Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-08-2012, n. 14425

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Svolgimento del processo
1.- Z.M. esponeva che: era comproprietario, unitamente alla sorella Za.Ma., di un edificio sito in (OMISSIS); che detto immobile era in condizioni di manutenzione fatiscenti e necessitava di urgente ed integrale ristrutturazione; che le parti non erano riuscite a trovare un accordo per la divisione amichevole a causa dell’atteggiamento intransigente di Za.Ma.;
tanto premesso, l’istante conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Verona Za.Ma. perchè, previa stima e formazione delle rispettive quote e assegnazione delle stesse a ciascuno dei condividenti, il Tribunale ordinasse la divisione giudiziale dell’immobile comune.
Si costituiva la convenuta la quale, dopo avere rilevato che non era stato possibile raggiungere un accordo relativo al finanziamento necessario per la ristrutturazione del fabbricato de quo, dichiarava di non opporsi alla divisione, chiedendo che la stessa fosse estesa a tutti i beni immobili in comunione.
Con sentenza del 10-12-2002 il Tribunale di Verona dichiarava lo scioglimento della comunione esistente fra l’attore Z.M. e la convenuta Za.Ma., assegnando tutti gli immobili secondo il progetto divisionale redatto dal consulente tecnico d’ufficio che aveva formato due lotti in cui erano attribuiti per l’intero a ciascun comunista i beni in esso compresi; il giudizio proseguiva per l’estrazione a sorte dei lotti.
Avverso tale decisione proponeva appello Z.M. lamentando la violazione degli artt. 718 e 727 cod. civ.. L’appellata spiegava impugnazione incidentale relativamente alla regolamentazione delle spese.
Spiegava intervento volontario la società XXX s. p.a. e, deducendo di essere acquirente della quota di cui Za.Ma.
era titolare sull’immobile denominato (OMISSIS) in base a compravendita trascritta in epoca anteriore alla domanda di scioglimento della comunione, denunciava la non integrità del contraddittorio – per essere stata pretermessa – e la conseguente nullità del giudizio.
Con sentenza dep. il 25 maggio 2007 la Corte di appello di Venezia rigettava l’impugnazione principale nonchè quella incidentale.
Preliminarmente i Giudici disattendevano l’eccezione di nullità del giudizio di primo grado sollevata dalla interventrice, escludendo che nella specie ricorresse un’ ipotesi di litisconsorzio necessario sul rilievo che, a prescindere dall’efficacia reale od obbligatoria della compravendita del 23-12-2002 intercorsa fra XXX s.p.a. e Za.Ma., tale atto era stato concluso in epoca successiva all’introduzione del presente giudizio per cui, se era legittimo l’intervento dalla medesima spiegato ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., comma 3, non ricorrevano i presupposti per dichiarare la nullità del giudizio di primo grado, mentre la trascrizione della predetta compravendita in epoca anteriore alla trascrizione dell’atto di citazione (in effetti mai trascritto), poteva avere eventualmente incidenza esclusivamente sull’opponibilità nei confronti di essa interveniente della sentenza di primo grado.
Nel merito, la sentenza, nel ritenere infondata la pretesa dell’appellante di procedere alla divisione materiale fra le parti di ciascuno degli immobili inseriti nei lotti A e B, osservava che erano stati rispettati i criteri previsti dagli artt. 718 e 727 tenuto conto: a) che il valore dei beni inseriti nel lotto A (palazzo in via (OMISSIS), il condominio di via (OMISSIS), i fondi (OMISSIS)) pari a L. 4.777.387.000 era di poco superiore a quello pari a L. 4.512.760.000 degli immobili di cui al lotto B (la villetta in via (OMISSIS) e i fondi (OMISSIS)); b) che la soluzione sopra indicata comportava la radicalità dello scioglimento della comunione ed escludeva la creazione non solo di residue parti condominiali ma anche di possibili oneri (servitù);
c) della sostanziale omogeneità dei due assegni che comprendevano sia immobili ad uso abitativo sia immobili con destinazione agricola, come confermato dalla mancanza di specifiche censure sotto quest’ultimo profilo.
Dopo avere rilevato che le pregresse considerazioni comportavano l’assorbimento dei rilievi formulati dall’appellante a proposito della dedotta comoda divisibilità di palazzo Z., i Giudici comunque li esaminavano disattendendoli.
