Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-08-2012, n. 14330

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 gennaio 2007, la Corte d’Appello di Lecce rigettava il gravame svolto da P.G. contro la sentenza di primo grado che, nel contraddittorio con l’INPS, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comune di Gallipoli, aveva rigettato la domanda proposta per l’accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento e la condanna dell’INPS al pagamento dei relativi ratei.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– il primo giudice aveva rigettato la domanda sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e l’assistito, proponendo gravame, contestava le valutazioni espresse dall’ausiliare e fatte proprie dal giudice di prime cure;

– in sede di gravame veniva rinnovato l’esame peritale, e i giudici del gravame aderivano alle conclusioni del consulente tecnico officiato, nel senso dell’insussistenza delle condizioni per il diritto al beneficio richiesto, non contestate dalle parti.

3. Avverso l’anzidetto sentenza della Corte territoriale, P. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comune di Gallipoli sono rimasti intimati.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per aver la Corte territoriale statuito soltanto sulla domanda relativa all’indennità di accompagnamento, omettendo di decidere sulla domanda per il riconoscimento del diritto a pensione di inabilità L. n. 118 del 1971, ex art. 12 per la quale sussisteva, agli atti, parere favorevole del consulente tecnico, benchè con decorrenza diversa da quella pretesa.

5. La censura è inammissibile per la mancata formulazione di un idoneo quesito di diritto, ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 7119/2010;

Cass. 20323/2010).

6. Il quesito di diritto a corredo dell’illustrazione del motivo è formulato in termini generici e meramente assertivi della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Al riguardo, questa Corte (cfr. Cass. 4329/2009 ed altre successive conformi) ha precisato che il motivo di ricorso per cassazione con cui si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di merito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere concluso in ogni caso con la formulazione di un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., anche quando l’inosservanza del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato sia riferibile ad un’erronea sussunzione o ricostruzione di un fatto processuale implicanti la violazione di tale regola, essendo necessario prospettare, pure in tale ipotesi, le corrette premesse giuridiche in punto di qualificazione del fatto.

7. Con il secondo motivo è denunciata omessa e insufficiente motivazione per non aver la Corte di merito rilevato, richiamando integralmente la consulenza tecnica d’ufficio, le carenze diagnosticate o le affermazioni illogiche, e per non aver promosso, in presenza di tali carenze o affermazioni illogiche, ulteriori accertamenti sulla natura delle patologie e l’incidenza di esse rispetto alla domanda.

8. Con il terzo motivo è denunciata violazione ed erronea applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 e L. n. 508 del 1988, ed omessa e insufficiente motivazione per non aver la corte territoriale richiamato la ratio normativa rispetto al quadro patologico in atti.

9. I due motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro logica connessione.

10. Premessa l’inidoneità del quesito di diritto formulato a corredo del terzo motivo, giacchè non involge la ratio decidendi della sentenza impugnata (v., ex multis, Cass. 4044/2009), ma, astraendo dal caso concreto, evoca un generico dovere del giudice di "richiamare la ratio normativa secondo l’interpretazione e applicazione giurisprudenziale e dottrinale rapportandola al quadro patologico accertato", per quanto concerne le denunziate carenze della consulenza tecnica, occorre ribadire il principio secondo cui "la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa, e nella sentenza che l’ha recepita, ha, innanzitutto l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio officiato nel giudizio.

11. In definitiva, le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso.

12. Ebbene, nella specie, il ricorrente, pur svolgendo l’illustrazione della censura con dovizia di riferimenti della scienza medica di segno opposto alle conclusioni tratte dall’ausiliare, così devolvendo al Giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito, non ha specificamente indicato le critiche proposte nella precedente fase di merito, sottraendo si all’osservanza del principio di specificità, completezza e riferibilità del motivo di ricorso alla decisione impugnata.

13. Per le esposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato.

14. Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv.

in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis, infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (ex multis, Cass. 4165/2004; S.U. 3814/2005).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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