Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-02-2013) 26-06-2013, n. 27985

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza pronunciata il 29.11.2011 la corte di appello di Milano confermava la sentenza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, in data 9.10.2003, in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato R.L., per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in qualità di socio accomandatario della società fallita "Inox Farm s.a.s. di Rossi Luigi & C", nonchè socio della "XX s.r.l.", alle pene, principale ed accessorie, ritenute di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio. L’ipotesi accusatoria, confermata in primo ed in secondo grado, contestava al R. di avere distratto, nelle anzidette qualità, il valore di avviamento della "Inox Form s.a.s" mediante la stipulazione di un contratto di affitto di azienda (rivelatosi, poi, una vera e propria cessione di azienda) tra la fallita "XX s.a.s" e "XX s.r.l.", pattuendo un canone incongruo, progressivamente ridotto e, comunque, versato solo in minima parte.

Ulteriori condotte distrattive venivano individuate, altresì, nella vendita a prezzo di costo delle merci dalla società fallita alla "La Nuova Inox Form s.r.l." e nella cessione di un contratto di leasing, i cui canoni erano stati riscattati dalla "La Nuova Inox Form s.r.l.", senza alcun corrispettivo.

Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso personalmente l’imputato, articolando distinti motivi di impugnazione. Con il primo motivo il ricorrente eccepisce la omessa motivazione e la mancata assunzione in ordine ad una prova decisiva ai fini della decisione costituita dal conto profitti e perdite al 26.5.1993, la cui omessa considerazione da parte del curatore fallimentare ha prodotto un errore nella determinazione dello stato passivo, che lo stesso curatore provvedeva a sanare attraverso una integrazione della relazione ex L. Fall., art. 33, rettificando lo stato passivo della "Inox Form s.a.s." da L. 3.252.784.308 a L. 2.061.033.093. L’efficacia probatoria della relazione del curatore fallimentare va dunque confutata alla luce delle risultanze emergenti dal menzionato conto profitti e perdite, in base al quale risulta che la "XX s.a.s." ha provveduto al pagamento dei debitori con denaro proveniente dalla "XX s.r.l.", che in tal modo remunerava i conferimenti provenienti dalla "XX s.a.s.".

Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l’inosservanza ovvero l’erronea applicazione della legge penale in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto l’assunto dei giudici di merito secondo cui il R. avrebbe fatto confluire nella nuova società "La Nuova Inox Form s.r.l." gli elementi attivi della "Inox Form s.a.s", senza alcuna remunerazione, ed avrebbe stipulato con la suddetta società un contratto di affitto d’azienda il cui corrispettivo originariamente pattuito nella misura di L. 240.000.000 annue non sarebbe mai stato incassato, viene smentito dal conto profitti e perdite della Inox Form al 26.5.1993, dal quale risultano indirettamente contabilizzati i conferimenti attraverso i quali "La Nuova Inox s.a.s." consentiva alla "Inox Form s.a.s" di pagare i propri debitori, con particolare riferimento al pagamento del canone per l’affitto dell’azienda, che formava oggetto di una rinegoziazione del tutto legittima.

Con riferimento poi ai contratti di leasing finanziario, evidenzia il ricorrente che la stipula del contratto di affitto d’azienda imponeva anche la cessione del contratto di locazione finanziaria relativo ai beni strumentali affittati con l’azienda, per cui non si può parlare di mancata remunerazione per la cessione dei contratti di leasing, in quanto il corrispettivo per l’affitto d’azienda includeva necessariamente anche il prezzo di cessione dei contratti di leasing. Peraltro la cessione dei contratti di leasing era giustificata dalla crisi finanziaria in cui versava la "XX s.a.s"", che, tra l’altro, non era più in grado di rispettare i costi del canone di locazione finanziaria. Con riferimento, poi, al ritenuto carattere distrattivo della vendita al prezzo di costo in favore della "XX s.r.l." dei beni costituenti il magazzino della "XX s.a.s", il ricorrente lamenta che tale vendita di per sè non evidenzia una finalità distratti va, non essendo condivisibile l’idea di una distrazione dei beni per mancata realizzazione di una plusvalenza degli stessi attraverso la loro commercializzazione. In subordine il ricorrente chiede che la condotta dell’imputato venga qualificata in termini di bancarotta semplice. Con il terzo motivo di ricorso, infine, l’imputato eccepisce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, in quanto la mancata riconsegna dell’azienda alla scadenza del contratto di affitto ed il mancato pagamento dei canoni di affitto d’azienda sono eventi distrattivi addebitabili esclusivamente alla "La Nuova Inox Form s.r.l." e non possono essere ascritti al R..

Motivi della decisione

Il ricorso presentato nell’interesse di R.L. va rigettato, per le seguenti ragioni.

Al riguardo, va, innanzitutto, rilevato che nell’esaminare i motivi di ricorso si procederà ad una lettura integrata delle sentenze di primo e di secondo grado, da considerare un prodotto unico, in quanto la decisione della corte territoriale e quella del giudice per le indagini preliminari hanno utilizzato criteri omogenei di valutazione e seguito un apparato logico argomentativo uniforme (cfr. Cass., sez. 3, 1.2.2002-12.3.2002, n. 10163, Lombardozzi D., rv. 221116).

Tanto premesso, infondato appare innanzitutto il primo motivo di ricorso.

Ed invero la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo di impugnazione per Cassazione, previsto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione, anche nel corso dell’istruzione dibattimentale, a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2, (cfr. Cass., sez. 2, 18/12/2012, n. 841, B.), sicchè il suddetto motivo non può essere validamente invocato nel caso di giudizio abbreviato non condizionato ad integrazione probatoria, come nel caso in esame.

Quanto al secondo motivo di ricorso, si osserva che la corte territoriale, con motivazione approfondita ed immune da vizi, ha evidenziato come, attraverso le condotte in precedenza indicate, oggetto di analitica valutazione, il R. abbia abbandonato al suo destino la "XX s.a.s.", di cui distraeva beni strumentali, magazzino ed avviamento, facendoli confluire nella "XX s.r.l.", senza che tale sacrificio venisse remunerato, allo scopo di consentire la prosecuzione dell’attività commerciale in capo al nuovo soggetto, attraverso l’utilizzazione delle stesse risorse, ma senza che su quest’ultimo gravassero le esposizioni debitorie della società fallita.

Con particolare riferimento ai contratti di leasing, poi, i giudici di merito hanno rilevato come abbiano formato oggetto di cessione senza alcuna indennità per la concedente, che, pur avendo utilizzato i relativi beni strumentali, aveva pur sempre corrisposto canoni che ne avrebbero consentito il riscatto con il pagamento di una somma estremamente conveniente per "La Nuova Inox Form s.r.l." (cfr. pp. 4- 5 della sentenza di primo grado; p. 8 della sentenza della corte di appello).

Rispetto a tale percorso argomentativo assolutamente lineare, il ricorrente, da un lato prospetta, inammissibilmente, una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da ritenersi preclusa in sede di giudizio di Cassazione, (cfr, Cass., sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.

235507; Cass., sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, rv. 235510;

Cass., sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508). Dall’altro, le sue tesi sono prive di fondatezza in punto di diritto. Ed invero, come è stato affermato in sede di legittimità, con motivazione condivisa dal Collegio, per distrazione giuridicamente apprezzabile ai fini dell’integrazione della corrispondente forma di bancarotta fraudolenta, deve intendersi qualsivoglia distacco del bene o di utilità economiche dal patrimonio dell’imprenditore o della società, con conseguente depauperamento dell’asse concorsuale.

Tale distacco penalmente rilevante va inteso in senso non solo fisico, ma anche giuridico, come la perdita di titolarità sul bene, conseguente a qualsiasi atto negoziale di disposizione che comporti diminuzione patrimoniale od anche l’assunzione di obbligazioni volte a determinare, comunque, pur con effetti differiti, quella diminuzione, con la messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’imprenditore singolo, costituente garanzia generica del creditori, ai sensi della generale previsione dell’art. 2740 c.c., o del patrimonio della società.

L’indeterminatezza del dato normativo si spiega, agevolmente, in ragione della sua ratio, che mira essenzialmente all’obiettivo privilegiato di impedire, comunque, il depauperamento della consistenza patrimoniale e la conseguente contrazione della garanzia del ceto creditorio, in qualunque forma esse si realizzino. Pertanto perchè si configuri la distrazione occorre, come è ovvio, che l’agente abbia disponibilità del bene, in senso giuridico od anche di mero fatto (cfr. Cass., sez. 5, 21/05/2010, n. 29757).

Il depauperamento patrimoniale della "IXX s.a.s." e la conseguente contrazione della garanzia del ceto creditorio, si sono puntualmente verificati nel caso in esame, come correttamente evidenziato dai giudici di merito, innanzitutto attraverso la vicenda relativa all’affitto dell’azienda (da valutare complessivamente, tenendo conto, cioè, anche del suo esito finale), per il quale venne originariamente previsto un canone di L. 240.000.000 all’anno, poi ridotto a L. 36.000.000 per lo stesso periodo, con pagamento solo in minima parte di quanto pattuito, rimanendo, al termine della locazione, "XX s.r.l." nella piena disponibilità dell’azienda in questione, senza versare alcun corrispettivo alla società concedente per tale mutamento del titolo da temporaneo a definitivo (cfr. p. 5 della sentenza di primo grado).

Con riferimento, poi, ai contratti di leasing, va rilevato che, secondo un orientamento da tempo consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, premesso che, in linea di principio, la distrazione può sussistere anche quando abbia ad oggetto beni di cui l’imprenditore fallito disponeva in forza di un contratto di locazione finanziaria (c.d. leasing), deve tuttavia ritenersi che la mera esistenza di un tale contratto ha un rilievo di per sè neutro, dovendosi poi in concreto verificare, ai fini della configurabilità di un effettivo danno alla massa dei creditori, se la locazione finanziaria in atto avesse, come ritenuto dai giudici di merito nel caso in esame, un valore positivo, in quanto con il pagamento di poche, residue rate del prezzo pattuito il curatore avrebbe potuto acquisire vantaggiosamente la titolarità del bene, con ulteriore rafforzamento delle aspettative creditorie, ovvero avesse un valore negativo, in quanto il pagamento delle rate residue avrebbe rappresentato soltanto un onere a carico del fallimento (cfr. Cass., sez. 5, 23/04/2003, n. 30492 L e altro; Cass., sez. 5, 06/11/2006, n. 3612, T.) Va ribadito, infine, che, contrariamente all’assunto difensivo, non ricorre l’ipotesi di bancarotta semplice integrata da operazioni gravemente imprudenti poste in essere dall’imprenditore, ma quella più grave della bancarotta fraudolenta nel caso di sistematica e preordinata vendita sotto costo, o comunque in perdita, di beni aziendali. Invero, anche le operazioni manifestamente imprudenti, di cui al n. 3 della L. Fall., art. 217. n. 3, devono presentare, in astratto, un elemento di razionalità nell’ottica delle esigenze dell’impresa, cosicchè il risultato negativo sia frutto di un mero e riscontrabile errore di valutazione, dovendosi considerare vendita in perdita anche quella a prezzo di costo (cfr.

Cass., sez. 5, 10/06/1998, n. 2876, Vichi). Manifestamente infondato, infine si appalesa il terzo motivo di impugnazione: appare evidente, infatti, come correttamente affermato dalla corte territoriale, che la responsabilità del R. deriva "dalle disposizioni depauperative gestite nella veste di legale rappresentante della società fallita" (cfr. p. 8 della sentenza oggetto di ricorso), rispetto alla quale la sua qualità di socio della "La Nuova Inox Form s.r.l." acquista indubbio valore sintomatico della finalità distrattiva delle condotte dallo stesso poste in essere quale socio accomandatario della "Inox Form s.a.s.". Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse di R.L. va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2013

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