2.- Avverso tale decisione hanno proposto separati ricorsi per cassazione prima Z.M. (n. 3672/08 R.G.) sulla base di sei motivi illustrati da memoria; quindi la XXX s.p.a.
(3759/08 R.G.) affidato a tre motivi.
Hanno resistito con controricorsi: nei confronti del ricorso proposto da Z.M., Za.Ma., che ha proposto ricorso incidentale (n. 7492/08 R.G.) affidato a un unico motivo, la XXX s.p.a. nei confronti del ricorso di Z.M. e a quello incidentale di Za.Ma.; questi ultimi due contro il ricorso proposto da XXX s.p.a..
Z.M. e XXX s.p.a. hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.
RICORSO INCIDENTALE ZA.MA..
Deve essere esaminato innanzitutto il ricorso proposto da Za.
M. che ha priorità logico giuridica rispetto agli altri.
1.1.- Con l’unico motivo la ricorrente indentale deduce che la Corte avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto da Z.M. in quanto, non essendo indicati i capi della sentenza del tribunale impugnati, era privo del requisito della specificità.
1.2.- Il motivo è infondato.
Occorre considerare che affinchè un capo di sentenza possa ritenersi validamene impugnato è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico (S.U. 23299/2011).
Orbene, dall’esame dell’atto di appello (consentito dalla natura processuale del vizio lamentato) è emerso che l’attore aveva censurato l’attribuzione dei singoli immobili senza procedere alla divisione di ciascuno dei cespiti in comunione, nonostante la loro comoda divisibilità, lamentando in particolare il giudizio circa la non comoda divisibilità del palazzo sito in (OMISSIS) e, formulando al riguardo, una serie di critiche argomentate per contestare il fondamento di quanto ritenuto dal Tribunale.
RICORSO Z.M..
1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 718 e 727 cod. civ. cod., censura la decisione gravata che, nell’attribuire per intero i beni ad una o all’altra delle quote, aveva violato il principio secondo cui, in tema di divisione, a ciascun comunista spetta l’assegnazione in natura di una parte di ciascuno dei beni comuni, tenuto conto che la divisione ha lo scopo di convertire il diritto dei condividenti a una quota ideale sui beni facenti parte del comunione ereditaria in diritti di proprietà esclusiva; tale principio è ribadito anche dall’art. 1114 cod. civ ;
tenuto conto che i diversi immobili in oggetto erano comodamente divisibili, il consulente erroneamente non aveva proceduto alla formazione di un progetto che avesse previsto il frazionamento di ciascuno degli immobili e l’attribuzione della metà ai condividenti.
1.2 – Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 727 cod. civ., censura la sentenza gravata laddove aveva ritenuto che la disposizione di cui alla norma citata fissa soltanto un criterio di massima dal quale il giudice può discostarsi, quando invece la corretta interpretazione di tale norma induce a ritenere che la norma sancisce il dovere e non la mera facoltà di formare quote che comprendono una quantità di beni mobili, immobili e crediti di uguale natura e qualità: al riguardo, era significativo come il primo comma della norma citata non contenga l’inciso " per quanto è possibile" che è invece contenuto nel comma 2, laddove si prevede l’eccezione al principio generale quando oggetto della divisione siano biblioteche, gallerie e collezioni che abbiano un importanza storica, scientifica o artistica. Il diritto alla divisione in natura e alla conseguente formazione di quote omogenee è garantito al punto tale che il legislatore ha sentito l’esigenza di conferire al giudice, nel caso di biblioteche, gallerie, e collezioni, uno speciale potere discrezionale.
Denuncia, quindi, la non omogeneità dei lotti tenuto conto che il lotto A) comprendeva fabbricati per il valore di L. 3.658.000.000 e terreni per L. 1.111.000.000, mentre il lotto B) era composto da fabbricati per L. 330.000.000 e da terreni per L. 4.513.000: dunque, erano stati considerati beni che non erano di eguale natura nè di eguale qualità, così come non tutti i terreni avevano le stesse qualità per le diverse possibilità di sfruttamento o di destinazione dei fondi.
1.3.- I motivi, che vanno esaminati congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati.
