Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14430

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 18.11.1999 B.C. II quale titolare dell’omonima impresa edile, conveniva in giudizio avanti al tribunale di Trani, sez. dist. di Molfetta – il Condominio di Via (OMISSIS), in persona del suo curatore speciale d.T.L. (tale nominato dal tribunale essendo il condominio privo di amministratore) nonchè il geom. P.G. B., nella sua qualità di firmatario del contratto d’appalto per conto dei condomini, per sentirli condannare, in solido tra loro, al pagamento della somma di L. 25.277.586 oltre IVA interessi e rivalutazione monetaria. Deduceva l’attore di avere eseguito presso il condominio convenuto lavori di straordinaria manutenzione in forza del contratto d’appalto del 30.7.98 e che residuava la somma richiesta, detratti gli acconti ricevuti. Si costituivano in giudizio il condominio in persona del D.T., il quale interveniva anche in proprio come condomino, chiedendo il rigetto della domanda.

L’adito tribunale, con sentenza n. 123/03, condannava il condominio convenuto al pagamento in favore dell’attore della somma Euro 13.054,78 ed alla rifusione delle spese processuali.

La sentenza era appellata dal Condominio e dai singoli condomini, che chiedevano in specie – per quanto qui ancora interessa -: dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del condominio stesso e rigettarsi la domanda del B. in quanto illegittima e non provata;

l’accoglimento della domanda riconvenzionale del codominio D. T. dichiarandosi che questi aveva estinto l’obbligazione, pagando la quota-parte di sua pertinenza. Resisteva il B., formulando altresì appello incidentale. Secondo gli appellanti principali l’appaltatore, accettando dai singoli condomini pagamenti parziali senza riserva, aveva rinunziato alla solidarietà e trasformato l’originaria obbligazione solidale di pagamento del corrispettivo dell’appalto in obbligazione parziaria ai sensi dell’art. 1311 c.c., n. 2.

L’adita Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 664/08 depositata in data 26.6.08 accoglieva l’impugnazione principale del condominio – dichiarando assorbito l’appello incidentale del B. – aderendo alla tesi della carenza di legittimazione passiva del condominio, ed ordinava altresì allo stesso B. a restituzione al Condominio della somma di Euro 12.751,80 versata in esecuzione della impugnata sentenza.

Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione B.C. II sulla base di n. 3 censure, illustrate da memoria ex art. 378 c.p.c.;

resiste con controricorso il Condominio di via (OMISSIS), nonchè D.T.L.; gli altri intimati non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

Occorre in premessa rilevare che l’operato dell’amministratore del condominio intimato, costituitosi nel presente giudizio di cassazione senza la previa autorizzazione dell’assemblea, è stato regolarmente ratificato dalla stessa assemblea condominiale con apposita delibera in atti, in relazione a quanto statuito da questa Corte con la nota pronuncia delle S.U. n. 18331 del 06/08/2010.

Ciò premesso, con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1130, 1131, 1133 c.c.. La censura si riferisce a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, secondo cui, in tema di obbligazioni assunte dal Condominio verso terzi, stante il principio di parziarietà dell’obbligazione condominiale di pagamento anche nei rapporti esterni affermato dalla S.C. (Cass. S.U. n. 9148 del 8.4.2008), non era consentito al B. di agire in via giudiziale contro il condominio, "poichè non solo(…) erano stati contabilizzati i lavori ed era stato predisposto il piano di riparto in ragione delle singole quote condominali, ma (…), a molti dei condomini erano state rilasciate quietanze a saldo"(…). Considerato che di fatto era già stata data applicazione delle parti al suddetto principio- continua la Corte -, ogni pretesa del creditore, per somme ulteriori a lui dovute, andava indirizzata agli eventuali singoli condomini inadempienti e non al Condominio, non potendosi evidentemente gravare i condomini non tenuti all’anticipazione di somme anche rilevanti".

Il ricorrente censura il riportato assunto, deducendo che l’amministratore del condominio sotto il profilo passivo, ha una legittimazione processuale di ordine generale, di talchè egli può essere sempre convenuto in giudizio in rappresentanza de condominio stesso e dei singoli condomini, sia pure nei limiti della quota di ciascuno di essi. In tal senso, non esisterebbe alcuna carenza di legittimazione passiva del Condominio, essendo anzi la stessa legittimazione "necessaria", "in quanto, pur ammettendo che l’obbligazione abbia natura parziaria e non solidale, l’accertamento dell’obbligazione, nella sua interezza deve vedere necessariamente presente il Condominio, e per esso l’Amministratore che ha contratto l’obbligazione".

La doglianza è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa S.C. i condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica, ma fornito di soggettività distinta da quella dei singoli condomini; questi pertanto, nelle vicende processuali di cui sia parte il condominio, sono sempre rappresentati dall’amministratore e non costituiscono un’entità diversa da quest’ultimo (Cass. Sez. 6 – n. 177 del 11/01/2012; Cass. n. 20483 del 19/10/2004).

Questa S.C., con la pronuncia n. 9148/2008 (Sez. U, n. 9148 del 08/04/2008, richiamata peraltro anche dalla Corte di merito), ha così compiutamente inquadrata la problematica in esame: "In giudizio l’amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro quota (artt. 1118 e 1123 c.c.).

L’amministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto, l’amministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione, in virtù della legge, degli atti d’acquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell’amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui l’amministratore agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono delle conseguenze della lite. Pertanto, l’amministratore – in quanto non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti dall’art. 1123 c.c. – non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva quota".

Ciò posto, il condominio – per il tramite del suo amministratore – è pertanto sempre legittimato passivamente a stare in giudizio quale rappresentante dei condomini, per cui nei suoi confronti il giudice di merito ben poteva pronunciare la sentenza di condanna al pagamento del corrispettivo per i lavori eseguiti nell’edificio condominiale.

Nella fattispecie in esame, dunque, l’impresa B.C. ha legittimamente e validamente operato, citando il condominio tramite l’amministratore per ottenere la soddisfazione dei suo preteso credito, scaturente dall’esecuzione di lavori nell’ambito dell’edificio del condominio stesso. Di conseguenza deve ritenersi assorbito il 2 motivo del ricorso, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al capo della sentenza che prevedeva la restituzione al condominio della somma pagata dal condominio nelle more.

Infine con il 3 motivo del ricorso si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal condomino D.T.L., che secondo la corte di merito aveva estinto la propria obbligazione pagando interamente la quota di sua competenza.

La doglianza è fondata. E’ evidente infatti la contraddizione e l’errore in cui è caduta la corte allorchè, dopo avere stabilito che la quota del D.T. ammontava a complessive L. 5.372.155, ha poi immotivatamente ritenuto che questi avesse estinto il proprio debito tramite il pagamento della minor somma di L. 4.000.000 complessive (L. 1.000.000 + L. 3.000.000).

Conclusivamente: devono essere accolti il 1 ed il 3 motivo del ricorso; assorbito il 2; la sentenza dev’essere cassata e la causa rinviata anche per le spese di questo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce.

P.Q.M.

la Corte accoglie il 1 ed il 3 motivo del ricorso; assorbito il 2;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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