Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-05-2013) 21-06-2013, n. 27345

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Salerno, sezione di Eboli, con sentenza del 20 novembre 2009, ha confermato la sentenza emessa dal giudice di pace di Buccino nei confronti di R.R., con la quale il R. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p. e, concesse attenuanti generiche, è stato condannato ad Euro 800 di multa nonchè al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Si è trattato di un incidente stradale avvenuto in (OMISSIS), allorchè l’autoarticolato condotto da R. R. veniva in collisione con l’autovettura Peugeot proveniente dall’opposto senso di marcia, condotta da G.S., che all’esito dell’incidente riportava lesioni. Accertavano i giudici di merito che l’incidente era avvenuto all’interno della corsia dove procedeva l’autoarticolato dell’imputato e ritenevano la colpa anche del G. per avere sia pure parzialmente invaso la corsia di marcia opposta; la colpa dell’imputato era ravvisata nel fatto di non avere tenuto la propria destra (il veicolo viaggiava ad una distanza di circa 2,65 mt. dal margine destro della carreggiata), e nell’eccessiva velocità stimata in 6 km superiore a quanto consentito sul tratto stradale di percorrenza e comunque inadeguata alle condizioni di tempo (in ora notturna), di luogo (presenza di una curva) e al pesante carico dell’autoarticolato.

2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato.

Deduce con un primo motivo la nullità della sentenza per violazione degli artt. 185, 178 e 552 perchè il decreto di citazione a giudizio in primo grado era privo di qualunque descrizione fattuale della condotta illecita oggetto di contestazione. Con un secondo motivo deduce nullità ex art. 522 C.d.S. in quanto il tribunale ha condannato l’imputato sulla base di condotte non oggetto di contestazione e quindi per fatti nuovi e diversi da quelli indicati nel capo di imputazione. Infatti il giudice d’appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato non solo per la violazione dell’art. 143 C.d.S. e cioè per non aver mantenuto il margine destro della carreggiata (unica violazione contestata), ma anche e soprattutto per l’eccesso di velocità da parte dell’autocarro, eccesso di velocità non contestato e per il quale dunque il giudice di primo grado avrebbe dovuto trasmettere gli atti al PM ex art. 522. Con un terzo motivo deduce motivazione insufficiente ed apodittica; secondo il ricorrente non vengono spiegate le ragioni per le quali non si è tenuto conto della ricostruzione proposta dai consulenti dell’imputato e si è scelta invece la versione del perito nominato dal tribunale; viene eccepita la violazione dell’art. 192 e art. 546, lett. e) laddove, sulla base della sola perizia svolta nelle giudizio di appello, è stata ritenuta raggiunta la prova di una condotta di guida colposa da parte dell’imputato senza considerare le diverse indicazioni degli altri consulenti; posto che l’urto è avvenuto nella corsia di marcia dell’autocarro, arbitrariamente invasa dall’autovettura, si sarebbe dovuto escludere il nesso causale. Con un ultimo motivo il ricorrente si duole delle statuizioni civili della sentenza in quanto è stato interamente determinato e liquidato alla parte civile il danno morale in assenza di quantificazione del concorso di colpa attribuito al conducente dell’autovettura.

Motivi della decisione

1.1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio risultando il reato ascritto all’imputato estinto per intervenuta prescrizione e non manifestamente infondati i motivi di ricorso.

Trattasi infatti di reato di lesioni colpose commesso in data (OMISSIS), per il quale il termine massimo di prescrizione del reato è da individuarsi in sette anni e mezzo sia in base alla vigente disciplina della prescrizione sia in base a quella precedente la novella intervenuta con la c.d. ex L. Cirielli; termine decorso alla data del 1.5.2011, tenuto conto anche delle sospensioni del processo imputabili all’imputato o alla sua difesa.

L’esame dei motivi di ricorso deve comunque essere compiuto relativamente agli effetti civili, essendo giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte quella secondo la quale il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti civili e per tale decisione devono esaminare e valutare i motivi della impugnazione proposta dall’imputato, valutando criticamente la decisione adotta dal primo giudice; dalla ritenuta mancanza di prova della innocenza degli imputati non può automaticamente farsi derivare la conferma della condanna al risarcimento dei danni (Cass. 1.3.97 n.1983, Coltro – rv. 208657; Cass. 9.11.94 n.11211, De Lillo – rv.199625).

