Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-01-2013) 26-06-2013, n. 27981

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Il Procuratore della Repubblica di Urbino ricorre avverso la sentenza emessa il 21/11/2011 dal Giudice di pace di Cagli all’esito del processo svoltosi nei confronti di P.F., imputata di ingiurie e minacce, in ipotesi commesse con il mezzo del telefono e realizzate in danno di M.P.G.. Ad avviso del Giudice di pace non potrebbe intendersi provato con sufficiente grado di certezza che la P. fu l’autrice delle condotte a lei addebitate, sì da derivarne l’assoluzione – ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2 – per non aver commesso il fatto.

Il ricorrente si duole tuttavia della contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudicante avrebbe dimostrato di reputare meritevoli di fede gli assunti della querelante quanto alla verità storica dei fatti da lei esposti, per poi ritenere tuttavia sussistenti ragionevoli dubbi circa la riferibilità alla P. dei fatti medesimi: la M., però, non si era soltanto limitata a rappresentare di avere ricevuto telefonate ed sms di quel contenuto, ma aveva al contempo indicato che queste le provenivano dalle utenze – mobile e fissa – che sapeva in uso alla P., avendo con lei coabitato per un pur breve periodo. All’atto della deposizione testimoniale, la M. non era stata in grado di ricordare quelle utenze, confermando comunque il contenuto dell’iniziale querela; inoltre, come segnalato nella stessa sentenza, ella aveva riferito di aver visto un giorno l’imputata con il cellulare in mano, e nel giro di pochi minuti aveva ricevuto uno dei messaggi in questione.

Sulla base di quegli elementi, dovrebbe perciò ritenersi illogica la conclusione che di quelle telefonate e quei messaggi non sia stata provata l’attribuibilità alla P., tanto più che nella sentenza il Giudice di pace rappresenta che mancherebbe un non meglio chiarito "accertamento tecnico sulla intestazione telefonica mobile e fissa di provenienza delle telefonate e degli sms", omettendo di considerare che il comandante della competente Stazione dei Carabinieri, escusso quale testimone, aveva dichiarato di avere comunque accertato l’appartenenza delle utenze all’imputata.

Ad avviso del P.M. ricorrente, sarebbe puramente apodittica l’osservazione, compiuta dal giudicante, secondo cui lo stesso maresciallo non risultava avere "provveduto alla materiale verifica dell’uso del telefono da parte dell’imputata": il dato comunque pretermesso, concernente la sicura identità del titolare delle utenze, impone di "rilevare la palese e non controvertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che ne ha tratto il giudice di merito (…). Il che rende la motivazione carente sul piano della valutazione di un elemento essenziale e manifestamente illogica nel suo complesso".

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il Giudice di pace di Cagli, infatti, segnala che le dichiarazioni della persona offesa debbono meritare credito, non sussistendo ragioni per dubitare dell’attendibilità della M.: appare dunque manifestamente illogico argomentare, sulla base del difetto di presunti riscontri obiettivi a quel narrato, che non vi sarebbe prova della riferibilità all’imputata delle telefonate e degli sms indicati dalla denunciante, visto che – in primo luogo, come correttamente osservato dal P.M., la M. aveva precisato che il cellulare da cui provenivano le chiamate moleste era quello normalmente usato dalla P., a lei noto in virtù di una pregressa coabitazione (e nella motivazione della sentenza non si da contezza di elementi che potessero deporre per un utilizzo dello stesso apparato da parte di terzi), senza dimenticare che il contenuto di alcuni degli sms riportati nel capo d’imputazione riguardava proprio questioni economiche correlate ad un rapporto di convivenza;

– inoltre, risulta concretamente inspiegabile a cosa si riferisca il giudicante nel prendere atto che la polizia giudiziaria non avrebbe "provveduto alla materiale verifica dell’uso del telefono da parte dell’imputata", salvo dover intendere che la prova di una condotta di minacce ed ingiurie a mezzo del telefono si possa ricavare soltanto a seguito di intercettazioni su quell’utenza: il che è certamente irragionevole, laddove si disponga comunque di acquisizioni istruttorie che depongano per la responsabilità di un soggetto determinato;

– infine, ad avviso del Giudice di pace mancherebbe anche "un accertamento tecnico sulla intestazione telefonica mobile e fissa di provenienza delle telefonate e degli sms-: assunto non solo di dubbia comprensibilità (dal momento che per ottenere quei dati è sufficiente una richiesta di informazioni al gestore che eroga il servizio, non già una qualsivoglia attività tecnica), ma al contempo smentito dalla deposizione del comandante della competente Stazione Carabinieri, il quale testimoniò di avere verificato che le utenze a suo tempo indicate dalla M. erano effettivamente da ascrivere alla P..

Ricorre pertanto nella fattispecie concreta un caso di chiaro travisamento della prova, nei termini già evidenziati dalla giurisprudenza di questa Corte e che il P.M. impugnante correttamente ravvisa nella "obiettiva e indiscutibile difformità fra la decisione e il contenuto di prove dichiarative ritenute attendibili dallo stesso giudice di merito". Non ci si trova dinanzi, infatti, ad un caso in cui il giudicante si sia limitato ad offrire una interpretazione di dichiarazioni testimoniali o di altre risultanze istruttorie, difforme da quella ritenuta preferibile dal ricorrente (v. ad esempio Cass., Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella), bensì ad una ipotesi di "palese e non controvertibile difformità tra i risultati obbiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito medesimo ne abbia inopinatamente tratto" (v. Cass., Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia e n. 37756 del 07/07/2011, Iannazzo).

La sentenza impugnata deve pertanto essere oggetto di annullamento, con conseguente rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Cagli.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, e rinvia al Giudice di pace di Cagli per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2013
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