Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-08-2012, n. 14334

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza del 1.2 – 20.7.2006 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, rigettò, con l’esclusione di alcune posizioni contributive per le quali l’E. aveva rinunciato alle proprie pretese, la domanda svolta dalla T.C. s. coop. A r.l. nei confronti del predetto Ente volta all’accertamento dell’insussistenza di qualsivoglia obbligazione contributiva per i lavoratori elencati nel verbale ispettivo del 27.5.1997.
A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che la presunzione di appartenenza al settore dello spettacolo, con conseguente obbligo contributivo presso l’E., dei lavoratori appartenenti alle categorie indicate nel D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3 e successive modificazioni non fosse juris et de jure, bensì juris tantum, con la possibilità, quindi, di provare la difformità della prestazione espletata, rispetto a quella presuntivamente artistica; nel caso di specie, peraltro, doveva essere escluso, sulla base delle acquisite risultanze istruttorie, che tale prova contraria fosse stata fornita dalla Società datrice di lavoro.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale la T.C. s. coop. a r. I. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo. L’intimato E. ha resistito con controricorso.
L’Inps, quale successore dell’E. a seguito della soppressione di quest’ultimo, giusta le previsioni di cui alla legge n. 214/11, si è costituito con memoria, richiamandosi al controricorso.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., deducendo che l’onere della prova dell’effettivo svolgimento di una prestazione di natura artistica incombe sull’Ente procedente per il recupero della contribuzione previdenziale, quale attore sostanziale nel giudizio di accertamento negativo dell’obbligo, non potendo al riguardo invocarsi la presunzione legale operante ai sensi del D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3 sul punto della astratta riconducibilità al settore dello spettacolo di qualifiche professionali non incluse nel primo gruppo.
2. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in tema di assicurazione E., i lavoratori dello spettacolo per i quali sussiste l’obbligo contributivo e che hanno diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali previste dal D.L.C.P.S. n. 708 del 1947 e successive modificazioni sono quelli indicati nell’art. 3 di tale normativa; la qualità di lavoratori dello spettacolo, inteso come attività diretta alla rappresentazione di tipo teatrale, cinematografico o televisivo, oppure alla realizzazione di un prodotto destinato ad essere visto o ascoltato da un pubblico presente o lontano, è, per un primo gruppo di detti lavoratori, insita nel tipo di attività svolta; per questi vi è la presunzione assoluta, juris et de jure, di appartenenza al settore dello spettacolo, con la conseguenza che il giudice del merito deve accertare soltanto la qualifica rivestita dai lavoratori e la loro inclusione nell’elenco degli assistiti in virtù di fonte normativa primaria, oppure secondaria purchè quest’ultima sia conforme alla delega legislativa di cui al D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2; gli altri lavoratori del secondo gruppo, indicati nel medesimo art. 3, hanno qualifiche professionali generiche e fanno parte dei lavoratori dello spettacolo, con conseguente obbligo retributivo a carico dell’azienda, soltanto se la loro attività sia funzionale allo spettacolo realizzato dai lavoratori del primo gruppo; ne consegue che il giudice di merito, oltre al precedente accertamento, deve anche verificare se l’attività in concreto svolta sia funzionale, o meno, alla attività di spettacolo svolta dai primi, o alla realizzazione del prodotto destinato ad essere visto od ascoltato, non sussistendo, in caso contrario, obbligo assicurativo E. (cfr, ex plurimis, Cass., n. 18493/2008; 7211/2004).
La sentenza impugnata si è discostata da tale principio, ritenendo che la suddetta presunzione sia da qualificarsi solo juris tantum, ma pervenendo poi in concreto al rigetto della domanda stante la ritenuta assenza della prova contraria.
Non ha costituito invece oggetto di disamina la questione dell’eventuale non funzionalità all’attività di spettacolo dell’attività dei lavoratori appartenenti al secondo gruppo; ma la ricorrente non ha specificato – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – quando e in che termini tale questione, che è intrinsecamente diversa da quella inerente alla natura artistica o meno, in sè considerata, dell’attività espletata dal singolo lavoratore (ove non rientrante nell’ambito di quelli appartenenti alle qualificazioni professionali del primo gruppo), sarebbe stata introdotta in giudizio e devoluta al Giudice del gravame. Deve quindi ritenersi che:
– la suddetta questione, sulla base della quale la ricorrente fonda la pretesa violazione del criterio di ripartizione degli oneri probatori, è da considerarsi nuova e, come tale, inammissibile in questa sede di legittimità;
– la presunzione ricavabile dalla normativa di riferimento, negli indicato termini di applicabilità, è da ritenersi, conformemente al ricordato orientamento di questa Corte, juris et dejure e non già juris tantum, ma le conclusioni a cui è pervenuta la sentenza impugnata sono comunque conformi a diritto.
3. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va quindi rigettato, modificata in diritto la motivazione della sentenza impugnata in conformità ai suindicati principi. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 40,00 (quaranta/00), oltre ad Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012
Svolgimento del processo
Con sentenza del 1.2 – 20.7.2006 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, rigettò, con l’esclusione di alcune posizioni contributive per le quali l’E. aveva rinunciato alle proprie pretese, la domanda svolta dalla T.C. s. coop. A r.l. nei confronti del predetto Ente volta all’accertamento dell’insussistenza di qualsivoglia obbligazione contributiva per i lavoratori elencati nel verbale ispettivo del 27.5.1997.
A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che la presunzione di appartenenza al settore dello spettacolo, con conseguente obbligo contributivo presso l’E., dei lavoratori appartenenti alle categorie indicate nel D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3 e successive modificazioni non fosse juris et de jure, bensì juris tantum, con la possibilità, quindi, di provare la difformità della prestazione espletata, rispetto a quella presuntivamente artistica; nel caso di specie, peraltro, doveva essere escluso, sulla base delle acquisite risultanze istruttorie, che tale prova contraria fosse stata fornita dalla Società datrice di lavoro.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale la T.C. s. coop. a r. I. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo. L’intimato E. ha resistito con controricorso.
L’Inps, quale successore dell’E. a seguito della soppressione di quest’ultimo, giusta le previsioni di cui alla legge n. 214/11, si è costituito con memoria, richiamandosi al controricorso.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., deducendo che l’onere della prova dell’effettivo svolgimento di una prestazione di natura artistica incombe sull’Ente procedente per il recupero della contribuzione previdenziale, quale attore sostanziale nel giudizio di accertamento negativo dell’obbligo, non potendo al riguardo invocarsi la presunzione legale operante ai sensi del D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3 sul punto della astratta riconducibilità al settore dello spettacolo di qualifiche professionali non incluse nel primo gruppo.
2. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in tema di assicurazione E., i lavoratori dello spettacolo per i quali sussiste l’obbligo contributivo e che hanno diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali previste dal D.L.C.P.S. n. 708 del 1947 e successive modificazioni sono quelli indicati nell’art. 3 di tale normativa; la qualità di lavoratori dello spettacolo, inteso come attività diretta alla rappresentazione di tipo teatrale, cinematografico o televisivo, oppure alla realizzazione di un prodotto destinato ad essere visto o ascoltato da un pubblico presente o lontano, è, per un primo gruppo di detti lavoratori, insita nel tipo di attività svolta; per questi vi è la presunzione assoluta, juris et de jure, di appartenenza al settore dello spettacolo, con la conseguenza che il giudice del merito deve accertare soltanto la qualifica rivestita dai lavoratori e la loro inclusione nell’elenco degli assistiti in virtù di fonte normativa primaria, oppure secondaria purchè quest’ultima sia conforme alla delega legislativa di cui al D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2; gli altri lavoratori del secondo gruppo, indicati nel medesimo art. 3, hanno qualifiche professionali generiche e fanno parte dei lavoratori dello spettacolo, con conseguente obbligo retributivo a carico dell’azienda, soltanto se la loro attività sia funzionale allo spettacolo realizzato dai lavoratori del primo gruppo; ne consegue che il giudice di merito, oltre al precedente accertamento, deve anche verificare se l’attività in concreto svolta sia funzionale, o meno, alla attività di spettacolo svolta dai primi, o alla realizzazione del prodotto destinato ad essere visto od ascoltato, non sussistendo, in caso contrario, obbligo assicurativo E. (cfr, ex plurimis, Cass., n. 18493/2008; 7211/2004).
La sentenza impugnata si è discostata da tale principio, ritenendo che la suddetta presunzione sia da qualificarsi solo juris tantum, ma pervenendo poi in concreto al rigetto della domanda stante la ritenuta assenza della prova contraria.
Non ha costituito invece oggetto di disamina la questione dell’eventuale non funzionalità all’attività di spettacolo dell’attività dei lavoratori appartenenti al secondo gruppo; ma la ricorrente non ha specificato – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – quando e in che termini tale questione, che è intrinsecamente diversa da quella inerente alla natura artistica o meno, in sè considerata, dell’attività espletata dal singolo lavoratore (ove non rientrante nell’ambito di quelli appartenenti alle qualificazioni professionali del primo gruppo), sarebbe stata introdotta in giudizio e devoluta al Giudice del gravame. Deve quindi ritenersi che:
– la suddetta questione, sulla base della quale la ricorrente fonda la pretesa violazione del criterio di ripartizione degli oneri probatori, è da considerarsi nuova e, come tale, inammissibile in questa sede di legittimità;
– la presunzione ricavabile dalla normativa di riferimento, negli indicato termini di applicabilità, è da ritenersi, conformemente al ricordato orientamento di questa Corte, juris et dejure e non già juris tantum, ma le conclusioni a cui è pervenuta la sentenza impugnata sono comunque conformi a diritto.
3. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va quindi rigettato, modificata in diritto la motivazione della sentenza impugnata in conformità ai suindicati principi. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 40,00 (quaranta/00), oltre ad Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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