Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2013) 27-06-2013, n. 28157

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza dibattimentale del 31.5.2012 il Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’eccezione di nullità (per omessa notifica al difensore di fiducia dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e di tutti gli atti successivi) proposta dal difensore di B.L.D..

Assumeva il Tribunale che la dedotta nullità rientrava nella categoria delle nullità a regime intermedio, per cui, non essendo stata eccepita all’udienza preliminare, nella quale era intervenuto il difensore, non poteva essere fatta valere in sede di giudizio.

2. Ricorre per cassazione il difensore di B.L.D., denunciando la inosservanza della legge penale e delle norme processuali, nonchè la omessa e carente motivazione.

L’omessa notifica dell’avviso di conclusione delle indagini determina la nullità dell’intero procedimento.

E, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’eccezione era stata sollevata fin dall’udienza preliminare.

Il provvedimento del Tribunale, peraltro, è abnorme e non potrebbe essere impugnato con la sentenza perchè il Tribunale "non considera il sottoscritto quale difensore del sig. B.L.D…".

Motivi della decisione

1. L’art. 586 c.p.p. prevede l’impugnazione unitamente alla sentenza delle ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento (comma 1) e l’impugnazione immediata contro le ordinanze in materia di libertà (comma 3).

L’ordinanza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria non rientra quindi palesemente tra quelle di cui è consentita l’impugnazione immediata.

Nè tale ordinanza rientra tra i provvedimenti comunque ricorribile per cassazione, essendo tassativa la previsione di cui all’art. 568 c.p.p., comma 2.

2. Neppure può parlarsi di atto abnorme, cui si fa peraltro un vago riferimento nel ricorso.

E’ affetto da abnormità, infatti, il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale e quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori del casi consentiti e delle ipotesi previste.

L’abnormità dell’atto può, quindi, riguardare tanto il profilo strutturale, allorchè l’atto medesimo, per la sua singolarità, si ponga ai di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del procedimento o l’impossibilità di proseguirlo (cfr. Cass. sez. un. 10.12.1997 n. 17 – D.).

Le sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 25957 del 26.3.2009 (dep. il 22.6.2009), P.M. in proc.T. ed altro, nell’affermare che non appare "conforme al sistema per le caratteristiche di assoluta atipicità e residuante del fenomeno, dilatare il concetto di abnormità per utilizzato impropriamente per far fronte a situazioni di illegittimità considerate altrimenti non inquadrabili nè rimediabili" hanno ribadito il principio che si ha abnormità strutturale nel caso "di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perchè al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto)".

2.1. Nel caso di specie il Tribunale ha rigettato l’eccezione di nullità nell’esercizio del potere riconosciutogli dall’art. 491 c.p.p. in tema di questione preliminari; nè tale provvedimento determina la stasi del procedimento.

L’ordinanza, pertanto, potrà essere impugnata unitamente alla sentenza a norma dell’art. 486 c.p.p..

3. il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2013

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