Occorre considerare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che il Collegio ritiene di condividere, in tema di divisione ereditaria il principio indicato nell’art. 727 cod. civ., secondo il quale le porzioni di ciascuno dei condividenti devono essere formate in modo da avere beni mobili ed immobili o crediti di uguale natura o qualità, non è assoluto, ma indica soltanto un criterio di massima dal quale il giudice può discostarsi non solo nelle ipotesi espressamente previste dagli artt. 720 e 722 cod. civ., ma anche quando la rigorosa applicazione del principio determinerebbe un pregiudizio del diritto dei condividenti a conseguire una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sulla massa. In particolare, è stato chiarito che le categorie nelle quali vanno suddivisi i beni da dividere, ai fini di una omogenea formazione delle quote, sono soltanto quelle per l’appunto previste dalla norma citata, ossia quelle degli immobili, dei mobili e dei crediti, e che, nel rispetto dell’appartenenza dei beni a tali categorie, ben possono taluni di essi essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, anche se presentano caratteristiche diverse, ad altra quota, salvi i necessari conguagli, giacchè il diritto dei condividenti ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie dei beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, dei mobili e crediti, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che comporti pregiudizi al diritto preminente dei condividenti di ottenere in sede di divisione una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello della massa ereditaria, o comunque del complesso da dividere (cfr. Cass. 15105/2000; 9203/2004; 6134/2010 e, infine, anche 573/2011 che, in motivazione, richiama, aderendovi, i precedenti ora citati).
D’altra parte il Collegio non ritiene che in senso contrario a tale orientamento possano trarsi elementi dall’art. 727 cod. civ., comma 2, secondo cui "si deve tuttavia evitare, per quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che abbiano un importanza storica, scientifica o artistica".
Dalla interpretazione logico-sistematica del complessivo contenuto dell’art. 727 cod. civ., si evince che il legislatore ha inteso limitare il potere discrezionale del giudice nella formazione delle porzioni, sancendo il divieto di frazionamento esclusivamente in relazione ai beni indicati nel comma 2: l’espressa previsione del divieto di frazionamento per i beni ivi indicati e l’avverbio ("tuttavia") contenuti nel secondo comma inducono a ritenere che con tale disposizione si è inteso stabilire l’eccezione a quella che deve considerarsi la regola in via generale sancita secondo cui il giudice ha il potere discrezionale nella formazione nel caso concreto delle porzioni: l’inciso "per quanto possibile" è pur sempre riferito all’ipotesi del divieto del frazionamento ivi considerato, nel senso che il legislatore si è preoccupato di attenuare il rigore nell’applicazione del suddetto divieto, lasciando al giudice il necessario margine di autonomia decisionale laddove il divieto di frazionamento, anche nel caso dei beni previsti dal secondo comma, non sarebbe attuabile.
Orbene nella specie la sentenza, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha motivato la scelta operata evidenziando che la stessa consentiva di attuare la radicalità dello scioglimento della comunione, impedendo non solo la costituzione di possibili servitù gravanti sugli immobili in questione ma anche il permanere di situazioni di comunione, con ciò facendo corretta applicazione del principio del favor divisionis perseguito dal legislatore: tale giudizio è stato compiuto indipendentemente da ogni considerazione sulla comoda divisibilità o meno dei singoli immobili.
Per quel che concerneva, poi, la sostanziale omogeneità dei due assegni i Giudici osservavano che la stessa era confermata dalla sostanziale mancanza di specifiche censure. Orbene, tale ratio decidendi non è stata con il ricorso per cassazione oggetto di specifiche critiche laddove il ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare, trascrivendo i motivi di appello, di avere formulato censure in relazione al profilo in esame, denunciando l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello per avere erroneamente ritenuto la mancanza di specifiche censure alla decisione al riguardo assunta dal Tribunale.
2.- Il terzo, il quarto e il quinto motivo, avendo a oggetto la censura circa il giudizio espresso dalla Corte relativamente alla non comoda divisibilità del palazzo Z., sono assorbiti posto che – come si è detto l’assegnazione a ciascun condividente per intero degli immobili inseriti nei rispettivi lotti è avvenuta per le ragioni sopra indicate e cioè indipendentemente dalla valutazione circa la non comoda divisibilità dei singoli immobili.
3.1. – Il sesto motivo, lamentando violazione dell’art. 726 cod. civ., nonchè insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, denuncia il mancato accoglimento della istanza di rinnovo della consulenza tecnica, laddove oltrechè alla comoda divisibilità, era stato dedotto che il Palazzo di (OMISSIS), aveva subito danneggiamenti successivamente al 2001 e, pertanto, la stima a suo tempo effettuata dal consulente doveva essere rivista; b) il fondo (OMISSIS) aveva subito una serie di manomissioni, sbancamenti idonei a stravolgerne la valutazione compiuta dal consulente; c) la stima del consulente era incongrua posto che il medesimo fondo era stato valutato come terreno agricolo mentre, come era emerso dalla stessa c.t.u., la sua effettiva destinazione urbanistica era industriale/artigianale (D1).
