Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-06-2013) 27-06-2013, n. 28166

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano dichiarava sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di cui al mandato di arresto Europeo emesso il 11/01/2013 dall’Audencia Provincial Malaga (Tribunale provinciale di Malaga), ottava sezione, nei confronti di L.P., formalmente tratto in arresto in Italia il 14/03/2013 (in quanto già detenuto in Italia per altro titolo) e poi rimesso in libertà il giorno successivo.

Rilevava la Corte di appello come il mandato di arresto Europeo fosse stato emesso per esigenze processuali, essendo destinato a consentire la celebrazione in Spagna del processo nel quale è imputato del reato di lesioni personali commesso a (OMISSIS) in danno della convivente A.S.; come tale reato rientrasse nel novero di quelli per i quali la L. 22 aprile 2005, n. 69 (contenente le "Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri") prevede la consegna e, comunque, come lo stesso avesse corrispondenza con l’analogo reato di lesioni personali aggravate dalla perdita di un dente, previsto dal codice penale italiano; come gli elementi forniti dall’autorità straniera richiedente fossero elementi sufficienti a far ritenere una situazione di gravità indiziaria a carico del prevenuto.

Aggiungeva la Corte lombarda come non sussistessero ragioni di rifiuto della consegna; come, invece, all’autorità giudiziaria spagnola dovesse essere chiesta la garanzia che il L. – cittadino italiano e residente in Italia – dopo essere ascoltato ovvero processato in quel paese, fosse poi rinviato in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privativa della libertà personale eventualmente irrogatagli in quel processo all’estero; ed ancora, come la consegna dovesse essere rinviata a soddisfatta giustizia penale, essendo il prevenuto detenuto in Italia in espiazione di una pena definitiva.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il L., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Francesco Argento, il quale, ha dedotto i seguenti tre motivi.

2.1. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, artt. 6 e 7, per avere la Corte territoriale accolto la richiesta di consegna benchè la relazione afferente ai fatti di causa non fosse stata tradotta; non contenesse l’indicazione dei fatti addebitati e delle relative fonti di prova; ed il mandato di arresto Europeo fosse stato emesso per il reato di lesioni, e non anche di lesioni personali aggravate, come indicato nella sentenza gravata.

2.2. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 17, per avere la Corte distrettuale ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base di una mera clausola di stile.

2.3. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 6 e art. 6 CEDU, per essere stato il mandato di arresto Europeo emesso nel gennaio del 2013 con riferimento ad un reato asseritamente commesso nel novembre del 2008, dunque in violazione dei principi del processo equo e, in particolare, di quelle relativo alla ragionevole durata del processo.

3. Ritiene la Corte che il ricorso del L. vada rigettata).

3.1. Il primo motivo del ricorso è privo di pregio.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la Corte di appello, competente a decidere sulla richiesta di consegna contenuta in un mandato di arresto Europeo pervenuto in Italia, non può dare corso alla domanda formulata dall’autorità giudiziaria straniera solo laddove dallo stesso mandato d’arresto Europeo o dalla documentazione trasmessa non sia in alcun modo desumibile l’indicazione precisa del provvedimento su cui si basa l’istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dalla L. n. 69 del 2005, art. 6 che richiede l’allegazione al mandato di quel provvedimento (così Sez. 6, n. 46298 del 11/12/2008, Cavallo, Rv. 242008).

D’altro canto, l’art. 6, comma 4, lett. a), legge cit. nel prescrivere che al mandato di arresto Europeo debba essere allegata una relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è stata domandata la consegna, con l’indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luoghi di commissione degli stessi fatti, non richiede affatto che tale relazione si sostanzi nel provvedimento cui si vuole dare esecuzione, ben potendo essa essere contenuta nel corpo del medesimo mandato di arresto. In tal senso, questa Corte ha ritenuto non ostativa alla consegna la omessa acquisizione da parte della Corte di appello del provvedimento restrittivo, sia esso il provvedimento cautelare (così, tra le tante, Sez. 6, n. 45668 del 29/12/2010, Chaoui, Rv. 248972; Sez. 6, n. 16942 del 21/04/2008, Ruocco, Rv. 239428; Sez. 6, n. 4054 del 23/1/2008, Vasiliu, Rv.

238394) o la sentenza di condanna (Sez. F, n. 33600 del 01/09/2009, Paraschivu, Rv. 244388; Sez. F, n. 33389 del 13/08/2009, Durai, Rv.

244754; Sez. 6, n. 15223, del 3/4/2009, Burlacu, Rv. 243081), e neppure la relazione sui fatti addebitati (così, tra le diverse, Sez. 6, n. 38850 del 20/10/2011, Estrada Ortiz, Rv. 250793; Sez. 6, n. 25421 del 28/06/2007, Iannuzzi, Rv. 237270), se il controllo affidato all’autorità giudiziaria sulla motivazione ex art. 17, comma 4, o sui gravi indizi di colpevolezza ex art. 18, comma 1, lett. t), possa essere comunque effettuato direttamente sul mandato di arresto Europeo tradotto in lingua italiana, come nella fattispecie è accaduto.

3.2. Il secondo motivo del ricorso è infondato.

Costituisce principio oramai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale, in tema di mandato di arresto Europeo, l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, non deve effettuare un controllo analogo a quello stabilito dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’applicazione di una misura cautelare personale, ma deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto- reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (in questo senso Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348; conf., in seguito, Sez. F, n. 32381 del 24/08/2010, Termini, Rv. 248254; Sez. 6, n. 16362 del 16/04/2008, Mandaglio, Rv. 239649).

Di tale principio la Corte territoriale ha fatto buon governo, facendo richiamo al contenuto del mandato di arresto Europeo nel quale era stato precisato che A.S. aveva denunciato il L., all’epoca suo convivente in (OMISSIS), per essere stata dallo stesso aggredita in casa, di notte, e per avere così subito la perdita dell’incisivo centrale superiore sinistro: dati informativi costituenti un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria straniera ha giudicato sufficiente a giustificare la richiesta di consegna temporanea e che la corte italiana ha poi ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui è stata chiesta la consegna, senza che l’autorità giudiziaria italiana possa sostituire alla valutazione del giudice straniero una propria determinazione fondata su criteri ermeneutici previsti dall’ordinamento ad altri fini, quali sono, appunto, quelli regolati dal codice di rito per l’applicazione di una misura cautelare personale.

D’altro canto, la qualificazione giuridica in termini di lesioni personali aggravate che, sulla base della normativa italiana, la Corte territoriale ha dato ai fatti accertati e qualificati dall’autorità giudiziaria spagnola in termini di lesioni, non ha comportato alcuna violazione di specifiche norme di legge, invero richiamate nel ricorso in maniera molto indeterminata.

3.3. Il terzo motivo del ricorso è generico.

Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).

Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad enunciare, in forma molto indeterminata il dissenso rispetto alle valutazioni compiute dalla Corte territoriale, senza tuttavia specificare gli aspetti di criticità di passaggi giustificativi della decisione, cioè omettendo di confrontarsi realmente con la motivazione della sentenza gravata, ed invece facendo riferimento ad un generico quanto evanescente rischio di una lesione del principio della ragionevole durata del processo.

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2013
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