Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2013) 27-06-2013, n. 28158

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 14.12.2009 il GIP del Tribunale di Vasto applicava a M.R.L., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art. 444 c.p.p. di mesi 1 e giorni 10 di reclusione per il reato di cui alla L. n. 963 del 1965, art. 15, comma 1, lett. c) e art. 24, comma 1.

2. Ricorre per cassazione il P.G. presso la Corte di Appello di L’aquila per inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 62 bis c.p..

Erroneamente il GIP, nel ratificare l’accordo tra le parti, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche sulla base del mero stato di incensuratezza (nonostante il divieto previsto dalla D.L. 23 maggio 2008, conv. con modif. nella L. n. 125 del 2008, entrata In vigore prima della commissione del reato e quindi applicabile al caso di specie).

Peraltro il GIP ha applicato anche una pena di specie diversa (reclusione in luogo dell’arresto).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p..

Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 c.p.p., le parti non possono rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perchè essi sono coperti dal patteggiamento.

3. Quanto alla motivazione della sentenza ex art. 444 c.p.p., in relazione alle circostanze attenuanti generiche, la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel ritenere che la peculiarità del procedimento di applicazione pena esoneri da motivazioni men che sommarie per cui il riconoscimento di siffatto beneficio può ritenersi giustificato implicitamente dalla modestia del fatto come enunciato nel capo di imputazione (cfr. Cass. pen. Sez. 4 n. 2560 del 17.10.1997) oppure dall’implicita condivisione, pur non formalmente richiamate, delle ragioni espresse dalle parti nella richiesta (cfr.

Cass. pen. Sez. F n. 33473 del 20.8.2009).

4. L’assenza di precedenti condanne per altri reati non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62 bis c.p., comma 3, introdotto con la L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 1, lett. f bis applicabile al caso di specie, risultando il reato commesso in data (OMISSIS) e quindi in epoca successiva all’entrata in vigore della norma).

La motivazione sul punto della sentenza impugnata deve, però, implicitamente ritenersi integrata dalla "modestia del fatto", come enunciato nel capo di imputazione.

5. A norma dell’art. 619 c.p.p., comma 2 va rettificata la specie della pena detentiva, avendo il GIP, pur trattandosi di contravvenzione, erroneamente applicato la reclusione invece dell’arresto.

P.Q.M.

Rettifica la pena detentiva applicata in quella di mesi 1 e giorni 10 di arresto.

Dichiara inammissibile il ricorso del P.G..

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2013

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