Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-05-2013) 21-06-2013, n. 27349

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. La corte di appello di Roma, con sentenza del 9 luglio 2012, per quanto qui rileva, ha confermato la responsabilità di N.L. per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti (capo A) e per due episodi di importazione di cocaina dalla Spagna (capi G e P) e, esclusa l’aggravante della transnazionalità, ha rideterminato la pena in sette anni e sei mesi di reclusione; la medesima sentenza ha confermato la responsabilità di G.M. per ricettazione di un’autovettura (capo AK) e per acquisto continuato di cocaina al fine di rivenderla (capo Y), diminuendo la pena inflitta. Il Tribunale aveva ricostruito momenti salienti delle indagini che, avviate nell’estate 2007, consentivano di accertare l’esistenza di un vasto traffico di stupefacenti del tipo cocaina tra Spagna e Italia, gestito in particolare da un gruppo operante a (OMISSIS), gruppo che utilizzava autovetture a noleggio per il trasporto sia via mare con destinazione Barcellona, sia via terra. Tra gli altri, emergeva l’utilizzo di vetture noleggiate presso l’agenzia AVIS di (OMISSIS) gestita da tale D.P., la stipula ad hoc di contratti di noleggio a nome di persone realmente esistenti (quali C. e Ch.), ma del tutto inconsapevoli del fatto, l’utilizzo di patenti di guida con dati contraffatti o inesistenti, l’utilizzo per tali contratti di una garanzia prestata da carta di credito intestata al N., i rapporti del N. con i fratelli Ca., il ruolo del Ca.Ma.
che sin dal gennaio 2006 aveva stipulato un noleggio presso l’Avis di D.P. di un’auto poi controllata presso il porto di (OMISSIS) in possesso di tale T. (che aveva falsi documenti di identità) e con occultamento all’interno della somma di f 120.000, l’arresto di detto T. un mese dopo in Francia con 7 kg. di cocaina a bordo della sua auto, l’arresto di tale ca. il (OMISSIS) nel porto di (OMISSIS) mentre proveniva da Barcellona su auto noleggiata presso il D.P. con a bordo kg.
11,750 di cocaina. Sulla scorta di intercettazioni telefoniche e di servizi di OCP anche attraverso la Guardia Civil, si appuravano altresì i rapporti del N. con B.G., nipote di D.W., quest’ultimo figura di rilievo nell’organizzazione del traffico, gli altri due addetti allo spaccio nella zona di (OMISSIS); venivano effettuate altre operazioni di sequestro di cocaina.
Veniva dunque ritenuta, anche nel giudizio di appello, la sussistenza dell’associazione e la appartenenza alla medesima del N., oltre la responsabilità del medesimo e del G. per i reati contestati.
2. Hanno presentato ricorso per cassazione i difensori degli imputati.
L’avv.to XXX per N. lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al reato associativo sostenendo che la sentenza di appello difetta di specificità in quanto non indica gli elementi da cui ricavare la ritenuta appartenenza del N. al sodalizio criminoso, neppure indicando perchè il medesimo dovrebbe identificarsi come stabile acquirente della droga importata dalla Spagna e specialmente perchè si possa ritenere partecipe di una associazione a tale fine quando il N. è risultato disponibile ad acquistare cocaina ora dal Ca., ora dal D. e cioè interessato unicamente all’acquisto di droga;
sarebbe frutto di travisamento del fatto l’aver ritenuto che N. ha fornito stabilmente la propria disponibilità a garantire con la propria carta di credito i contratti di noleggio delle auto con cui sono avvenute le importazioni; infatti una sola volta l’auto noleggiata con la garanzia prestata da N. è risultata coinvolta in un trasporto di stupefacente; negli altri casi si trattava di operazioni di noleggio lecite; nulla viene indicato quanto alla sussistenza del dolo specifico. Quanto ai reati contestati sub G) e P), manca la motivazione e la risposta alle censure svolte con l’appello. L’avv.to XXX per G. contesta la ritenuta responsabilità per il reato di cui all’art. 648 bis c.p., lamentando che la Corte di appello non ha tenuto conto dei motivi di appello, non ha motivato sull’elemento soggettivo del reato e non ha considerato che il G. era intervenuto quando l’immatricolazione era stata già effettuata dalla Motorizzazione al solo fine di ottenere la celere iscrizione del veicolo al PRA. Quanto ai fatti di droga, si era trattato di acquisti per il consumo di gruppo.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono infondati.
Deve preliminarmente rilevarsi che le censure svolte sono inammissibili nella misura in cui contestano la ricostruzione dei fatti quale è stata effettuata dalle sentenze dei giudici di merito, con diretto riferimento alle risultanze processuali e con indicazione di un travisamento delle stesse sostenuto sulla base di un sommario riferimento ad elementi di prova che, estrapolato dal contesto complessivo e atomisticamente richiamato, si rivela inidoneo, per genericità ed episodicità, a sostenere, anche dopo la riforma introdotta con la L. n. 46 del 2006, il vizio dedotto. I rilievi svolti possono dunque essere considerati solo sotto il profilo del difetto di motivazione, vizio che, per le considerazioni di seguito formulate, la Corte non ritiene sussistente. Fuori discussione è la sussistenza di una associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, avente le caratteristiche individuate fin dalla sentenza di primo grado, la cui esistenza peraltro risulta anche dalla sentenza di altra sezione di questa Corte che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dagli altri imputati, separatamente giudicati con il rito abbreviato. Il N. peraltro non contesta tale dato ma si limita a censurare la propria ritenuta appartenenza alla associazione stessa, sostenendo, in sostanza, che egli era stato solo un acquirente finale della cocaina e che la sua condotta era inquadrabile nel reato continuato ex art. 73, e non nella partecipazione alla associazione. La censura è infondata.
Con recenti decisioni (sez. 6, 21.9.2012 n. 465 Rv. 254225; sez. 6, 10.1.2012, n. 3509, Rv. 251574) questa Corte ha ritenuto che l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti sussiste non solo nel caso di condotte parallele poste in essere da persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto mediante il commercio di droga, ma anche nell’ipotesi del vincolo che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga agli acquirenti che, in via continuativa, la ricevono per immetterla al consumo. La diversità di scopo personale infatti non è ostativa alla realizzazione del fine comune, che è quello di sviluppare il commercio degli stupefacenti per conseguire sempre maggiori profitti.
Nè l’associazione criminosa può essere impedita dalla diversità dell’utile che i singoli partecipi si propongono di ricavare, oppure da un contrasto degli interessi economici di essi, posto che nè Cuna, nè l’altro sono di ostacolo alla costituzione ed alla persistenza del vincolo associativo. Importante è infatti, come si è verificato nella specie, che colui che opera come acquirente sia stabilmente disponibile a ricevere le sostanze, assumendo, così, una funzione continuativa, che trascende il significato negoziale delle singole operazioni, per costituire un elemento della complessa struttura che facilita lo svolgimento dell’intera attività criminale. Integra dunque la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui l’associazione fa traffico, perchè agevola lo svolgimento dell’attività criminosa dell’associazione ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento. Nella presente fattispecie, ben definita nella sentenza impugnata, la cui motivazione si salda e si integra con quella, più dettagliata, di primo grado essendosi sviluppata secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, risulta la posizione di N. la cui condotta partecipativa al reato associativo è correlata da un lato alla sua acclarata disponibilità (risultante da plurime conversazioni telefoniche puntualmente riferite dalla sentenza di primo grado) ed interesse all’acquisto continuativo di cocaina da Ca.Ma. e B.G., nella consapevolezza della presenza sullo sfondo di D.W. (il dottore) quale destinatario finale delle dazioni di denaro collegate all’acquisto della cocaina, cui B. e Ca. fornivano rendicontazione e facevano riferimento; e dall’altro, al ruolo dal medesimo svolto nella predisposizione della "linea di trasporto cocaina" (così definita sinteticamente dalla Corte di appello), cioè nel contributo dal medesimo dato nelle operazioni di noleggio di auto, poi utilizzate da altri personaggi appartenenti alla organizzazione per viaggi tra Roma e Barcellona, auto i cui contratti di noleggio erano fittiziamente intestati a tali C. e Ch. (persone realmente esistenti ma all’oscuro di tutto), i cui nominativi erano stati fornito a D.P., titolare dell’autonoleggio, proprio da N.; contratti garantiti inoltre (v. pagg. 43 e 44 della sentenza di primo grado) dalla carta di credito del N.; la circostanza che solo in una occasione l’auto così noleggiata sia risultata essere stata utilizzata per un trasporto di cocaina, non esclude la valenza probatoria del dato, atteso che fin dalla sentenza di primo grado sono stati messi in luce gli elementi (personaggi implicati e loro spostamenti) che hanno condotto i giudici a ritenere che l’attività di noleggio di cui si parla fosse funzionale al trasporto della cocaina dalla Spagna a l’Italia, anche se non sempre si è poi arrivati a controlli e sequestri confermativi di singoli invii.
L’affermazione di responsabilità risulta dunque ancorata a solidi e consistenti elementi probatori, potendosi osservare, quanto all’elemento soggettivo del reato, che la consapevolezza di essere inserito nel sodalizio e la volontà di far raggiungere allo stesso gli obiettivi che si è prefisso, in cui consiste il dolo specifico del partecipe, risultano delineati dalla stessa sentenza di primo grado che dimostra la consapevolezza da parte del N. di agire nei contesto di un gruppo di persone (spesso citate nelle telefonate intercettate) e sotto la direzione del D. quale referente finale.
Manifestamente infondato è il motivo che si riferisce ai fatti ex art. 73, di cui ai capi G e P, in quanto si tratta di censure formulate genericamente senza considerazione per le osservazioni dettagliatamente sviluppate dalla sentenza di primo grado e riprese dal giudice di appello (pag. 7).
Neppure merita accoglimento il ricorso di G. atteso che la responsabilità del medesimo per il riciclaggio dell’auto è stata logicamente spiegata (sulla base delle conversazioni telefoniche intercettate) con l’interessamento dal medesimo prestato durante l’intera operazione di re-immatricolazione dell’auto di illecita provenienza, e non nella sola fase finale, come sostenuto dalla difesa del G.; e quella per la cessione di stupefacente trova valida giustificazione nel rilievo che il tenore delle conversazioni intercorse con B. ed i contatti con i pretesi amici, smentiscono l’acquisto concordato e la distribuzione amicale della droga che sono elementi qualificati dell’uso di gruppo.
2. In conclusione, i ricorsi vanno rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *