabile al reato associativi semprechè il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l’associazione stessa (cfr. Cass., sez. un., 31.1.2013, n. 18374).

Sulla base delle svolte considerazioni l’impugnata sentenza va, dunque, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Milano, che provvedere a colmare le evidenziate lacune e contraddizioni motivazionali, attenendosi ai principi di diritto affermati nella presente motivazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Milano per nuovo esame limitatamente al delitto associativo.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2013

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