Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-05-2013) 26-06-2013, n. 27907

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. L.M. è stato condannato con sentenza del 23 febbraio 2009 del gup del Tribunale di Reggio Calabria per i seguenti reati commessi in Reggio Calabria l’11 marzo 2007:

– art. 650 c.p., per non aver ottemperato all’ordine di allontanamento dato dalla Polizia di Stato per motivi di ordine pubblico per separare due diversi gruppi di tifosi di squadre di calcio.

– art. 651 c.p., per avere, nello stesso contesto temporale, rifiutato di fornire indicazioni sulla propria identità personale agli agenti della Polizia di Stato.

– art. 368 c.p., calunnia consistita nell’avere L. falsamente accusato, con denuncia presentata al presidio di Polizia de pronto soccorso e poi con querela, personale della Polizia di Stato di avergli cagionato lesioni personali percuotendolo mentre si allontanava in esecuzione del citato ordine di evacuare la zona.

2. La sentenza accoglieva altresì la domanda della parte civile.

3. La Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza del 15 dicembre 2011 confermava la condanna, salvo ridurre l’importo della provvisionale riconosciuta alla parte civile. La Corte, in risposta ai motivi di impugnazione, rilevava che la tesi difensiva di essersi il L. trovato semplicemente di passaggio per la zona al fine di salutare un amico tifoso della squadra della Lazio, occasione nella quale sarebbe stato immotivatamente bloccato dalla Polizia, era inattendibile.

4. Difatti la sua versione era in contrasto con le dichiarazioni degli operatori di Polizia che riferivano del suo atteggiamento apertamente provocatorio in attesa del passaggio dei "rivali", accompagnato da vistosi simboli apposti sul proprio ciclomotore attestanti l’adesione a formazioni politiche estremiste; il L. peraltro era già noto alle forze dell’ordine per la partecipazione attiva a tifoserie violente. Significativo era anche il fatto che il L. non avesse neanche riferito chi fosse la persona, l’amico tifoso della squadra "(OMISSIS)", che intendeva incontrare, nonostante fosse questa la sua giustificazione alternativa della presenza nel dato luogo rispetto all’ipotesi della sua volontà di partecipare ad azioni provocatorie.

5. La Corte riteneva irrilevanti anche le valutazioni della difesa in ordine al contenuto dei fotogrammi delle riprese video effettuate dalle telecamere installate nella zona dei fatti. Difatti non era stato ripreso tutto l’accaduto e, quindi, non potevano essere univocamente interpretate nel senso suggerito dalla difesa.

6. L.M. propone ricorso con atto a propria firma. Con primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla insussistenza del dolo del reato di calunnia.

Rileva che in tutta la motivazione la Corte si limita a riferire i dati oggettivi ma non ricostruisce in alcun modo la sussistenza di un dolo di calunnia. Rileva come, dal materiale probatorio in atti, valutando il contenuto delle varie relazioni del personale della Polizia di Stato in relazione ai fotogrammi estrapolati dalle registrazioni video, risulti che le modalità del controllo sono quelle cui fa riferimento il ricorrente. Quindi non è dimostrata la sua consapevolezza della innocenza dei soggetti accusati o, comunque, vi era un errore ragionevole su tale innocenza.

7. Con secondo motivo deduce la mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. D, "quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso di istruzione dibattimentale". Rileva che, pur avendo subordinato il rito abbreviato all’acquisizione delle immagini registrate dalle telecamere installate nell’area ove si sono svolti i fatti, le registrazioni non sono pervenute in forma integrale; afferma quindi che non è credibile la giustificazione offerta dei giudici di merito sulla indisponibilità di tali registrazioni, atteso che la normativa vigente impone la videoregistrazione di quanto avviene in occasione delle partite. Svolge, infine, argomenti a sostegno della decisività della prova.

Motivi della decisione

8. Il ricorso è manifestamente infondato.

9. Con il primo motivo, al fine di rilevare la pretesa assenza di motivazione sull’elemento soggettivo del reato, nel ricorso si procede ad una complessiva rivalutazione nel merito della vicenda per giungere ad una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella fornita dalla Corte di Appello. Ma, rammentato come non rientri nei poteri del giudice di legittimità la piena valutazione degli elementi probatori per giungere ad una diversa ricostruzione in fatto, deve invece considerarsi come, in base alle premesse in fatto poste nella sentenza dalla Corte di Appello, la stessa descrizione in fatto della condotta chiarisce a sufficienza che si tratta di condotta volontaria con la consapevolezza della attitudine di quanto denunciato a simulare prove di un reato a carico di persone innocenti.

