Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14444

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 26-1-2000 l’avvocato A. A. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Vicenza l’avvocato S.A. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 4.991.359 oltre interessi e spese in adempimento del credito maturato dall’attore per le prestazioni professionali svolte in favore della s.p.a. La Pantofola d’oro nell’ambito di tre procedimenti in opposizione svolti davanti al Tribunale di Vicenza.

L’ A. esponeva che l’incarico per tali prestazioni gli era stato affidato dal S., e che quindi a quest’ultimo spettava l’obbligo di pagare i compensi per l’opera professionale svolta in relazione a tale incarico.

Si costituiva in giudizio il convenuto eccependo che l’ A. aveva svolto le proprie prestazioni agendo in virtù di tre procure alle liti ad esso conferite dalla comune cliente società La Pantofola d’oro apposte rispettivamente a margine di ciascun atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; concludeva quindi affermando che l’obbligo di corrispondere gli onorari maturati in virtù delle prestazioni professionali in questione ricadeva unicamente in capo a detta società.

Il Giudice di Pace adito con sentenza del 3-4-2001 condannava il S. al pagamento in favore dell’ A. della somma di L. 4.991.359 oltre interessi legali dalla domanda ai saldo.

Proposto gravame da parte del S. cui resisteva l’ A. il Tribunale di Vicenza con sentenza del 10-5-2005 rigettava la domanda proposta da quest’ultimo nei confronti del primo.

Avverso tale sentenza l’ A. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui il S. ha resistito con controricorso; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando insufficiente, incongrua e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver erroneamente negato la qualità di "dominus" in capo all’avvocato S. nello svolgimento delle prestazioni professionali svolte in favore della società La Pantofola d’oro, avendo affermato che l’esponente aveva ricevuto direttamente dalla suddetta cliente di (OMISSIS) un preciso incarico per lo svolgimento dell’attività relativa alle cause contro la Conceria Cristina e la Byfinco, e che tale incarico sarebbe stato accettato dall’ A..

Premesso che il fatto che l’esponente aveva ricevuto dalla società La Pantofola d’oro una procura alle liti rilasciata a margine dei singoli atti di citazione in opposizione non era sufficiente a far sorgere in capo alla stessa l’obbligo del pagamento dei compensi per l’attività professionale prestata, il ricorrente rileva che si sarebbe dovuto stabilire in concreto, come ritenuto dallo stesso giudice di appello, se il mandato al patrocinio fosse stato rilasciato dalla cliente o dal S., con la necessità di accertare se la suddetta società avesse comunque inteso conferire l’incarico all’ A. tramite il S., ovvero se quest’ultimo avesse conferito tale incarico spendendo il nome della cliente; ebbene il Tribunale di Vicenza ha erroneamente valorizzato la lettera spedita il 10-12-1997 dalla Pantofola d’oro all’esponente con la quale la prima aveva inviato al secondo una somma di danaro a titolo di anticipo delle spese relative alle cause nei confronti della Conceria Cristina e della Byfinco, trascurando di considerare che detta lettera era intervenuta in un momento successivo al conferimento del mandato di patrocinio, atteso che l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo era stato notificato il 9-12-1997 redatto soltanto dal S., e sottoscritto dall’esponente solo ai sensi della L. n. 183 del 1993; in realtà l’incarico professionale era stato conferito all’esponente già in data 5-12-1997 dal S., e pertanto la lettera predetta costituiva esecuzione di un ordine ricevuto dal S., come era confermato anche dall’altra lettera pure citata dal Tribunale con la quale l’avvocatessa S.D. si rivolgeva all’ A. A. rimettendogli il fascicolo relativo alla pratica.

Il ricorrente aggiunge che del pari l’incarico relativo alla causa di opposizione al decreto ingiuntivo nei confronti della Byfinco era stato affidato dal S. all’ A. ancor prima in data 1/12/1997; pertanto non poteva affermarsi, come invece ha fatto il giudice di appello, che al mandato conferito all’esponente con la lettera citata si accompagnavano le procure alle liti rilasciate a margine dei rispettivi atti di citazione, dal momento che tali procure alle liti erano antecedenti alla lettera stessa.

Il ricorrente poi evidenzia un vizio logico della sentenza impugnata anche con riferimento all’ulteriore attività professionale espletata per La Pantofoia d’oro nei confronti della società Byfinco, avendo il Tribunale di Vicenza presunto il conferimento del mandato da parte della cliente sulla base della ritenuta esistenza del precedente rapporto, mentre in realtà detta presunzione era contraria alle circostanze di fatto documentate in causa; d’altra parte il giudice di appello non si è preoccupato di spiegare nè le ragioni per le quali il S. aveva inviato all’ A. con lettera corriere del 27-1-1998 atti processuali e documenti relativi a questa terza causa, nè quelle per cui anche nella terza procura alle liti, contenuta a margine dell’atto di citazione, la firma del legale rappresentante della società risultava autenticata soltanto dal S..

Con il secondo motivo il ricorrente deduce che immotivatamente il giudice di appello ha omesso l’esame di tutta la documentazione prodotta (fatta eccezione per la lettera del 10-12-1997), e non ha spiegato perchè non dovrebbe trovare applicazione nella specie l’art. 30 del Codice Deontologico Forense; tale carenza era tanto più ingiustificata se si considera che il S., per sottrarsi all’applicazione di tale norma, nell’atto di citazione d’appello aveva riferito circostanze non vere, asserendo che l’ A. aveva svolto un ruolo preponderante nella predisposizione degli atti di citazione redatti per La Pantofola d’oro e nella elaborazione della strategia difensiva; in realtà l’istanza di ammissione al passivo del fallimento de La Pantofola d’oro non lascia dubbi su chi fosse l’unico ad avere rapporti diretti con la cliente a partire almeno dal 1995; inoltre il Tribunale non ha spiegato l’irrilevanza del fatto che il S. aveva dovuto fornire istruzioni all’ A. anche a proposito dell’eccezione di nullità del mandato sollevata dalle controparti; infatti, se l’esponente avesse avuto un rapporto diretto con la pretesa cliente, non avrebbe avuto bisogno che il S. gli indicasse il nome del legale rappresentante che aveva sottoscritto la procura alle liti.

Le enunciate cesure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.

La sentenza impugnata ha premesso che occorreva stabilire se il mandato al patrocinio nei confronti dell’avvocato A. provenisse dalla stessa parte patrocinata, ovvero la società La Pantofola d’oro, o invece dall’avvocato S., qualora egli avesse assunto a proprio carico l’obbligo del compenso al suddetto professionista; ha aggiunto che occorreva ancora accertare se il S. avesse commissionato al collega l’incarico professionale non solo per conto, ma anche in nome della cliente, ipotesi che avrebbe comportato che l’onere del compenso professionale dovuto all’ A. sarebbe rimasto a carico della società La Pantofola d’oro; orbene il giudice di appello ha rilevato, alla luce della documentazione prodotta ed in particolare del documento n. 13 costituito da una lettera spedita il 10-12-1997 dalla Pantofola d’oro all’ A., che la menzionata società aveva inviato al professionista suddetto sia una somma di denaro a titolo di anticipo delle spese relative alle cause da promuovere contro la Conceria Cristina e la Byfinco, sia i decreti ingiuntivi al fine di compiere l’iscrizione a ruolo nelle cause di opposizione contro le suddette società, e che inoltre a questa lettera l’ A. aveva risposto affermando di aver ricevuto sia l’assegno emesso a titolo di fondo spese sia i decreti ingiuntivi; da tali elementi documentali il Tribunale di Vicenza ha dedotto che la suddetta società aveva conferito all’ A. uno specifico incarico professionale per promuovere l’opposizione ai suddetti decreti ingiuntivi nei confronti della Conceria Cristina e della Byfinco, e che tale incarico era stato accettato dal predetto avvocato; si trattava quindi di un incarico che aveva dato luogo ad un rapporto di mandato cui si accompagnavano le procure alle liti conferite a margine dei rispettivi atti di citazione in opposizione, incarico conferito direttamente dalla cliente, con la conseguenza che soltanto a quest’ultima spettava l’onere del pagamento dell’onorario; con riferimento poi alla causa in opposizione a decreto ingiuntivo instaurata nei confronti della Cartografica Veneta, il giudice di appello ha evidenziato che la relativa procura alle liti posta a margine dell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo era successiva alla già richiamata corrispondenza intercorsa tra la Pantofola d’oro e l’ A., e pertanto ha ritenuto la sussistenza di elementi gravi, precisi e concordanti che inducevano a ritenere che la suddetta procura non fosse limitata alla difesa tecnica, ma costituisse un vero e proprio mandato conferito ad un legale già conosciuto ed ai quale erano stati demandati altri incarichi, e che quindi godeva della fiducia della cliente.

Sulla base delle argomentazioni sopra esposte si deve ritenere che la sentenza impugnata ha indicato puntualmente le fonti del proprio convincimento dando luogo ad un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale immune dalle censure sollevate dal ricorrente.

Ed invero il ritenuto rilascio da parte della società La Pantofola d’oro all’avvocato A. di un vero e proprio mandato in ordine alla proposizione delle opposizioni ai decreti ingiuntivi nei confronti rispettivamente delle società Conceria Cristina e Byfinco riposa su elementi di indubbia pregnanza, non essendo comprensibile (nè il ricorrente lo prospetta nei motivi di ricorso) quali altre ipotetiche ragioni potessero giustificare l’erogazione di un fondo spese da parte della suddetta cliente in favore dell’ A., essendo invece evidente che proprio la volontà di conferire il suddetto mandato al predetto legale spiegava l’invio di detto fondo, cui del resto l’ A. faceva espresso riferimento nel rispondere alla lettera della società affermando appunto di aver ricevuto il relativo importo al suddetto titolo; in tale contesto l’assunto dei ricorrente di aver ricevuto il mandato in precedenza direttamente dall’avvocato S. in data 5-12-1997 (sembrerebbe a mezzo accordi telefonici, secondo quanto emerge dal contenuto del fax trascritto nel ricorso ed inviato in pari data da un legale dello studio S. all’ A.) con l’invito a voler provvedere alla notifica dell’atto di citazione in opposizione inviatogli appare in contrasto con gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata, mentre trova una più logica spiegazione con il rilievo della sentenza impugnata secondo cui la Pantofola d’oro aveva conferito l’incarico professionale relativo alla proposizione delle suddette cause di opposizione a decreto ingiuntivo sia all’avvocato S. che all’avvocato A., entrambi mandatari, con la conseguente opportunità di un coordinamento dell’attività professionale tra i due legali; in tal senso il giudice di appello ha logicamente ritenuto che alcune istruzioni impartite dal S. all’ A. in ordine alle modalità di svolgimento dell’attività processuale non potevano essere considerati autonomi incarichi formulati dal primo nei confronti del secondo, ma piuttosto dovevano essere ricondotte alla esecuzione dei mandati conferiti appunto ad entrambi i difensori della comune cliente.

Da ultimo poi deve osservarsi che il convincimento espresso dalla sentenza impugnata è avvalorato anche da una ulteriore considerazione che muove dalla premessa, fatta propria anche dalla sentenza impugnata, che al fine di individuare il soggetto obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore, occorre distinguere tra rapporto endoprocessuale nascente dal rilascio della procura "od litem" e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato ed il soggetto che ha conferito l’incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura; orbene in tal caso chi agisce per il conseguimento del compenso ha l’onere di provare il conferimento dell’incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente sia colui che ha rilasciato la procura (Cass. 27-12-2004 n. 24010; Cass. 28-3-2012 n. 4959); e nella fattispecie, non avendo l’Albarello fornito la prova di aver ricevuto l’incarico professionale da svolgere in favore della società La Pantofola d’oro dal S., vi è quantomeno la presunzione che detto incarico sia stato conferito all’attuale ricorrente dalla predetta società che gli aveva rilasciato le procure alle liti a margine dei rispettivi atti di citazione in opposizione.

E’ poi appena il caso di rilevare che, una volta escluso che l’avvocato S. avesse conferito all’avvocato A. l’incarico di assistere la menzionata società nelle suddette cause di opposizione a decreto ingiuntivo, è rimasto conseguentemente superato il problema dell’applicabilità nella fattispecie dell’art. 30 del Codice Deontologico Forense.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 1000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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