Il ricorso non merita accoglimento.

Nessuna nullità per genericità dell’imputazione o per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza si è verificata nel procedimento. La descrizione del fatto contenuta nel capo di imputazione contiene una sufficiente specificazione della condotta addebitata all’imputato in relazione all’incidente avvenuto, puntualmente indicato quanto a tempo e luogo del suo verificarsi ed anche a modalità dello stesso, non essendo necessario per la corretta contestazione dell’accusa la puntuale descrizione della modalità della condotta tenuta dall’imputato sotto tutti i possibili profili di colpa al medesimo addebitabili, richiamati nella contestazione con il riferimento alla negligenza, imprudenza ed imperizia nella conduzione dell’autocarro. Infatti, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte "In tema di correlazione tra l’imputazione e la sentenza, si ha mutamento del fatto quando la fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge subisca una radicale trasformazione nei suoi tratti essenziali, tanto da realizzare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale fra contestazione e sentenza, perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione non sussiste se l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione" (così sez. 6 14.6.2004 n.36003 Di Battolo, rv. 229756, vedi anche Sez. 6, 20.2.2003 n. 34051, Ciobanu rv. 226796). Nella specie il ricorrente è stato ben in grado di comprendere il significato dell’accusa formulata nei suoi confronti e di difendersi da essa anche in relazione alla velocità dell’autotreno, oggetto di indagine peritale fin dal primo grado di giudizio, le cui conclusioni sono state motivo di appello da parte dell’imputato e hanno comportato la nomina di un secondo perito da parte del Tribunale, onde certamente il diritto di difesa ha potuto estrinsecarsi in tutta la sua ampiezza.

Nel merito, l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito ed in particolare dal Tribunale sulla base della perizia appositamente disposta, non è censurabile. Infatti, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) i vizi della motivazione (anche il travisamento dei fatti deducibile sotto questo profilo) devono risultare "dal testo del provvedimento impugnato", mentre non possono derivare da un controllo della Corte di Cassazione sulla interpretazione e valutazione delle prove, che è compito del giudice di merito. Anche a seguito delle modifiche introdotte all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, il ricorso non può riguardare la verifica della rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali e non è consentito sollecitare alla Cassazione una rilettura degli elementi di fatto, atteso che tale valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito. Il sindacato della Cassazione è limitato alla sola legittimità, sì che esula dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali.

Nella specie, nel formulare le proprie censure il ricorrente non evidenzia, come imposto dalla legge, manifeste carenze o illogicità della motivazione, rese immediatamente palesi dalla lettura della sentenza impugnata, ma argomenta sulla possibile diversa interpretazione dei dati di fatto. Corretta e logica è la affermazione del concorso di colpa di entrambi i conducenti dei veicoli interessati dal sinistro, basato sull’accertamento compiuto dal perito nominato dal Tribunale, dettagliatamente riportato in sentenza tanto da consentire al giudice di condividerne la valutazione secondo cui entrambi i conducenti erano stati in colpa, il R. per la velocità non prudenziale, tenuto conto dell’ora notturna e della curva, velocità che non gli consentiva arrestare il proprio mezzo entro i limiti del suo campo di visibilità allorchè si rendeva conto che la Peugeot che arrivava dalla opposta direzione aveva, sia pure parzialmente, invaso la sua corsia di marcia.

Valutazione che corrisponde alla nozione di colpa che regola la materia della circolazione stradale atteso che la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare la intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, peraltro assolutamente indispensabile alla vita sociale e sempre più in espansione, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l’obbligo di preoccuparsi della possibili irregolarità di comportamento di terze persone, potendosi affermare che l’obbligo di prudenza impone anche di prevedere gli altrui comportamenti anomali.

Da ultimo è infondato anche il motivo che attiene la liquidazione del danno, avendo già chiarito la Corte di appello come la liquidazione del danno abbia riguardato solo il danno morale, rimanendo affidato al giudice civile la determinazione di quello patrimoniale anche in considerazione del concorso di colpa della persona offesa; statuizione singolare, ma non tale da dare luogo a nullità della sentenza.

2. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione con conferma delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione; conferma le statuizioni civili.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
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