Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14437

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Svolgimento del processo
1. – Con citazione notificata il 5 dicembre 1994, F.G. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Napoli N.F. per sentirlo condannare alla restituzione di un immobile sito in (OMISSIS), detenuto dal convenuto senza titolo.
Nelle more di questo procedimento, con atto di citazione notificato il 19 giugno 1996 N.R., figlia di N.F. nel frattempo deceduto, convenne in giudizio F.G., l’Avv. D.S.S. e N.D., chiedendo, tra l’altro, l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre o l’avvenuto riconoscimento del trasferimento in suo favore della piena proprietà del medesimo immobile.
A sostegno della propria domanda N.R. deduceva di aver ricevuto in donazione dai propri genitori la nuda proprietà dell’immobile de quo con atto per notar Albore in data 2 marzo 1992 e che essi donanti avevano acquistato il detto immobile con scrittura privata del 14 novembre 1984 dal nipote N.D., scrittura che era stata riconosciuta valida con sentenza del 24 settembre 1992.
Precisava inoltre che detta sentenza era stata trascritta successivamente alla trascrizione di un pignoramento in danno dello stesso N.D. e che alla vendita conseguente alla espropriazione forzata partecipò l’Avv. S su incarico di F.G., moglie di N.D., il quale si aggiudicò tutti i beni facenti parte del patrimonio immobiliare, compreso l’appartamento per cui è causa, previa istanza di partecipazione per persona da nominare ai sensi dell’art. 579 cod. proc. civ., con l’intesa che sarebbe stata successivamente prodotta la necessaria procura utile ai fini della definitiva aggiudicazione a F.G. quale persona da nominare effettiva e sostanziale acquirente degli immobili acquistati; che l’Avv. Drimase aggiudicatario di tutti i beni assoggettati all’espropriazione, non essendo stato in condizione di presentare, dopo l’aggiudicazione, una procura di data anteriore allo svolgimento dell’asta, ma con l’obbligo di ritrasferirne la proprietà alla contraente effettiva F.G..
I due giudizi vennero riuniti tra loro e con altro giudizio pendente tra la F. e l’Avv. D.S..
Nelle more del giudizio decedeva F.G.; ed avendo N.D. rinunciato all’eredità, questa veniva devoluta ai figli C., M.A. e G., i quali intervenivano nel giudizio e, transigendo con l’Avv. D.S. la causa contro di lui promossa da F.G., ed estromettendolo dal giudizio, conseguivano la proprietà dell’immobile.
2. – Con sentenza depositata in data 11 settembre 2002, il Tribunale di Napoli dichiarava cessata la materia del contendere tra l’Avv. D. S. e C., M.A., G. e N.D. e rigettava la domanda avanzata da N.R..
3. – La Corte d’appello di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 27 aprile 2005, ha respinto l’appello principale di N.R. e dichiarato inammissibile l’appello incidentale di N.C..
3.1. – La Corte ha escluso il raggiungimento della prova dell’interposizione fittizia, ossia che l’aggiudicazione a nome dell’Avv. D.S. per conto di F.G. fosse, come sostenuto da N.R., simulata a favore di N. D. (che, in quanto debitore, non poteva partecipare direttamente all’asta e lo avrebbe fatto attraverso la propria moglie).
La Corte di Napoli ha altresì escluso la ricorrenza dei presupposti dell’invocata usucapione ex art. 1159 cod. civ., non essendo l’acquisto di N.F., dante causa di N.R., avvenuto a non domino.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello N. R. ha proposto ricorso, con atto notificato il 26 maggio 2006, sulla base di due motivi.
Hanno resistito, con controricorso, C., M.A., G. e N.D., i quali hanno proposto, a loro volta, ricorso incidentale condizionato, affidato a due mezzi, resistiti da N.R..
I controricorrenti N.C. ed altri hanno depositato memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.
Motivi della decisione
1. – Preliminarmente, il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.
2. – Con il primo motivo del ricorso principale (motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione all’art. 360 cod. proc. civ. n. 5; omessa motivazione) ci si duole che la Corte d’appello non abbia riconosciuto la simulazione dell’acquisto all’asta, da parte di F.G., dell’immobile in questione.
La motivazione sarebbe viziata, avendo i giudici del gravame escluso l’intento fraudolento soltanto sulla base del fatto che sarebbe stato più ovvio raggiungere tale intento senza simulare l’incarico all’Avv. D.S..
Erroneamente la Corte d’appello non avrebbe ammesso le prove testimoniali formulate dall’attrice sin dal primo grado di giudizio, così impedendole di provare quanto dalla stessa dedotto.