10. Difatti, per sostenere la assenza di motivazione sull’elemento soggettivo, il ricorrente parte dal presupposto della fondatezza della propria tesi difensiva, ovvero il trovarsi sul posto semplicemente per salutare un amico ed essere stato ingiustificatamente bloccato mentre si allontanava, nel rispetto degli ordini dati dalla Polizia, e malmenato, riportando le lesioni oggetto di referto. I fatti accertati, che i giudici di merito espongono con una motivazione congrua ed immune da vizi logici e non in contrasto con alcun elemento di fatto valutabile da questa Corte, sono invece nel senso che il ricorrente manteneva un contegno palesemente provocatorio, non rispettava gli ordini dati per motivi di ordine pubblico dalla polizia (" … si rifiutò più volte ostentatamente di obbedire all’ordine di allontanarsi ….") costringendo gli operanti a procedere alla sua identificazione bloccandone la possibile fuga, facendo un uso della forza strettamente limitata al necessario e, peraltro, non cagionando le lesioni lamentate ("… Accertamenti che furono compiuti senza l’uso di violenza fisica, che certamente non è ricollegabile al certificato medico in atti, non compatibile con la dinamica descritta dallo stesso denunciante …").

11. Quindi, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, L. aveva volontariamente denunziato una condotta non corrispondente al vero, con la inevitabile consapevolezza di stare accusando di reati persone che sapeva essere innocenti.

12. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

13. Innanzitutto la norma Invocata, l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. D, non è applicabile alla ipotesi del giudizio abbreviato, in quanto rito che si caratterizza proprio per la rinunzia alla acquisizione della prova nel dibattimento: "Non da luogo a vizio della sentenza deducibile con il ricorso per cassazione per mancata assunzione di una prova decisiva il mancato accoglimento nel corso del giudizio abbreviato non condizionato, della sollecitazione dell’imputato all’esercizio dei poteri giudiziali officiosi in tema di prova. (Sez. 6^, n. 15086 del 08/03/2011 – dep. 13/04/2011, Della Ventura e altri, Rv. 249910)".

14. La questione, invece, può essere valutata sotto il profilo della realizzazione di una nullità di ordine generale per il mancato concreto accoglimento della prova cui era stata subordinata la richiesta di giudizio abbreviato.

15. Per decidere sul punto si devono innanzitutto individuare due possibili e ben diverse situazioni:

– di nullità potrà parlarsi laddove il giudice non ammetta o non ammetta integralmente la prova cui il giudizio abbreviato era stata condizionato.

– diverso è, invece, il caso in cui la prova venga ammessa ma non sia possibile raccoglierla per motivi indipendenti dal processo – teste irreperibile etc. In tale secondo caso, invece, resta valido il giudizio abbreviato perchè lo stesso è condizionato alla "ammissione" della prova e non alla sua concreta possibilità di acquisizione e, tantomeno, ad un concreto risultato di tale prova.

16. Nel caso di specie, il ricorrente aveva condizionato la richiesta di giudizio abbreviato alla acquisizione delle riprese video non effettuate direttamente dalla Polizia bensì realizzate dagli impianti fissi della struttura sportiva. E tale prova era stata ammessa.

17. Risulta dal provvedimento impugnato che, ammessa la prova, è poi stato impossibile acquisire le registrazioni video di determinate fasi dell’azione in quanto non esistenti. Pertanto, non vi è stato alcun diniego di ammissione della prova ma la stessa è risultata, più semplicemente, "impossibile". Di ciò da atto lo stesso ricorso che sviluppa argomenti, palesemente irrilevanti, con i quali si intende sostenere che non è credibile la versione data dai giudici sostenendosi che, in esecuzione della normativa di riferimento per la sicurezza degli stadi, non potessero non esistere le registrazioni in questione. Si tratta di questioni di merito e, peraltro, di evidenti congetture.

18. Valutati i motivi della inammissibilità, la sanzione pecuniaria è equamente determinata come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende a rifondere le spese di costituzione di parte civile che liquida in Euro 2000 oltre iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *