Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-08-2012, n. 14398

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 23.1.2008) la Corte di appello di XXX ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla s.p.a. XXX e dalla s.p.a. Cassa di Risparmio di XXX (intervenuta in primo grado quale cessionaria di rami d’azienda) contro la sentenza del Tribunale di Parma che aveva accolto la domanda di revoca di rimesse bancarie azionata dal fallimento CET di XXX nonchè l’appello incidentale proposto dalla procedura appellata. La corte di merito ha limitato temporalmente le rimesse revocabili a quelle effettuate dopo il 2.3.1994 (epoca in cui la scientia decoctionis della banca era desumibile da vari protesti);
ha individuato le rimesse aventi natura solutoria risultanti dalla relazione del consulente tecnico per un ammontare complessivo di Euro 122.150,55 e ha condannato la curatela fallimentare a restituire alla s.p.a. XXX la differenza tra la somma di Euro 299.573,99 – da quest’ultima versata in forza della sentenza di primo grado – e la nuova somma revocabile individuata in appello.
Contro tale sentenza XXX s.p.a. – incorporante di XXX s.p.a. – e la s.p.a. Cassa di Risparmio di XXX hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Ha resistito con controricorso la curatela intimata la quale ha proposto, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi, resistito dalle ricorrenti con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..
2.1.- Il primo motivo del ricorso principale – con il quale le ricorrenti denunciano violazione di legge sull’assunto della pretesa applicabilità del nuovo L. Fall., art. 70, perchè avente natura interpretativa – è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale le modifiche apportate all’istituto della revocatoria fallimentare a seguito del D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 2 (convertito nella L. n. 80 del 2005) si applicano soltanto alle azioni proposte nell’ambito di procedure concorsuali iniziate dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, trattandosi di norme innovative che introducono una disciplina diversa per situazioni identiche; ne consegue che anche la disposizione della L. Fall., art. 70, ha natura innovativa e non d’interpretazione autentica, ove introduce, per l’ipotesi di fondatezza dell’azione – allorchè la banca non ha provato che le rimesse non avevano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito ovvero tale riduzione risulti comunque provata – un limite oggettivo al predetto obbligo di restituzione, secondo il criterio del massimo scoperto, cioè del differenziale tra l’ammontare raggiunto dalle pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e quello alla data del fallimento (Sez. 1, Sentenza n. 20834 del 7/10/2010).
2.2.- Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano vizio di motivazione e formulano la seguente sintesi del fatto controverso:
"il punto controverso che si assume contraddittorio è relativo alla revoca delle rimesse individuate dal consulente tecnico diverse ed ulteriori rispetto a quelle richieste in revocatoria con l’atto di citazione del primo grado; tale contraddittorietà rende la motivazione inidonea a giustificare la decisione, dal momento che il giudice di primo grado aveva esplicitamente limitato le rimesse revocabili a quelle dell’atto di citazione e la Corte di appello, pur dichiarando esplicitamente assorbito e, quindi, non accolto l’appello incidentale del Fallimento sul punto, senza, peraltro, alcuna specifica motivazione sulla questione, quantifica le rimesse revocabili come nella relazione del consulente tecnico".
Il motivo è inammissibile perchè denuncia come vizio di motivazione ciò che avrebbe dovuto formare oggetto di denuncia di nullità per ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., e senza, quindi, formulare idoneo quesito di diritto.
Sarebbe comunque inammissibile anche se prospettabile come vizio di motivazione perchè il motivo è formulato – in violazione del principio di autosufficienza – senza trascrivere le parti rilevanti dell’atto di citazione e, per converso, non risulta censurata la ricostruzione dei fatti processuali fatta propria dalla corte territoriale, secondo la quale il fallimento aveva chiesto "che la declaratoria di inefficacia colpisse tutte le rimesse analiticamente descritte in narrativa o che risulteranno provate all’esito dell’istruzione" (v. sentenza impugnata a pag. 4).
