Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-05-2013) 27-06-2013, n. 28163

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Svolgimento del processo

Il Gip del tribunale di Torre Annunziata dispose il sequestro preventivo di un fabbricato in relazione al reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), contestato a M.A., perchè, avendo avuto il permesso di costruire per il restauro conservativo con ricostruzione filologica delle parti del fabbricato parzialmente crollato mediante l’utilizzo della tecnica del cuci e scuci, aveva invece demolito le parti crollate e realizzato ex novo i setti murari di fondazione e perimetrale del vecchio edificio.

Il tribunale del riesame di Napoli, con l’ordinanza in epigrafe, escluse il fumus del reato ed annullò il sequestro, osservando: – che il reato era stato contestato non in considerazione del risultato ottenuto, bensì della tecnica utilizzata, la quale ricondurrebbe le opere alla categoria della ristrutturazione edilizia e non a quella del restauro conservativo; – che invece non vi era difformità tra i lavori eseguiti e quelli autorizzati col permesso di costruire; – che la distinzione tra restauro e ristrutturazione risiede nel fatto che il primo postula un risultato perfettamente conforme al precedente, mentre la seconda consente l’ottenimento di un organismo edilizio anche del tutto difforme dal preesistente; – nella specie era stata appunto realizzata una ricostruzione filologica, ossia fedele del fabbricato, senza mutarne la qualificazione tipologica, o i caratteri architettonici, o gli elementi strutturali.

Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3 e art. 44, lett. c), osservando: – che trattandosi di fabbricato anteriore al 1945 erano consentiti solo interventi di restauro conservativo e non di ristrutturazione edilizia; – che essendovi stata demolizione e ricostruzione di elementi dell’edificio, l’intervento va qualificato come ristrutturazione edilizia: – che ciò non può integrare solo una irregolarità della tecnica ricostruttiva, ma costituisce una difformità totale rispetto al titolo.

Motivi della decisione

Il Procuratore generale, nella sua requisitoria, ha condiviso la tesi del tribunale del riesame – secondo cui il fatto che era stata realizzata una ricostruzione filologica e fedele del fabbricato preesistente, con la stessa qualificazione tipologica, gli stessi caratteri architettonici ed elementi strutturali, escludeva che vi fosse difformità essenziale dal permesso di costruire e che non potesse parlarsi di restauro o risanamento conservativo, mentre la sola circostanza che si fosse utilizzata una diversa tecnica ricostruttiva non poteva far transitare l’intervento nella categoria della ristrutturazione edilizia – ed ha ritenuto non approfondita la diversa tesi del pubblico ministero – secondo cui, invece, il fatto che non si fosse adoperata la tecnica del cuci e scuci e si fossero realizzati ex novo i setti murari di fondazione e perimetrale comportava una difformità essenziale ed una qualificazione dell’intervento come di ristrutturazione edilizia e non come di restauro o risanamento, indipendentemente dal rispetto della sagoma e della volumetria preesistenti.

Orbene, ritiene il Collegio che effettivamente la questione non appare così semplice come è stata prospetta nel ricorso, emergendo invece diverse perplessità interpretative, anche alla stregua della giurisprudenza di questa Corte in tema di distinzione tra ristrutturazione edilizia vera e propria e restauro o risanamento conservativo (cfr., ad es., Sez. 3, 16.3.2010, n. 20350, Magistrati, m. 247178; Sez. 3, 13.1.2006, n. 20776, Polverino, m. 234466; Sez. 3, 21.4.2006, n. 16048, D’Antoni, m. 234265; Sez. 3, 16.6.2011, n. 36528, Fai, m. 151039; Sez. 3, 17.2.2010, n. 16393, Cavallo, m.

246757).

Ciò posto, ritiene il Collegio che non sia necessario risolvere in questa sede cautelare tale questione, che può più opportunamente essere demandata al naturale ed approfondito vaglio in sede di giudizio di cognizione, e ciò in quanto il ricorso del pubblico ministero deve comunque essere respinto per una diversa ed assorbente ragione.

E difatti il ricorso, con cui pure si chiede l’emissione del sequestro preventivo, non spende nemmeno una parola sull’esistenza del necessario requisito della sussistenza di un reale, effettivo e concreto periculum in mora. Una qualche argomentazione sulla natura del periculum in mora o del pericolo per il carico urbanistico sarebbe stata indispensabile, appunto perchè la difformità contestata consisterebbe esclusivamente nella diversità della tecnica ricostruttiva, ossia nel non utilizzo della tecnica del cuci e scuci, mentre sembrerebbe pacifico che l’immobile ricostruito sia perfettamente identico in tutti i suoi aspetti a quello preesistente parzialmente crollato.

Stante la mancata prospettazione del periculum in mora, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 28 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2013
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