Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14439

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

C.A. proponeva opposizione avverso l’esecuzione dello sfratto, promossa da T.M.C., in ordine ad un locale sito in (OMISSIS), contiguo ad altri locali già oggetto di locazione, assumendo di averne acquistato la proprietà da T.G., padre della convenuta, con scrittura privata 11.9.61 e, comunque, di averlo usucapito per ininterrotto possesso ultraventennale.

La convenuta, costituitasi in giudizio, disconosceva detta scrittura privata; a tale giudizio veniva riunito quello di reintegrazione nel possesso nel locale in questione, successivamente instaurato dal Curatola a seguito della esecuzione dello sfratto in data 9.7.92.

Espletata C.T.U. per la verificazione della scrittura privata 11.9.61, con sentenza n. 20803/02, il Tribunale di Roma rigettava le domande del Curatola condannandolo alla refusione delle spese processuali.

Avverso tale sentenza il C. proponeva appello cui resisteva la T..

Con sentenza depositata il 31.1.2006 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Osservava la Corte di merito, richiamate le valutazioni istruttorie del giudice di prime cure e le conclusioni non contestate del C.T.U., che la sottoscrizione apposta sul documento 11.6.1961 non era autentica in quanto non conforme alla scritture comparative, "tanto più che il segno grafico apparentemente rilasciato dal T., nel 1962, risultava più evoluto di quelli rilasciati in epoca precedente" benchè "la grafia subisca un decadimento con il passare del tempo". Rilevava che il difetto di autenticità della scrittura privata e, quindi, del contenuto della stessa, trovava riscontro non solo nel testamento olografo, in data 14.10.1966, con cui T. G. aveva lasciato alla figlia M.G. tutto il piano scantinato ove era situato il locale oggetto di causa, ma anche nella lettera 3.12.92 dell’amministratore del condominio e nel regolamento condominiale. Escludeva, poi, che il C. avesse usucapito il locale in contestazione rilevando, fra l’altro, che il primo documento ove il C. si dichiarava proprietario di un’area insistente sul piano seminterrato dell’immobile in questione, era costruito dalla denuncia di pagamento della tassa per i rifiuti solidi urbani, in data 12.12.1964, inidoneo, a dimostrare l’inizio di un possesso "ad usucapionem", atteso che tale denuncia poteva essere effettuata non solo dal proprietario, ma anche dal locatore del bene.

Evidenziava, inoltre, che il locale oggetto di contratto di locazione concluso fra le parti, non era stato in esso citato in quanto originariamente non censito, tanto che aveva formato oggetto di domande di condono e di richiesta di accatastamento. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il C., formulando un unico, articolato motivo. Resiste con controricorso T.M. C.. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:

violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c.; omessa e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; in particolare, il giudice di appello non aveva considerato: che il locale in questione era stato edificato su area di proprietà condominiale;

che il testamento olografo 1.2.67 di T.G., padre e dante causa di T.M.C., era privo di rilevanza ai fini dell’accertamento dell’acquisto per usucapione, trattandosi di locale abusivo;

che il C.T.U. aveva ritenuto compatibile con le scritture comparative la grafia della firma di T.G. apposta sulla scrittura 11.9.61; sarebbe stata, comunque, erroneamente valutata la documentazione che la T. aveva posto a fondamento del proprio diritto di proprietà sul locale.

Il ricorso è infondato.

I rilievi posti a fondamento del ricorso riguardano o questioni di fatto il cui accertamento è riservato al giudice di merito ovvero si risolvano in una valutazione probatoria alternativa, esulante dal sindacato di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata esente da vizi logici e giuridici.

La Corte territoriale ha, infatti, dato conto, della non autenticità della firma apposta da " T.G." sulla scrittura privata 11.9.1961, in base delle conclusioni (non contestate dal C. in primo grado), della consulenza grafica, disposta a seguito del discononoscimento e della richiesta di verificazione dell’autenticità di detta firma. La sentenza impugnata ha pure evidenziato gli ulteriori riscontri, come sopra in parte indicati, avvaloranti il carattere apocrifo di detta sottoscrizione, escludendo ogni valenza probatoria della scrittura privata su cui il ricorrente aveva fondato l’acquisto del proprio diritto di proprietà.

Del pari adeguatamente motivato è la conferma del rigetto della domanda di usucapione, avendo il giudice di appello, ribadito, sulla base di un accurato esame delle risultanze processuali V. pagg. 6-7-8- 9 sent.) e richiamando la motivazione del giudice di prime cure, che il C. non aveva provato "un possesso pubblico e pacifico del bene", idoneo all’usucapione, a fronte invece, di una documentazione attestante il persistere del diritto di proprietà di T. G. sull’immobile in contestazione.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *