Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14436

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Svolgimento del processo
M.S., con citazione notificata in data 3.3.1990, evocava in giudizio avanti al Tribunale di Verona i coniugi C. R. e CO.Em. e premesso di avere acquistato da questi ultimi con scrittura privata datata 30.1.1990 l’immobile di loro proprietà sito in (OMISSIS) del Comune di XXX, e che i convenuti non avevano provveduto alla stipulazione del rogito notarile, chiedeva che previo accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni in calce alla predetta scrittura di vendita, esso attore fosse dichiarato proprietario dell’unità immobiliare in questione, disponendosi altresì la trascrizione dell’emananda sentenza.
Alla prima udienza ed in quelle successive intervenivano volontariamente i creditori dei convenuti e cioè: il XXX Italiano; la Banca di XXX e Bolzano, la Banca Popolare di Verona.
Gli intervenuti intendevano far valere la simulazione dell’atto di compravendita di cui alla scrittura privata 30.1.1990 deducendo che con la stessa i convenuti avevano inteso sottrarre alle banche la garanzia patrimoniale dei loro rispettivi crediti.
Nel corso del giudizio si costituivano anche i convenuti C. R. e CO.Em. inizialmente dichiarati contumaci, che aderivano totalmente alla domanda del M..
Il tribunale adito, previo espletamento dell’istruttoria, con sentenza in data 31.8.1998, dichiarava la simulazione assoluta del contratto di cui alla compravendita del 30.1.90, ritenendo sussistere indizi gravi, precisi e concordanti, quali: l’irragionevolezza di una citazione più che tempestiva in una situazione di mancanza di contrasti tra le parti contraenti, l’esiguità del prezzo rispetto al valore dell’immobile e il perdurante possesso di esso da parte dei presunti venditori; tutto ciò evidenziava, secondo il giudicante, la fittizietà della compravendita finalizzata solo a consentire ai coniugi C. – Co. di opporre ai creditori la trascrizione della emananda sentenza.
Avverso la pronuncia proponeva appello il M. contestando la valenza e l’interpretazione degli indizi della simulazione ed insistendo per l’ammissione della prova testimoniale.
Si costituivano solo la Banca di XXX e Bolzano e l’XXX Italiano (già XXX Italiano) nonchè la GF Finanziaria, quale cessionaria del credito di quest’ultima. Veniva ammessa ed assunta la prova testimoniale; quindi l’adita Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 1600/05 depos. Il 3.10.2005, notif. In data 4.5.2006, rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado. Confermava la simulazione del contratto, aggiungendo che la tesi dell’appellante non aveva ricevuto alcuna conferma dalle dichiarazioni de teste escusso in sede di gravame, in quanto scarsamente attendibile.
Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione M. S. sulla base di n. 2 censure, illustrate da memoria ex art. 378 c.p.c.; gli intimati non hanno svolto difese. Infine il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione
Con un unico motivo il ricorrente denuncia congiuntamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., nonchè dell’art. 2729 c.c., dolendosi che la corte territoriale non abbia fatto buon governo dei principi che regolano l’istituto della simulazione assoluta del contratto. Intanto censura l’assunto della Corte che ha ritento inattendibile il teste escusso in appello ( P.) in quanto "troppo informato" sulle circostanze capitolate da parte appellante e sostiene che tale conoscenza di dettagli gli derivasse dall’essere collega di lavoro del M..
Quindi il ricorrente tenta di dare una diversa lettura delle varie circostanze che secondo il giudice di merito costituirebbero plurimi elementi indiziari della simulazione assoluta del contratto, che a suo avviso sarebbe esclusa con le prestazioni, gli accordi ed il comportamento, anche processuale delle parti contraenti. Invero l’avvenuta dazione di danaro pari a L. 70.000.000 sarebbe priva di giustificazione alcuna e comunque tutto si spiegherebbe in conseguenza di un "accollo meramente interno" in forza del quale il sig. M. si era obbligato nei confronti dei coniugi C. – Co. ad adempiere le obbligazioni assunte dai convenuti in forza del mutuo ipotecario", come stabilito dall’art. 7 della scrittura privata del 31.01.1990. Questo spiegherebbe la perdurante presenza nell’immobile dei convenuti promettenti venditori e il fatto che costoro continuavano a pagare il mutuo. Infatti tale accollo era stato concluso "proprio per ripartire tra il prezzo della compravendita e l’ammontare delle singole rate del mutuo il valore dell’intero immobile". Spiega inoltre che la clausola contrattuale in forza della quale i venditori rimaneva nell’immobile ove non avessero trovato altro alloggio in locazione, continuando a pagare i ratei di mutuo, era stata posta dalle parti "in una prospettiva di reciproca comprensione e tolleranza".
Le doglianze sono prive di fondamento.
Occorre in premessa rilevare che secondo questa S.C., "In tema di simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la relativa domanda sia proposta da terzi estranei al negozio, spetta al giudice del merito valutare l’opportunità di fondare la decisione su elementi presuntivi, da considerare non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, a consentire illazioni che ne discendano secondo l’id quod plerumque accidit, restando il relativo apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico (nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso in un caso in cui la sentenza di merito aveva ritenuto raggiunta la prova della simulazione assoluta di un contratto di vendita stipulato da una società, in seguito fallita, sulla base di plurimi indizi precisi e concordanti, quali: la notevole incongruità del prezzo di vendita; la mancata prova del pagamento del prezzo; la presenza dominante del socio della società acquirente nella gestione della società venditrice fallita; la contiguità temporale della rivendita del bene; l’inusitata dilazione del pagamento del prezzo, senza garanzie e malgrado la trasmissione del possesso; la coeva cessione alla sub acquirente dei locali dell’impresa) (Cass. Sez. 1, n. 28224 del 26/11/2008).
Tanto premesso non v’è dubbio che le censure del ricorrente si risolvono in mere questioni di fatto, non denunciabili in sede di legittimità, attesa la motivazione congrua e non contraddittoria della sentenza, nella quale il giudicante ha preso in esame un serie di circostanze indiziarie, che valutate anche nel loro insieme, portano all’univoca o almeno plausibile conclusione che il contratto concluso tra le parti fosse simulato.
Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Nulla per le spese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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