Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-08-2012, n. 14329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Poste italiane s.p.a chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 21 giugno 2006, che, in accoglimento del gravame svolto da T.G. avverso la decisione di primo grado, ha riconosciuto il diritto del predetto dipendente ad essere trasferito nelle località richieste, indipendentemente dalla posizione rivestita in graduatoria.

2. T.G. aveva agito in giudizio per l’accertamento del diritto all’assegnazione della destinazione prescelta, come previsto dall’accordo di mobilità interaziendale del 17.10.2001, in qualità di familiare di soggetto portatore di handicap, e per la conseguente condanna della società a trasferirlo presso la sede di (OMISSIS) o, nell’ordine, presso le sedi di (OMISSIS).

3. Per la società, il riferimento nell’accordo di mobilità al personale nei cui confronti trovi applicazione la L. n. 104 del 1992, non implicava il richiamo integrale del contenuto normativo della cit. L. n. 104, art. 33, sancendo piuttosto la precedenza dei dipendenti indicati, indipendentemente dal posto occupato in graduatoria; assumeva, inoltre, che difettava, nella specie, il requisito dell’esclusività dell’assistenza, inteso come condizione di unica persona in grado di assistere il familiare invalido con continuità.

4. La Corte d’appello riteneva, a sostegno del decisum, che:

– il riferimento nella disposizione collettiva al personale nei cui confronti si applicassero le disposizioni di cui alla L. n. 104 del 1992 definiva oggettivamente un insieme di soggetti traenti beneficio dalle disposizioni della predetta legge, il cui obiettivo era quello di tutelare, anche indirettamente, i soggetti portatori di handicap;

– dopo le modifiche apportate dalla L. n. 53 del 2000, le agevolazioni per l’assistenza ai portatori di handicap sono state estese ai familiari lavoratori che assistano con continuità e in via esclusiva il parente o affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorchè non convivente;

– ciò che era in contestazione era la sussistenza delle condizioni di esclusività nell’assistenza al familiare del dipendente;

– non era condivisibile l’affermazione del primo giudice con riferimento all’assistenza con continuità che avrebbe potuto prestare la coniuge o le figlie del lavoratore.

5. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la società ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. L’intimato non ha resistito.

Motivi della decisione

6. La parte ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1362 c.c. e degli accordi collettivi di mobilità interaziendale del 17-23 ottobre 2001, si duole che l’interpretazione data dalla Corte di merito, ai fini dell’interpretazione del titolo preferenziale per la mobilità volontaria, abbia trascurato il rilevante requisito dell’esclusività dell’assistenza al familiare portatore di handicap, nel senso che il lavoratore che aspiri alla posizione utile in graduatoria alla stregua del predetto accordo di mobilità del personale debba essere l’unico soggetto che possa assistere il parente invalido; denuncia vizio di motivazione per non aver la sentenza impugnata esplicitato le ragioni per cui i requisiti della L. n. 104 del 1992 andrebbero intesi come assistenza di soggetto ritenuto migliore, senza riferimento ad emergenze istruttorie tali da avvalorare tale assunto; si duole, infine, della violazione del principio dell’onere della prova, per aver la Corte di merito ritenuto gli altri familiari (la moglie e le figlie del dipendente) non in grado di prestare assistenza ad un malato gravissimo, assumendo che il dipendente avrebbe dovuto provare l’impedimento degli altri componenti maggiorenni del nucleo familiare a prestare assistenza al familiare invalido.

7. Osserva il Collegio che la Corte territoriale, facendo applicazione dell’accordo sindacale interaziendale del 23 ottobre 2001, il quale, richiamando quale titolo di preferenza tra più aspiranti ad una sede la condizione di avente diritto all’applicazione dei benefici di cui alla L. n. 104 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, ha correlato la posizione di vantaggio alla titolarità dei benefici di cui alla citata L. n. 104 e successive modificazioni ed ha espressamente svolto l’iter argomentativo con apprezzamento della condizione di esclusività nell’assistenza del dipendente al familiare disabile, onde la parte ricorrente non ha motivo di dolersi dell’interpretazione dell’accordo collettivo de quo da parte della Corte di merito pervenuta al medesimo esito interpretativo propugnato dalla parte (l’esclusività dell’assistenza).

8. Passando all’esame della motivazione della statuizione a sostegno della predetta esclusività, i Giudici del gravame hanno ritenuto non condivisibile che la madre del dipendente potesse essere assistita con continuità dalla di lui moglie, entrambe conviventi, evidenziando che "sotto il profilo del dovere, quanto sotto il profilo del valore dell’apporto morale e materiale, l’assistenza della moglie nei confronti della suocera non è paragonabile a quella del figlio nei confronti della madre. Analogo ragionamento vale per le figlie, per le quali non è dimostrato che siano in grado di prestare assistenza a un malato gravissimo, come è, per prova documentale, la signora C.".

9. Ebbene la Corte territoriale non spiega affatto come debba atteggiarsi concretamente la predetta posizione di esclusività e raccorda la sua statuizione di accoglimento della domanda ad un motivato esame delle condizioni di fatto conducenti alla peculiare connotazione dell’assistenza del familiare disabile, secondo le regole del sillogismo giudiziario che impongono di assumere per la decisione postulati verificati e corrispondenti a regole di esperienza condivise.

10. La sentenza impugnata si è, invece, sottratta al compito fondamentale che le era commesso, adoperando argomenti di mero buon senso e giustificando, sostanzialmente solo sulla base di tali argomenti, l’accertamento relativo alla condizione di esclusività, da parte del dipendente, dell’assistenza al familiare disabile.

110. Evidente, pertanto, la non ragionevolezza delle giustificazioni esposte dal Giudice d’appello, a sostegno della motivazione di accoglimento, espresse sulla base di mere supposizioni che non trovano nessun conforto nelle emergenze istruttorie.

12. In conclusione, la sentenza impugnata è da considerare affetta dal denunciato vizio di motivazione e, per tale ragione se ne impone la cassazione, con rinvio della causa ad altro giudice di merito per la rinnovazione dell’accertamento di fatto.

13. Il giudice di rinvio, designato nella stessa Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012
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