T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 26-01-2011, n. 237

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Questura di Milano ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente in quanto condannato per reati concernenti gli stupefacenti.

Contro il suddetto atto il ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 5 c. 5 del D. Lg.vo 286/1998 in quanto l’amministrazione non avrebbe valutato che al ricorrente è stata concessa la sospensione condizionale della pena e non avrebbe effettuato una valutazione in merito all’attualità della pericolosità sociale del ricorrente.

II) Violazione dell’art. 21 nonies della L. 241/90 in quanto l’atto sarebbe stato adottato nonostante l’affidamento creato dal comportamento dell’amministrazione.

III) Violazione delle garanzie procedimentali stabilite dalla L. 241/90.

La difesa erariale ha chiesto la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 17 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione, previo avviso alle parti.

2. Il ricorso è infondato.

Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso occorre evidenziare che i requisiti essenziali per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono essenzialmente tre: a) una condotta di vita corretta, tale da far presumibilmente escludere ogni possibile pericolosità sociale; b) la disponibilità di un alloggio; c) lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita idonea a garantire adeguati mezzi di sostentamento.

Il primo requisito secondo l’art. 4 comma 3 del T.U. Immigrazione viene a mancare, in particolare, quando lo straniero risulti condannato per reati inerenti gli stupefacenti. In merito la Corte Costituzionale, con la sentenza 16 maggio 2008 n. 148, ha stabilito che non sia manifestamente irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo. In tale ordine di idee, la condanna per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale – quali sono le fattispecie incriminatrici prese in considerazione dalla normativa censurata – non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente ai fini di cui trattasi, al punto di far ritenere manifestamente irragionevole la disciplina legislativa che siffatta condanna assume come circostanza ostativa automatica all’accettazione dello straniero nel territorio dello Stato.

Né in contrario può valere la giurisprudenza citata dal ricorrente in quanto riferita a fatti anteriori alle modifiche alla legislazione in materia introdotte dalla legge BossiFini.

Per quanto riguarda il riconoscimento della sospensione condizionale della pena la giurisprudenza (Tar Lombardia, Milano, sez. III, 20 maggio 2008, n. 1460) ha chiarito che non possono essere valutati dalla stessa p.a. come "nuovi elementi" le considerazioni espresse dal giudice penale nella sentenza di condanna (in ordine, ad esempio, alla gravità del reato, alle conseguenze risarcitorie e restitutorie, agli elementi circostanziali e così via), perché quelle considerazioni rappresentano la motivazione della sentenza e non "circostanze sopravvenute ai fatti decisi in sede penale"; allo stesso modo non assumono rilievo le determinazioni accessorie del Giudice Penale come quelle relative alla sospensione condizionale della pena. Difatti, è la stessa sentenza di condanna, per la qualità del reato ascritto e sanzionato, che è di per sé ostativa ad una valutazione favorevole da parte dell’autorità amministrativa.

Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto nessun affidamento legittimo può fondarsi sul mero decorso del tempo per l’adozione di un provvedimento amministrativo ma è all’uopo necessario che esso trovi la sua scaturigine in un comportamento attivo, non bastandone uno omissivo; in un atto formale, non essendo sufficienti meri facta conludentia; in un atto efficace e vincolante, non essendo idoneo un atto endoprocedimentale ed impotente.

Il terzo motivo di ricorso è infondato nella parte in cui contesta la mancata comunicazione di avvio del procedimento e la mancanza del preavviso di rigetto in quanto, trattandosi di atto vincolato, la fattispecie rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 octies comma 2 della legge 241/90, secondo il quale il provvedimento amministrativo non e" comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento o per mancanza del preavviso di rigetto qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

In definitiva il ricorso va respinto.

Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Elena Quadri, Primo Referendario

Alberto Di Mario, Referendario, Estensore
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