Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-05-2013) 27-06-2013, n. 28164

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 28/12/2012 il Tribunale di Venezia, quale giudice del riesame, ha parzialmente confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 11/7/2012 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale in sede in relazione ai reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 3, e artt. 2621 e 2623 c.c., art. 81 c.p., relativi agli anni 2008 e 2009; in particolare, ha confermato il provvedimento di sequestro limitatamente a una parte dei reati ipotizzati e alla somma di 302.500,00 Euro.

2. Col citato decreto, emesso ai sensi dell’art. 322 ter c.p., e della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, il Giudice delle indagini preliminari ha sottoposto a sequestro preventivo la somma di 302.500,00 Euro in relazione al reato D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 3, e analoga somma in relazione al reato previsto dall’art. 81 c.p., artt. 2621 e 2638 c.c.. Tali importi sono stati sequestrati a carico della "Calcio Portogruaro Summaga S.r.l." e del suo legale rappresentante all’epoca dei fatti, sig. M..

Il Giudice delle indagini preliminari ha ritenuto sussistente il "fumus" di reato di tutte le ipotesi contestate, ravvisandone i presupposti nei tre falsi contratti di sponsorizzazione indicati in contabilità e nell’altrettanto strumentale storno dai bilanci societari, il tutto relativo ai bilanci chiusi al 30/6/2008 e al 30/6/2009, con conseguenti riflessi in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2008. In particolare, il giudice ha ritenuto che nell’ipotesi non avesse riportato l’indicazione di falsi contratti di sponsorizzazione ammontanti a 1,1 milioni di Euro, il bilancio chiuso al 30/6/2008 avrebbe dovuto indicare perdite per quasi 2 milioni di Euro e questo avrebbe comportato per la società calcistica la impossibilità di iscrizione al campionato di calcio professionistico per l’anno successivo.

2. Avverso detto provvedimento hanno presentato istanza di riesame sia la società, in persona dell’attuale legale rappresentante sig.ra S., sia il sig. M., proponendo numerose censure che concernono la insussistenza delle ipotesi di reato, la maturata prescrizione dei reati previsti dal codice civile e la non assoggettabilità a confisca dei beni societari.

3. Con ampia motivazione il Tribunale ha ritenuto sussistere il "fumus" di tutte le ipotesi di reato, ma ha circoscritto il sequestro "per equivalente" alle sole ipotesi previste dal codice civile, reati espressamente richiamati dalla L. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, comma 2, escludendo che analoga cautela possa essere disposta in relazione ai reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per i quali non esiste analogo richiamo.

4. Avverso tale decisione i sigg. M. e S. propongono unico atto di ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

a. errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.c., lett. b), in relazione alla insussistenza del "fumus" del reato previsto al capo A della rubrica, avendo il Tribunale riprodotto in sostanza la ricostruzione operata dal Giudice delle indagini preliminari e ignorato il contenuto della consulenza prodotta dalla difesa (e riportata nelle conclusioni alle pagine 4-6 del ricorso);

b. errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.c., lett. b), con riguardo all’art. 2621 c.c., e art. 157 c.p., in relazione al reato di cui al capo B: il reato eventualmente commesso in relazione al bilancio 2008 si è perfezionato in data 30/6/2008, a nulla rilevando le successive ispezioni dell’organo di vigilanza calcistico, così che il termine quadriennale di prescrizione, mai interrotto, è maturato nel mese di giugno 2012;

c. errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.c., lett. b), con riguardo all’art. 2638 c.c., e art. 125 c.p.p., per difetto radicale di motivazione in relazione al "fumus" di reato: la Co.Vi.So.C. non rientra tra le autorità pubbliche di vigilanza, essendo organo ispettivo della F.I.G.C., ovvero una associazione privata e le ispezioni dell’organo di controllo sono avvenute in epoca che esclude la potenzialità offensiva delle condotte, ora perchè i contratti di sponsorizzazione non erano ancora perfezionati, ora perchè l’iscrizione al campionato era già stata perfezionata, ora perchè i contratti erano già stati dichiarati non efficaci dalla stessa società calcistica;

d. errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento all’art. 2641 c.c., e L. 8 giugno 2001, n. 231, art. 53, per avere il Tribunale esteso automaticamente il giudizio di illiceità delle condotte dell’amministratore alla responsabilità della società amministrata, senza considerare che l’art. 19 e ss., richiedono ulteriori requisiti per addivenire alla responsabilità della società, requisiti neppure presi in esame dal Tribunale;

e. errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento all’entità delle somme sottoposte a sequestro, erroneamente quantificate alla luce del presunto vantaggio fiscale e non all’eventuale vantaggio conseguente alle finalità del reato, che era quello di ottenere l’iscrizione al campionato di calcio.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che il primo motivo va considerato inammissibile.

Il Tribunale ha annullato il decreto di sequestro con riferimento al reato contestato al capo A, con la conseguenza che è venuta meno la materia del contendere e che non sussiste alcun interesse tutelabile dei ricorrenti a ottenere una ulteriore pronuncia sul punto in questa sede.