Quindi, anche di quelle emerse a seguito della disponenda c.t.u..
Nè rileva che nella sentenza impugnata non sia specificato in quale parte l’appello principale e quello incidentale erano stati accolti, perchè lo "spostamento" in avanti del momento rilevante ai fini della revocatoria (per effetto della delimitazione temporale della scientia decoctionis) aveva comportato una nuova valutazione della domanda, come sopra trascritta, anche alla luce dell’appello incidentale con il quale la curatela aveva chiesto anche la revoca delle rimesse ulteriori risultanti dalla consulenza (v. conclusioni riportate nella sentenza impugnata a pag. 3).
2.3.- Le considerazioni da ultimo svolte dimostrano l’infondatezza anche del terzo motivo, con il quale è denunciata la violazione degli artt. 112, 277, 336, 352 e 359 c.p.c. ed è formulato il seguente quesito di diritto: "vero che, ove il giudice d’appello dichiari di non accogliere un appello su un capo della sentenza di primo grado, la riforma di tale capo della sentenza, non dipendente da una parte riformata conseguentemente ad un appello principale o incidentale, costituisce una pronuncia ultrapetita, in quanto ultronea rispetto ai poteri ufficiosi del giudice e, pertanto, provoca la nullità di tal capo della sentenza".
Peraltro, il motivo – e tale rilievo è assorbente anche rispetto alla valutazione di infondatezza evidenziata sub 2.2 – è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., stante l’astrattezza e genericità del quesito di diritto che conclude lo stesso, in quanto privo di concreto riferimento alla fattispecie.
2.4.- Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano violazione falsa applicazione degli artt. 99, 112, 163, 183, 61 e 194 c.p.c., e formulano il seguente quesito di diritto: "è vero che, nell’azione revocatoria fallimentare, avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di più rimesse bancarie solutorie, non viene proposta una sola domanda, ma tante domande quante sono le rimesse ritenute revocabili, trattandosi di domande fondate su fatti costitutivi diversi, sicchè, ove anche il c.t.u. identifichi un maggior numero di rimesse rispetto a quelle indicate nell’atto di citazione, la domanda deve ritenersi limitata alle rimesse originariamente richieste, poichè l’estensione della revoca comporterebbe il riferimento a fatti costitutivi nuovi e non allegati con l’originaria domanda".
Invocano la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale "nell’azione revocatoria fallimentare, avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di più rimesse bancarie solutorie, non viene proposta una sola domanda, ma tante domande quante sono le rimesse ritenute revocabili, trattandosi di domande fondate su fatti costitutivi diversi, sicchè, ove in sede di precisazione delle conclusioni sia richiesta la revoca di un maggior numero di rimesse, rispetto a quelle indicate nell’atto di citazione, deve ritenersi che sia stata proposta una inammissibile domanda nuova, poichè l’estensione della revoca comporta il riferimento a fatti costitutivi nuovi e non allegati con l’originario atto di citazione" (Sez. 1, Sentenza n. 17090 del 24/06/2008).
Il motivo è infondato perchè secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte (alla quale il collegio intende dare continuità) non è affetta da nullità per indeterminatezza dell’oggetto o della "causa petendi", ai sensi del combinato disposto dell’art. 163 cod. proc. civ., comma 3, nn. 3 e 4 e art. 164 cod. proc. civ., comma 4 (nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990), la citazione contenente la domanda di revocatoria fallimentare di pagamenti costituiti da rimesse di conto corrente bancario, seppure manchi l’indicazione dei singoli versamenti solutori, qualora (come nella specie) siano specificamente indicati i conti correnti e la domanda si riferisca a tutte le rimesse operate su quei conti in un determinato periodo di tempo (ed indichi anche l’importo globale delle stesse), essendo sufficientemente specificati gli elementi (di cui al citato art. 163, comma 3, nn. 3 e 4) idonei a consentire alla banca l’individuazione delle domande contro di essa proposte (Sez. 1, Sentenza n. 14552 del 30/05/2008; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 6789 del 04/05/2012).
Dall’applicazione di tale ultimo principio discende che il giudice del merito era legittimamente investito della domanda di revoca delle rimesse aventi natura solutoria individuate dal consulente tecnico nell’ambito dei conti correnti specificamente indicati nella domanda nel preciso arco temporale quivi precisato.
2.5.- Con il quinto motivo le parti ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 25 e art. 75 c.p.c. e formulano il seguente quesito di diritto: se "è vero che le domande proposte dal fallimento che non sono state autorizzate dal giudice delegato, ove fondate su fatti costitutivi autonomi rispetto alle domande autorizzate, sono inammissibili in quanto, per le stesse, il curatore difetta di legittimazione processuale".
Il motivo è inammissibile perchè contiene una censura che dalla sentenza impugnata non risulta formulata nel precedente grado di merito e, in violazione del principio di autosufficienza, nel ricorso non risulta indicato dove e in quali termini la questione sia stata sollevata.
3.1.- Con il primo motivo del ricorso incidentale la curatela intimata denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, artt. 2727, 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e formula il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.: "accerti la Suprema Corte se la valutazione della sussistenza della scientia decoctionis debba essere commisurata alla specifica qualifica del soggetto chiamato in revocatoria e se l’onere probatorio in ordine all’accertata scientia decoctionis possa considerarsi assolto, in capo alla curatela, anche attraverso la presunzione".
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
In altri termini, "il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie" (Sez. 3, ordinanza n. 19769 del 17/07/2008) E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto – come nella concreta fattispecie – che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge perchè, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008).
3.2.- Con il secondo motivo del ricorso incidentale la curatela intimata denuncia vizio di motivazione e formula la seguente sintesi ex art. 366 bis c.p.c.: "il fatto controverso in relazione al quale la scrivente difesa censura la motivazione resa dalla Corte di appello come insufficiente e contraddittoria attiene al mancato riconoscimento della scientia decoctionis in capo all’Istituto XXX a far tempo dal mese di dicembre 1993 e fino al marzo 1994.
La motivazione resa dalla Corte è, infatti, insufficiente nella parte in cui motiverebbe tale esclusione per la non conoscenza del soggetto beneficiario dell’assegno circolare n. 1.200.958.923-08 intestato a Parma Protesti Parma e contraddittoria per avere attribuito al soggetto in capo al quale riconoscere sussistente o insussistente la scientia decoctionis la qualifica di creditore qualificato ed avveduto e, nonostante ciò, aver escluso la scientia decoctonis relativamente al periodo dicembre 1993 – marzo 1994 non attribuendo un indice rilevatore dello stato di decozione l’emissione, da parte dell’Istituto XXX, dell’assegno circolare n. (OMISSIS) intestato a Parma Protesti Parma".
Il motivo – là dove non è inammissibile perchè versato in fatto – è infondato perchè con adeguata e logica motivazione la corte territoriale ha evidenziato l’equivocità della circostanza del pagamento dell’assegno circolare, potendo essa – in assenza di altri sintomi di insolvenza fino al marzo 1994 – essere letta come persistenza della capacità di adempiere anche se in lieve ritardo ("ammettendo che sia plausibile l’ipotesi sopra affacciata, non può negarsi che abbia un fondamento l’obiezione secondo cui la CET in quel modo dimostrava di avere disponibilità di denaro sufficiente per evitare il protesto; tre giorni prima del 10/12, infatti, aveva versato un assegno tratto su altra banca dell’importo di L. 100 milioni che copriva tutto il passivo esistente sul conto (OMISSIS) da cui venne tratta la provvista per il circolare. D’altra parte, può rilevarsi che l’episodio è restato isolato ed in quel torno di tempo non si è accompagnato ad altri fatti sintomatici di una crisi").
4.- Sia il ricorso principale che quello incidentale, dunque, devono essere rigettati e la reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensando le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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