Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-08-2012, n. 14333

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Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 19 giugno 2007, per quanto ancora rileva in questa sede, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui era stata respinta la domanda con la quale la s.r.l. S. T.V. aveva dedotto l’illegittimità del verbale dei funzionari di vigilanza dell’INPS e dell’INAIL in data 8 ottobre 2004, con riguardo al lavoro straordinario svolto dai dipendenti della predetta società, non retribuito e non assoggettato a contribuzione, e agli importi erogati a due dipendenti a titolo di trasferte anzichè di lavoro straordinario.
Ha osservato la Corte territoriale che i dipendenti dell’azienda avevano sostanzialmente confermato in sede di esame testimoniale le dichiarazioni rese agli ispettori, dalle quali era emerso che le ore lavorative annotate nelle buste paga e nel libro delle presenze erano in realtà inferiori a quelle effettivamente svolte.
Quanto agli importi erogati ai due dipendenti a titolo di trasferte, dalle deposizioni degli stessi lavoratori era emerso che in realtà non si trattava di trasferte ma di lavoro vero e proprio retribuito sotto forma di trasferte.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società sulla base di un solo motivo articolato in più censure.
L’INPS e l’INAIL resistono con controricorso.
Motivi della decisione
La società ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 692 del 1923, art. 4 del R.D. n. 1955 del 1923, art. 5 dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), deduce che la Corte di appello non ha considerato che per il tipo di servizio svolto, i lavoratori, addetti al servizio di vigilanza e trasporto, usufruivano di riposi intermedi durante i quali non veniva effettuata alcuna prestazione, così come non svolgevano alcuna attività durante la pausa per il pranzo.
Se avesse valutato tali circostanze, la Corte territoriale non poteva che escludere la prestazione del lavoro straordinario.
Lamenta altresì che il giudice d’appello ha erroneamente valutato le risultanze della prova testimoniale con riguardo alle somme erogate a due lavoratori a titolo di trasferte, non considerando che proprio dalle dichiarazioni degli stessi lavoratori era emerso che dette somme erano relative a trasferte vere e proprie e non costituivano il compenso per il lavoro straordinario.
A conclusione del motivo la ricorrente formula il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., allora in vigore (tale disposizione è stata abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), a decorrere dal 4 luglio 2009).
2. In replica a tale motivo, l’INPS eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, sostenendo che esso non contiene l’esposizione sommaria dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3).
Nel merito ne chiede il rigetto.
3. Analoga statuizione di rigetto è chiesta dall’INAIL, il quale, ancor prima, rileva la (eventuale) inammissibilità del ricorso per tardività, non risultando dallo stesso ricorso la data di notifica della sentenza impugnata.
4. Tale ultima eccezione che, nell’ordine logico precede ogni altra questione, è infondata, risultando che la sentenza è stata notificata il 25 settembre 2007, mentre il ricorso è stato consegnato all’Ufficiale giudiziario per la notifica entro il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c..
5. Infondata è altresì l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dall’INPS, dovendosi qui ribadire il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 3 postula che il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (cfr., fra le altre, Cass. n. 4403/06; Cass. n. 7392/04; Cass. 8154/03; Cass. 2432/03).
Nella specie il ricorso contiene i predetti elementi, onde l’eccezione in esame deve essere disattesa.
6. Il ricorso non è fondato.
La società ricorrente, con riguardo al lavoro straordinario, tende a far valere la tesi secondo cui, essendo l’attività dei lavoratori addetti al trasporto e alla vigilanza (nella specie guardie giurate) a carattere discontinuo, non poteva tenersi conto, ai fini dell’orario effettivo di lavoro, dei riposi intermedi e della pausa per il pranzo. L’omessa valutazione delle modalità della prestazione lavorativa ha indotto la Corte territoriale a ritenere che fosse stato svolto lavoro straordinario.
L’assunto non ha pregio.
La Corte di appello ha affermato che tutti i lavoratori sentiti dagli ispettori e successivamente esaminati come testi hanno riferito di avere espletato costantemente ed abitualmente lavoro straordinario, con orario di lavoro continuativo di dodici ore ed anche oltre, anche notturno.
Ha altresì accertato che le ore annotate sulle buste paga e sul libro presenze erano di gran lunga inferiori alle ore di lavoro effettivamente svolte.
Alla stregua di tali accertamenti ha ritenuto, con valutazione congrua, non contraddittoria e priva di vizi, che era configurabile l’espletamento di lavoro straordinario, superando di gran lunga il suddetto orario di lavoro quello ordinario.
Trattasi di una corretta valutazione delle risultanze processuali, alla quale non può opporsi la dedotta prestazione di lavoro discontinuo – il quale, com’è noto, è caratterizzato da attese di non lavoro durante le quali il dipendente può reintegrare con pause di riposo le energie psico-fisiche consumate -, atteso che non solo la società ricorrente ha omesso di fornire la prova circa l’orario di lavoro, le modalità e i tempi del servizio prestato, in modo da consentire di tener conto delle pause di inattività, ma, ancor prima, ha omesso di precisare tali elementi.
7. Anche in ordine alla censura relativa alle trasferte il motivo è infondato.
Al riguardo il giudice d’appello, sulla scorta delle dichiarazioni rese dai due lavoratori interessati, ha ritenuto che in realtà si trattava di lavoro straordinario retribuito sotto forma di trasferte.
In particolare ha ritenuto, per un lavoratore, che non poteva costituire trasferta il suo spostamento dalla propria abitazione alla sede di lavoro e che quindi la somma erogatagli a tale titolo era ingiustificata.
Quanto all’altro lavoratore, la Corte territoriale ha escluso che costituissero trasferte gli spostamenti da lui effettuati "per andare dal commercialista o svolgere piccole commissioni".
Trattasi, anche qui, di argomentazioni coerenti, congrue ed immuni da vizi, non suscettibili di una diversa lettura.
8. Alla stregua di tutto quanto precede il ricorso deve essere rigettato, previa condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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