In ogni caso, la Corte del merito avrebbe dovuto rilevare che, se non simulata, l’aggiudicazione dell’immobile di cui è causa, effettuata attraverso il conferimento dell’incarico all’Avv. D.S., configurerebbe un negozio in frode alla legge.
2.1. – Il motivo è infondato e, in parte, inammissibile.
Occorre premettere che in tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art. 579 cod. proc. civ. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge (Cass., Sez. 3^, 16 maggio 2007, n. 11258).
In questa prospettiva, si è ritenuto che la partecipazione alla predetta asta di un soggetto, nella qualità di persona interposta del coniuge del debitore esecutato, non integra violazione del predetto divieto ove manchi la prova che all’accordo interpositorio – se fittizio – abbia partecipato anche il debitore, ovvero – se reale – sia correlato un mandato, di quest’ultimo al coniuge, per l’acquisto del bene, oggetto dell’esecuzione (Cass., Sez. 2^, 23 luglio 1979, n. 4407).
Nella specie la Corte d’appello ha escluso che sia stata raggiunta la prova che la F. abbia assunto la veste di acquirente simulata dell’immobile in sede di espropriazione forzata e che il reale dominus dell’affare fosse il di lei marito, il debitore esecutato N.D..
A tal fine, il giudice del merito ha sottolineato che nessuna valenza indiziaria può essere attribuita al fatto che in sede di transazione l’Avv. D.S. abbia riconosciuto di essersi reso aggiudicatario dell’immobile su incarico e nell’interesse della F., trattandosi di circostanza la quale non solo non conforta ma addirittura contrasta l’ipotesi simulatoria di una manifestazione fittizia di volontà da parte della mandante ed esclude l’ipotesi che l’incarico professionale sia stato conferito allo stesso Avv. S da parte di N.D..
La conclusione alla quale è giunta la Corte d’appello è ampiamente argomentata ed è priva di mende logiche e giuridiche; essa è contrastata dalla ricorrente con una critica meramente assertiva.
Il motivo di ricorso, sotto questo profilo, si risolve prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito.
Quanto, poi, alla doglianza relativa alla mancata ammissione delle prove testimoniali, è assorbente rilevare che il motivo appare generico, perchè la ricorrente trascura di riportare lo specifico contenuto dei capitoli in cui la prova richiesta si articolava, e questa carenza non consente di apprezzarne la decisività.
Infine, la tesi secondo cui l’aggiudicazione dell’immobile di cui è causa configurerebbe un negozio in frode alla legge, introduce una questione che dal testo della sentenza impugnata non risulta essere stata affrontata nel giudizio di merito e che, importando l’accertamento di circostanze di fatto non esaminate in quella sede, è preclusa, in quanto nuova, nel giudizio di cassazione.
3. – Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1159 cod. civ.) si sostiene che -contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello – nella specie ricorrerebbero i presupposti dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 cod. civ., perchè al momento della vendita N.D. da ben tre anni non era di fatto più il proprietario dell’immobile, essendo stato questo pignorato in data anteriore alla vendita da alcuni creditori del venditore. Si sarebbe, pertanto, in presenza di un acquisto a non domino da parte di N.F., dante causa della ricorrente.
3.1. – Il motivo è infondato.
La fattispecie prevista dall’art. 1159 cod. civ., ricorre là dove vi sia un titolo idoneo a trasmettere la proprietà, ma tale effetto non possa prodursi perchè l’alienante non è il proprietario del bene, sempre che l’acquirente sia in buona fede. La disciplina positiva rende chiaro che l’intendimento perseguito dalla legge è quello di consentire l’acquisto della proprietà in capo all’acquirente unicamente nel caso in cui gli effetti del contratto non possano prodursi direttamente in ragione dell’alienità della cosa venduta;
questo e soltanto questo è l’impedimento che il codice, sussistendo le altre condizioni, mira a superare (Cass., Sez. 2^26 marzo 2012, n. 4851).
Rimane di conseguenza fuori e del tutto estranea all’ambito di operatività del citato art. 1159, l’ipotesi in cui la vendita, benchè fatta dal proprietario, sia, ai sensi dell’art. 2914 cod. civ., inopponibile nei confronti del creditore pignorante e degli altri creditori intervenuti nell’esecuzione, per essere stato il bene immobile alienato dal debitore esecutato successivamente alla trascrizione del pignoramento.
4. – Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento dei motivi del ricorso incidentale condizionato.
5. – Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara, assorbito l’incidentale condizionato; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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