3.2.- Il motivo va disatteso.
Il ricorrente non ha interesse a fare valere il minore valore del Palazzo di (OMISSIS), che evidentemente dovrebbe derivare dalle circostanze dedotte dal ricorrente, posto che, secondo quanto dal medesimo dichiarato (pag. 26 del ricorso), l’immobile fa parte del lotto A) assegnato alla convenuta e in tal caso dovrebbe essere maggiore il conguaglio da corrispondere alla controparte, così come per le medesime ragioni non ha interesse a invocare l’eventuale maggior valore che dalla diversa destinazione urbanistica dovrebbe conseguire al fondo Cave -inserito nel lotto B) assegnato al ricorrente medesimo – mentre relativamente alla diminuzione di valore, che pure contestualmente viene invocata riguardo allo stesso bene (per effetto delle manomissioni e stravolgimenti denunciati), va rilevato il difetto di autosufficienza del ricorso laddove avrebbe dovuto dimostrare di avere offerto la prova delle circostanze invocate, del tutto idoneo al riguardo essendo il riferimento alla comparsa conclusionale di cui non trascrive il testo, tenuto conto che la Cassazione non ha accesso diretto agli atti processuali (non ricorrendo un’ ipotesi di error in procedendo).
RICORSO XXX S.P.A..
1.1.- Il primo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 360 cod. proc. civ., n. 3, nonchè nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, n. 4, per violazione dell’art. 111 cod. proc. civ., commi 3 e 4 (letto in combinato disposto con l’art. 1113 cod. civ., comma 3, artt. 344, 354, 404 e 184 cod. proc. civ.), censura la decisione gravata laddove aveva erroneamente ritenuto essa ricorrente successore a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., ed opponibile nei suoi confronti la sentenza nonostante la priorità della trascrizione della compravendita del diritto da essa acquistato rispetto alla domanda di scioglimento della comunione. Al riguardo chiarisce che oggetto del giudizio era la divisione di tutti i beni in comunione, fra i quali, come ritenuto dalla stessa sentenza impugnata, rientrava il fondo (OMISSIS), di cui essa ricorrente aveva acquistato la quota di metà cedutale da Za.Ma..
A sostegno dell’intervento spiegato ai sensi dell’art. 344 cod. proc. civ., deduceva che nella specie si configurava un ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti della XXX s.p.a., che, ai sensi dell’art. 1113 cod. civ., doveva essere chiamata a intervenire: con tale intervento si era fatto valere un diritto autonomo e incompatibile, azionabile con l’opposizione di terzo al fine di ottenere la rescissione della sentenza di primo grado, essendo del tutto erronea la affermazione della successione a titolo particolare nel diritto controverso, laddove il dante causa può essere estromesso mentre nella specie la Za. non avrebbe potuto essere estromessa.
La questione viene formulata anche sotto il profilo del vizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5.
1.2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 360 cod. proc. civ., n. 3, nonchè nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, n. 4, per violazione dell’art. 1113 cod. civ., comma 3, artt. 102, 354 e 784 cod. proc. civ., art. 111 cod. proc. civ., commi 3 e 4 (letti in combinato disposto tra di loro), censura la sentenza impugnata laddove non aveva annullato la decisione del Tribunale, tenuto conto della necessaria partecipazione al giudizio di divisione dell’avente causa da uno dei condividenti in considerazione del pregiudizio che altrimenti potrebbe derivargli; la sentenza resa senza la partecipazione dell’avente causa dal condividente è inefficace nei confronti del soggetto pretermesso, che non potrebbe subire gli effetti della cosa giudicata. Con l’intervento spiegato essa ricorrente aveva fatto valere diritti autonomi e incompatibili rispetto a quelli dedotti in giudizio, anticipando l’opposizione di terzo di cui all’art. 404, comma 1, che avrebbe potuto fare valere impugnando la sentenza di appello per chiederne l’annullamento e che al momento non era possibile esperire; nella nozione di avente causa rientra sia l’acquirente di beni determinati sia l’acquirente della quota ideale del compendio ereditario 1.3.- Il terzo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, nonchè nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, n. 4, per violazione dell’art. 1113 cod. civ., art. 111 c.p.c., comma 4 (in eventuale coordinamento con gli artt. 102, 344 354 e 784 cod. proc. civ.).
deduce che, anche nell’ipotesi in cui dovesse escludersi il litisconsorzio necessario, comunque la divisione era inopponibile alla ricorrente che con l’intervento ex art. 344 cod. proc. civ., aveva dedotto che non poteva essere assoggettata alla relativa pronuncia, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 1113 cod. civ., attesa la anteriorità della trascrizione della compravendita rispetto alla domanda di divisione. Erroneamente era stato applicato l’art. 111 cod. proc. civ., che non opera quando la proposizione della domanda, seppure anteriore all’acquisto del terzo, sia stata trascritta successivamente : in tal caso, il terzo non è successore nel diritto controverso ma è un avente causa ante litem e immune dagli effetti della sentenza.
1.4. – I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
Secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata e non è comunque controverso, la XXX s.p.a. ha acquistato da Za.
M. la quota del fondo (OMISSIS) di cui la medesima era comproprietaria per la metà con atto stipulato e trascritto il 23/12/2002, cioè in epoca successiva alla data in cui venne emessa la sentenza di primo grado – 10/12/2002 – (e addirittura a quella in cui fu depositata la minuta della predetta sentenza).
Orbene, la XXX s.p.a., subentrata nei diritti di una delle parti in causa – Za.Ma. – per effetto dell’acquisto effettuato nel corso del giudizio, deve ritenersi successore a titolo particolare nel diritto controverso, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., così come ritenuto nella sentenza impugnata, atteso che subentrando nella medesima posizione della convenuta, sua dante causa – è diventata titolare del diritto in contestazione: correttamente, l’intervento spiegato in appello è stato ritenuto ammissibile sotto il profilo delle facoltà spettanti all’acquirente ai sensi dell’art. 111 citato, mentre insussistenti erano i presupposti previsti dall’art. 344 cod. proc. civ..
Al riguardo, va ricordato che il successore a titolo particolare nel diritto controverso non può essere considerato terzo, essendo l’effettivo titolare del diritto in contestazione, tanto da potere assumere la stessa posizione del suo dante causa, con la conseguenza che, come la sentenza spiega effetto nei suoi confronti, egli è anche legittimato ad impugnarla, secondo quanto espressamente previsto dell’art. 111 cod. proc. civ., u.c., senza che questo diritto sia condizionato dal suo intervento in fasi pregresse di giudizio (Cass. 6444/2009); l’interesse che, invece, legittima l’opposizione di terzo postula, in relazione al bene oggetto della controversia, un diritto autonomo e incompatibile con quello delle altre parti: Cass. 12114/2006). Appare non pertinente alla specie il richiamo al disposto dell’art. 1113 cod. civ., giacchè evidentemente, nel dettare le regole che disciplinano il giudizio di divisione, la norma fa riferimento agli aventi causa i quali abbiano trascritto il proprio diritto prima della proposizione della domanda di scioglimento della divisione: indipendentemente dalla nozione di avente causa – e, cioè, pure se si voglia considerare come tale anche colui che abbia acquistato la quota ideale di un bene determinato facente parte del compendio da dividere – va rilevato che il giudizio di divisione ereditaria deve svolgersi necessariamente, a norma dell’art. 784 cod. proc. civ., nei confronti di tutti coloro che partecipano alla comunione al momento della proposizione della domanda, mentre non ricorre la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell’acquirente di uno dei beni controversi in pendenza di giudizio, non operando il trasferimento a titolo particolare del diritto controverso alcun effetto sul rapporto processuale (art. 111 cod. proc. civ.), cfr. Cass. 4891/1993. Al riguardo, occorre considerare la ratio dell’art. 111 cod. proc. civ., il quale – nel disciplinare la successione a titolo particolare nel diritto controverso – ha la finalità di evitare il pregiudizio che alla parte deriverebbe dagli effetti conseguenti al mutamento del contradditore per effetto delle vicende traslative del bene in contestazione intervenute nel corso del giudizio, come nella specie sarebbe la pretesa regressione del processo conseguente all’invocato annullamento della decisione di primo grado per effetto dell’atto di vendita compiuto da una delle parti nel corso di causa.
Anche il ricorso proposto da XXX s.p.a. va rigettato.
Tenuto conto della reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per la compensazione fra le parti delle spese della presente fase.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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