2. Venendo ai restanti motivi di ricorso, appare opportuno muovere dall’esame della natura della Co.Vi.So.C. e dalla sussistenza dei presupposti dei reati contestati ai sensi degli artt. 2621 e 2638 c.c.. Esame che deve prendere le mosse dalla constatazione che il ricorso non contesta la irregolarità dei contratti di sponsorizzazione posti a fondamento dell’ipotesi di accusa e la conseguente infedeltà delle scritture contabili e dei bilanci.

3. Sulla natura pubblicistica del C.O.N.I. e di alcune attività della F.I.G.C..

La Corte ha già avuto modo di affrontare il tema dei rapporti fra il C.O.N.I. (ente di diritto pubblico ai sensi del D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242) e le federazioni sportive nazionali, in particolare la F.I.G.C. Si tratta di pronunce originate dalla contestazione di ipotesi di reato legate alla natura pubblica dei fondi che la F.I.G.C. gestisce per conto del C.O.N.I. e utilizza in favore delle società calcistiche affiliate. Le pronunce della Corte, seppure con prospettive diverse, hanno affermato che i fondi stanziati dal C.O.N.I. conservano la loro indubbia natura pubblica allorchè, assegnati alla F.I.G.C, vengono da questa gestiti per le finalità che le sono proprie nell’ambito del rapporto con il Comitato. In tal senso si è espressa, con ampia motivazione, Sez. 2, n. 7737/2012, udienza del 22/11/2011, P.M. in proc. Parente, secondo cui la natura di associazione privata che deve essere riconosciuta alla F.I.G.C. non esclude che i fondi da essa gestiti con riferimento alla partecipazione di una squadra di calcio al campionato di serie B conservino la natura pubblicistica dell’ente di riferimento, il C.O.N.I., e ciò ha affermato anche mediante il richiamo alla sentenza della Terza Sezione Civile della Corte, n. 17343 del 18/8/2011, riv 619114.

Sempre con riferimento al reato di truffa aggravata in danno di soggetto pubblico si sono espresse nei medesimi termini Sez.2, n.9996 e n. 9997 del 12/1/2005 sui ricorsi proposti dal Pubblico ministero nei procedimenti Pieroni e Rossini, e ancora Sez.2, n.5127 del 20/1/2010, P.G. in proc. Pagliuso e altri; secondo l’ultima di tali pronunce, l’occultamento della situazione di disastro finanziario ha consentito alla società di calcio in esame di essere ammessa al godimento dei contributi pubblici erogati dalla F.I.G.C. e questa condotta integra gli estremi del reato ipotizzato.

All’interno di tale prospettiva interpretativa, la sentenza n.7737 del 22/11/2011 ha ricordato che il citato D.Lgs. n. 242 del 1999, art. 7, lett. e), prevede che la Giunta nazionale del C.O.N.I. "esercita sulla base dei criteri e delle modalità stabilite ai sensi dell’art.5, comma 2, lette), il potere di controllo sulle Federazioni sportive nazionali, ne approva i bilanci e stabilisce i contributi finanziari in favore delle stesse". Ricorda, poi, che l’art.19 dello statuto F.I.G.C. al primo comma stabilisce che le società professionistiche "sono assoggettate alla verifica dell’equilibrio economico e finanziario e del rispetto dei principi della corretta gestione, secondo il sistema dei controlli e conseguenti provvedimenti stabiliti dalla F.I.G.C., anche per delega e secondo modalità e principi approvati dal C.O.N.I."; finalità che la F.I.G.C. persegue anche attraverso le ispezioni e il supporto di un organismo tecnico di controllo, costituito da una apposita "Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche" che viene indicata con l’acronimo Co.Vi.So.C..

4. Sulla natura della Co.Vi.So.C. in relazione all’art. 2638 c.c..

Le sentenze sopra citate hanno affrontato il tema della natura pubblica dei fondi C.O.N.I. gestiti dalla F.I.G.C. in relazione alle ipotesi di reato di truffa aggravata e altri reati avendo riguardo alla impropria gestione dei fondi stessi.

Il tema posto dal ricorso dei sigg. M. e S. introduce un tema diverso, e cioè se la Co.Vi.So.C. possa essere considerato soggetto avente natura pubblicistica e sia tale da rientrare fra gli organo di controllo riconducibili al dettato dell’art. 2238 c.c., allorchè non abbia compiti di verifica della destinazione e dell’utilizzo di fondi pubblici provenienti dal C.O.N.I., ma compiti di verifica dei bilanci delle società di calcio iscritte o iscrivende a campionati professionistici. I ricorrenti prospettano a tale questione una risposta negativa.

Si è visto che la Co.Vi.So.C. costituisce una struttura tecnica di supporto alla F.I.G.C, associazione a carattere privato cui, tuttavia, non difettano attribuzioni pubblicistiche allorchè opera su delega C.O.N.I..

La Corte ritiene che anche nella ipotesi che la Co.Vi.So.C. operi quale organo di verifica della regolarità dei bilanci delle società calcistiche entrino in gioco finalità di natura pubblica.

A tale conclusione si giunge esaminando lo Statuto del C.O.N.I., sopra citato, che all’art. 20, comma 4, riconosce la "rilevanza pubblicistica di specifici aspetti" delle attività sportive e di promozione proprie della F.I.G.C. e all’art. 21, comma 4, dispone che i bilanci delle federazioni sportive nazionali siano approvati dalla Giunta nazionale del C.O.N.I.; quindi, all’art. 23, ribadito che "la valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse", afferma che "oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici;

all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonchè…".

A detta conclusione si giunge, inoltre, esaminando la L. 23 marzo 1981, n. 91, e successive modifiche, che all’art.12, disciplina la "garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi" e prevede che "per delega del C.O.N.I." spetta alle federazioni sportive nazionali attivare i controlli di "verifica dell’equilibrio finanziario" delle società e assumere i provvedimenti conseguenti.

In conclusione, così come assume valenza pubblicistica, nei termini precedentemente descritti, la gestione dei fondi C.O.N.I., ancorchè operata tramite le federazioni nazionali, deve affermarsi adesso che analoga natura va riconosciuta alle attività svolte al fine di garantire il "regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici". A ciò consegue che i controlli Co.Vi.So.C. sono caratterizzati da finalità pubblicistiche in quanto strumentali al rispetto del regolare svolgimento dei campionati. Di tali finalità partecipano i controlli sui bilanci delle società di calcio e sull’esistenza dei requisiti di equilibrio finanziario richiesti dalla F.I.G.C. per l’iscrizione ai campionati.

Deve così applicarsi al caso in esame il principio secondo cui sono qualificabili come autorità pubblica non solo i soggetti incardinati all’interno di una struttura pubblica, ma anche quei soggetti cui sono demandate funzioni pubbliche ed operano nel contesto di esse (tra le altre, Sez. 6, n.33724 del 21/6/2010, Cangemi).

5. Sulle caratteristiche delle violazioni ipotizzate Una volta rilevato che i bilanci della società calcistica in esame presentarono profili di infedeltà finalizzate a mascherare gli squilibri esistenti e a ottenere in tal modo l’iscrizione al campionato professionistico, e una volta rilevato che tale condotta è stata posta in essere anche per trarre in inganno le verifiche Co.Vi.So.C, la Corte osserva che il terzo motivo di ricorso deve essere considerato manifestamente infondato. Si mette in evidenza, infatti, che al fine di contrastare la rilevanza delle condotte illecite rispetto alla trasparenza dei bilanci e alla efficacia dei controlli i ricorrenti introducono una serie di considerazioni di fatto (epoca dei controlli Co.Vi.So.C. e scadenze dei bilanci aziendali) che non sono ammissibili in sede di legittimità, giusta la disposizione dell’art. 325 c.p.p., comma 1. E, peraltro, deve considerarsi che il contenuto del bilancio chiuso al 30/6/2009 sembra porsi in continuità con quello dell’anno precedente e indicare cause non veritiere di esclusione dei contratti di sponsorizzazione, così che in via di principio non può certo escludersi la portata ingannatoria anche delle annotazioni 2009, circostanza che sarà oggetto delle valutazioni in sede di merito.

Tale considerazione, inoltre, non consente di ritenere al momento sussistenti gli estremi della invocata prescrizione dei reati.

6. Chiara appare l’infondatezza del quarto motivo di ricorso.

L’illecito commesso dall’amministratore appare posto in essere a vantaggio della società "Calcio Portogruaro Summaga" e i reati contestati ex artt. 2621 e 2638 c.c., rientrano tra quelli che consentono di ipotizzare la responsabilità dell’ente ai sensi della L. n. 231 del 2001, art. 19 e ss., così che non si vede ragione per ritenere l’ordinanza meritevole di annullamento sul punto.

7. Merita, invece, accoglimento l’ultimo motivo di ricorso. Non appare, infatti, coerente e logico il ragionamento seguito dal Tribunale per determinare il profitto dell’illecito ex artt. 2621 e 2638 c.c., in termini coincidenti con quelli del profitto del reato D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 3. Mentre il risparmio di oltre 300 mila Euro può ragionevolmente essere qualificato come profitto della infedele dichiarazione, il profitto conseguito a seguito della falsificazione dei bilanci deve essere posto in relazione ai vantaggi conseguenti alla indebita iscrizione al campionato e ai rapporti con la Federazione. Rispetto a questi profili l’ordinanza risulta priva di motivazione e deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Venezia affinchè, tenuto conto dei principi fissati con la presente decisione, questi provveda a nuova valutazione sul punto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’entità della somma sequestrata e rinvia al Tribunale di Venezia. Rigetta nel resto.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2013
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