Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-05-2013) 21-06-2013, n. 27344

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa in data 29 giugno 2011, a seguito di rito abbreviato, il Gup di Catania dichiarava B.V. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis perchè in concorso con M.G. deteneva illecitamente al fine di spaccio 262 grammi di marijuana suddivisa in 203 involucri;

concesse le generiche, ritenute equivalenti alla contestata recidiva reiterata, lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 18,000,00 di multa con interdizione dai pp.uu, per 5 anni oltre al pagamento delle spese processuali e per la custodia cautelare.

Disponeva, inoltre la confisca del denaro e dello stupefacente in sequestro.

La Corte di appello di Catania confermava in toto la sentenza di primo grado.

2.Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato per violazione di legge, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p. lett. b) e c). Viene censurata la sentenza di appello nella parte in cui ha negato l’attenuante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Secondo la difesa il diniego dell’attenuante è del tutto ingiustificato nel caso di specie: la legge stabilisce che l’attenuante ricorre quando per i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità della sostanza stupefacente i fatti sono di lieve entità; nella specie la Corte di appello avrebbe dato importanza al solo dato ponderale, in considerazione della ingente quantità della sostanza stupefacente sequestrata. Al contrario, afferma la difesa, per l’applicazione della attenuante de quo "il dato ponderale della sostanza detenuta assume valore preclusivo solo quando è preponderante, mentre qualora tale dato non sia rilevante assumono valore i parametri previsti dalla norma". Sotto un distinto profilo la difesa contesta l’applicazione della recidiva reiterata sostenendo che si basa su un presupposto erroneo; infatti le due sentenze emesse nei confronti dell’imputato riguardavano uno stesso fatto e non potevano quindi dar vita a recidiva.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso non merita accoglimento. Questi in breve i fatti: in data 31 dicembre 2010, il nucleo operativo dei Carabinieri di Paternò coglievano il B. ed il M. nell’atto di cedere ad un terzo soggetto, sopraggiunto a bordo di un ciclomotore, un involucro. Procedevano, quindi, a perquisizione.

All’esito della stessa venivano rinvenuti addosso all’odierno imputato 2 involucri contenenti marijuana per un peso complessivo di 3,1 grammi ed la somma di 360 Euro in banconote di vario taglio.

Sul muretto vicino al quale stazionava il B. veniva rinvenuta una scatola contenente 107 involucri di marijuana del peso complessivo di 100 grammi e, dietro allo stesso muretto, veniva ritrovato uno zaino contenente altri 94 involucri della medesima sostanza del peso di 157,7 grammi.

Dunque in totale venivano rinvenuti addosso ed in prossimità del B. ben 203 involucri di marijuana per un peso complessivo di 262 grammi. Nel corso della successiva udienza di convalida del fermo l’imputato ammetteva gli addebiti dichiarando che con i proventi della vendita della droga rinvenuta avrebbe provveduto a mantenere la propria famiglia. La sentenza di appello ha inoltre chiarito che nella sostanza sequestrata era stato rinvenuto un quantitativo pari a 14,019 gr. di THC, che avrebbe consentito di ricavare 560 dosi medie singole, pari a 28 volte il quantitativo di soglia minima consentita per la detenzione personale (tenuto conto del moltiplicatore 20 originariamente fissato con D.M. 11 aprile 2006) ed ha richiamato la premessa del Decreto del Ministero della Salute 11.4.2006, che ha proceduto alla indicazione dei limiti quantitativi massimi ai fini previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, dove è precisato che è stata individuata la dose media singola (essendo molto variabile da persona a persona la dose media giornaliera), "intesa come la quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente e psicotropo", come base del calcolo per ritenere presunta la detenzione al fine di spaccio. Ciò in quanto la dose media singola è "espressione di evidenza scientifica", e dai lavori preparatori delle tabelle di cui al citato decreto ministeriale si evince che la determinazione della dose media singola delle varie sostanze è stata calcolata con cautela.

Al dato ponderale così individuato, correttamente definito non irrilevante, la Corte ha aggiunto la circostanza del rinvenimento in possesso dell’imputato di una rilevante somma di denaro da ritenersi provento di spaccio, come peraltro ammesso dallo stesso imputato, formulando del tutto correttamente un giudizio negativo in ordine alla concedibilità dell’attenuante in parola, osservando che, sulla base delle complessive circostanze del caso, era ragionevole desumere il carattere sistematico del commercio di droga, costituente sintomo di una potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio. La valutazione non merita censura. Come più volte sottolineato da questa Corte, l’attenuante del fatto di lieve entità può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività della condotta deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, circostanze, modalità dell’azione). Nel caso in cui venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante la presenza degli altri (Cass., Sez. Un., 21 settembre 2000, n. 17; Cass., Sez. Un., 5 ottobre 2010, n. 35737, RV 216668). Ciò significa che se viene meno, come nel caso di specie, il carattere irrisorio del quantitativo detenuto, non rileva la presenza degli altri indici su menzionati. In altre parole, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale sul punto, il giudice deve prendere in considerazione tutti gli elementi indicati dal cit. D.P.R., art. 73, comma 5: mezzi, circostanze, modalità dell’azione, qualità e quantità della sostanza, ma quando anche uno soltanto di tali elementi porti ad escludere che la lesione al bene giuridico sia di lieve entità, deve negare l’attenuante.

Peraltro anche volendo ritenere fondata la ricostruzione propugnata dalla difesa secondo la quale "il dato ponderale della sostanza detenuta assume valore preclusivo solo quando è preponderante, mentre qualora tale dato non sia rilevante assumono valore i parametri previsti dalla norma", difficilmente si può escludere che nel caso di specie l’aspetto quantitativo-qualitativo non debba assumere un peso determinante assorbendo altre valutazioni relative alle modalità ed ai mezzi impiegati. In più anche le modalità del fatto non portano a ravvisare alcuna particolare tenuità della portata offensiva della condotta posta in essere dall’imputato: egli occultava sul suo corpo e nelle vicinanze del luogo ove stazionava ben 204 involucri di sostanza stupefacente ed è stato colto nell’atto di cederne uno. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso. Fin dal giudizio di appello la difesa del B. aveva contestato l’esistenza dei presupposti per ritenere sussistente la recidiva reiterata, facendo presente che le due condanne indicate al certificato penale riguardavano in realtà un unico episodio criminoso, avvenuto in un unico contesto. La circostanza risulta confermata dalla sentenza di questa Corte (sez. 1, n. 11757 del 2012) che ha riconosciuto la violazione del divieto del bis in idem in relazione al reato di resistenza commesso in danno di pubblico ufficiale in data (OMISSIS). Spetterà al giudice di rinvio revocare una delle condanne e determinare la pena, mentre in questa sede la situazione rileva sotto il profilo della accertata contestualità delle condotte rilevanti ai fini della recidiva, contestualità che esclude la possibilità stessa di ritenere la sussistenza della recidiva in ordine ai fatti di cui trattasi.

2. Deve pertanto essere annullata la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso; nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso; rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013

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