T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, Sent., 26-01-2011, n. 156

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 14 maggio 2010 e depositato il successivo 18 maggio 2010, le società ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti in epigrafe.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.
1. Nullità della deliberazione di GM del Comune di XXX n. 468 del 30 ottobre 2009 (anno erroneamente indicato in ricorso in 2010) per carenza totale di attribuzione, ovvero illegittimità, in parte qua, per incompetenza. Violazione dell’articolo 3, comma 3, D. Lgs. 507/93, dell’articolo 11 del "Regolamento comunale per la disciplina della pubblicità e delle affissioni e per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e del diritto delle pubbliche affissioni", e dell’articolo 42, comma 2, lettera a), D. Lgs. 267/00. La Giunta Municipale, all’articolo 14 delle norme tecniche del Piano Generale degli Impianti avrebbe modificato il procedimento di rilascio delle autorizzazioni già espressamente disciplinato in seno al citato Regolamento comunale per la pubblicità, stabilendo inoltre la decadenza di tutte le autorizzazioni già rilasciate precedentemente alla data di entrata in vigore del piano al momento del completamento della prima procedura di assegnazione degli spazi mediante bando pubblico. I vizi che inficiano la delibera dovrebbero conseguentemente propagarsi anche agli impugnati provvedimenti di rimozione, in quanto presupponenti l’intervenuta decadenza delle autorizzazioni, nonché la stessa gara di appalto, in quanto modalità non prevista dal citato Regolamento comunale per la pubblicità.
2. (In subordine rispetto al motivo 1) Illegittimità dell’ordine di rimozione e della declaratoria di revoca (anticipata) delle autorizzazioni per violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 delle norme tecniche del PGI. Eccesso di potere per errore nel presupposto, per contraddittorietà e per illogicità manifesta. Il Comando dei Vigili Urbani di XXX avrebbe ammonito la società ricorrenti che in data 10 maggio 2005 si sarebbe proceduto alla rimozione coattiva degli impianti pubblicitari, pur dando atto che le autorizzazioni sarebbero decadute solo il successivo 25 maggio 2005, data stabilita per la celebrazione della gara di appalto indetta ai sensi dell’articolo 14 delle norme tecniche del PGI, mentre lo stesso articolo 14 prevedeva la decadenza all’atto del completamento della procedura.
3. (In subordine rispetto al motivo 1) Illegittimità del bando e delle relative prescrizioni di gara per incompetenza, per eccesso di potere per sviamento, carenza o errore nel presupposto, contraddittorietà e illogicità. Il Regolamento comunale per la pubblicità prevederebbe che l’assegnazione delle superfici per affissione diretta avvenga con autorizzazione da assentirsi secondo il criterio del rilascio "a domanda" e non attraverso gare di appalto; inoltre il dirigente che ha indetto l’asta avrebbe assunto iniziative proprie del Consiglio Comunale (in base al disposto di cui all’articolo 107, commi 1 e 3, lettera f) del D. Lgs. 267/2000).
4. (In subordine rispetto al motivo 1) Inapplicabilità degli articoli 54 e 55 del D. Lgs. 163/06. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del Regolamento comunale per la pubblicità e dell’articolo 23, comma 4, Codice della Strada, e dell’articolo 53, Reg. esecuzione del Codice della Strada. Violazione degli articoli 23, 41 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per sviamento, per carenza o errore nel presupposto, per contraddittorietà e per illogicità. Le norme del Codice dei contratti non sarebbero applicabili al caso di specie in quanto l’attività commerciale dell’affissione diretta sarebbe semplicemente sottoposta ad autorizzazione ed assoggettata ex lege al solo pagamento della imposta pubblicitaria ed al diritto delle pubbliche affissioni.
5. Illegittimità, in via derivata, degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti. Ripropone i motivi del ricorso introduttivo
6. Illegittimità, in via derivata, degli atti impugnati con il ricorso per secondi motivi aggiunti. Ripropone i motivi del ricorso introduttivo.
Si sono costituiti sia il Comune di XXX che, in qualità di interventori ad opponendum, l’associazione A. e la A. SpA, formulando eccezioni e difese nel merito.
Questa sezione, con le ordinanze 10 giugno 2010, n. 718, e 22 luglio 2010, n. 973, Reg. Ord. Sosp., ha rigettato le domande di sospensione cautelare proposte con il ricorso introduttivo e con il ricorso per motivi aggiunti.
All’udienza del 12 gennaio 2010 il ricorso è stato trattato e trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti, con cui vengono prospettate le medesime censure dedotte con il primo atto, sono in parte irricevibili ed in parte inammissibili.
L’impugnativa relativa alla deliberazione della Giunta Municipale del Comune di XXX n. 468 del 30 ottobre 2009, avente ad oggetto "Piano Generale degli Impianti – Approvazione variante in ampliamento", che, secondo quanto dedotto con il primo motivo, sarebbe nulla perché adottata in totale difetto di attribuzione da parte della Giunta Municipale anziché del Consiglio Comunale, è irricevibile.
Il Collegio rileva in linea generale che nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi, oggi espressamente indicati dall’art. 21septies della legge 241/90, di provvedimento amministrativo mancante degli elementi essenziali, viziato da difetto assoluto di attribuzione, adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge; sul punto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che le "…cause di nullità del provvedimento amministrativo devono quindi oggi intendersi quale numero chiuso…" (TAR Lazio Roma, Sez. II, 9 febbraio 2009, n. 1337); la differenza tra nullità ed annullabilità, dal punto di vista processuale, si concreta soprattutto nel fatto che l’azione di accertamento della nullità può essere esperita sine die, salvo per quanto riguarda la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge che, ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a., deve essere proposta entro il termine di decadenza di centottanta giorni, mentre il provvedimento amministrativo annullabile di cui si contesta la legittimità deve essere impugnato entro i termini decadenziali applicabili alla fattispecie (ordinariamente 60 giorni, salvo termini più brevi nei riti speciali di cui al Libro IV del codice del processo amministrativo).
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la nullità per difetto assoluto di attribuzione di cui al citato art. 21septies, debba ritenersi ricomprendere solo la c.d. "carenza in astratto del potere", vale a dire la mancanza in astratto della norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo (ad esempio per esercizio del potere da parte di organo appartenente a plesso amministrativo diverso da quello legittimato; sul punto, TAR Campania – Napoli, Sez. VIII, 7 aprile 2010, nn. 1787 e 1788: "Per aversi incompetenza assoluta, il provvedimento impugnato avrebbe dovuto risultare adottato nell’esercizio di un potere normativamente conferito ad un organo appartenente ad un plesso amministrativo diverso da quello emanante"), con ciò facendo implicitamente rientrare nell’area dell’annullabilità le ipotesi di "carenza di potere in concreto" (TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, 4 novembre 2009, n. 1730; TAR Lazio – Roma, Sez. I, 3 marzo 2009, n. 2192).
Alla luce di quanto esposto, deve quindi ritenersi che eventuali vizi di incompetenza – ove esistenti – degli atti della Giunta Municipale in relazione all’ambito riservato al Consiglio Comunale debbano essere ricondotti alla categoria della annullabilità e non della nullità, appartenendo entrambi gli organi allo stesso plesso amministrativo, e comunque, prevedendo l’art. 11 del Regolamento comunale per la pubblicità che "Il piano generale degli impianti pubblicitari è approvato con apposita deliberazione da adottarsi dalla Giunta Comunale".
Va quindi esclusa la nullità radicale della citata deliberazione 468/09; da ciò consegue che le censure rivolte nei suoi confronti, e conseguentemente del PGI con essa approvato, sono tardive.
Nel caso di specie, il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari è atto autonomamente lesivo, in quanto contenente clausole direttamente incidenti in senso negativo sulla posizione delle società ricorrenti, che infatti provvedono ad impugnarlo sia sotto il profilo della cessazione di validità delle preesistenti autorizzazioni, sia sotto il profilo della introduzione del principio di concessione degli spazi mediante procedure di evidenza pubblica (sul punto, CGARS, 22 ottobre 2009, n. 975: "…la lesione dell’interesse è insita nelle disposizioni del regolamento e del piano impugnate, e non destinata ad emergere per effetto della partecipazione alla gara (…) essendo nelle previsioni regolamentari la cessazione degli effetti delle pregresse autorizzazioni, in esito al nuovo assetto derivante dalla attuazione degli atti impugnati…").
Deve quindi essere richiamato il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, in quanto atto generale, non sia soggetto a comunicazione individuale, e pertanto che il termine per una sua impugnazione decorra, per i soggetti non espressamente nominativi, dalla pubblicazione all’Albo Pretorio del Comune (Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3389).
Risulta dalla copia della deliberazione versata in atti in allegato al ricorso introduttivo sub 3 che essa "…è stata pubblicata all’Albo Pretorio di questo Comune per 15 giorni consecutivi, dal 8112009 al 22112009…".
Pertanto, l’impugnazione avrebbe dovuto essere proposta entro il 21 gennaio 2010 (60° giorno dal 15° giorno dalla pubblicazione all’albo), mentre il ricorso introduttivo risulta essere stato consegnato agli ufficiali giudiziari per la notifica il 14 maggio 2010.
Stessa sorte investe l’impugnativa rivolta avverso i successivi provvedimenti (bando, capitolato ed atti di gara), censurati con i motivi rubricati in epigrafe da 3 a 6 compresi, perchè contenenti doglianze che, ancorché rivolte nei confronti di tali atti, in quanto dirette a censurare l’introduzione del principio di concessione degli spazi mediante procedure di evidenza pubblica, muovono in realtà avverso norme del PGI, ed in particolare dell’art. 14 delle Norme Tecniche laddove si prevede che "…successivamente all’approvazione del Piano verrà pubblicato un bando per l’assegnazione di almeno il 50% delle superfici disponibili destinate agli operatori privati…"; pertanto, trattandosi di impugnazione intempestivamente rivolta verso atto presupposto autonomamente lesivo, deve essere dichiarata irricevibile (Cons. Stato, Sez. IV, 31 dicembre 2007, n. 6799; TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 20 febbraio 2008, n. 354).
Peraltro, in ragione della circostanza che le società ricorrenti non hanno partecipato alla gara, qualora le loro censure non fossero state volte a contestare in radice la legittimità stessa della scelta di utilizzare le procedure di evidenza pubblica, esse avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili per difetto di interesse (non essendo le doglianze rivolte a censurare clausole escludenti).
Sfugge, invece, alla dichiarazione di irricevibilità la parte del ricorso rivolta nei confronti della impugnata nota n. 71/2010 Pol. Ed. del Comando dei Vigili Urbani di XXX, censurata con il motivo rubricato in epigrafe sub 2).
Secondo quanto prospettato con tale motivo, il Comando dei Vigili Urbani di XXX avrebbe ammonito la società ricorrenti che in data 10 maggio 2010 si sarebbe proceduto alla rimozione coattiva degli impianti pubblicitari, pur dando atto che le autorizzazioni sarebbero decadute solo il successivo 25 maggio 2010, data stabilita per la celebrazione della gara di appalto indetta ai sensi dell’articolo 14 delle norme tecniche del PGI, mentre lo stesso articolo 14 prevederebbe la decadenza all’atto del completamento della procedura.
Nella citata nota 71/2010 si legge che "…in data 25/05/2010 sarà espletata la gara per l’aggiudicazione dei lotti (…) le autorizzazioni rilasciate in precedenza rivestivano carattere di provvisorietà e/o temporaneità e pertanto decadranno in data 25/05/2010 ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 del Piano Generale degli Impianti; Tutto ciò premesso, si invita codesta Spett.le Società a provvedere all’immediata rimozione degli impianti presenti sul territorio comunale, comunicando tempestivamente alla scrivente U.O. Polizia Municipale (…) la eventuale volontà di procedere in tal senso. Si precisa altresì che, in assenza di comunicazioni in merito, questo ente provvederà alla rimozione coatta degli impianti, secondo le vigenti normative in materia, a partire da Lunedì 10 maggio c.a. avviando nel contempo le procedure di smaltimento degli stessi…".
L’impugnativa del menzionato provvedimento è però inammissibile.
Vero è che l’art. 14 del Piano Generale degli Impianti prevede, al primo comma, che "Tutte le autorizzazioni rilasciate per la installazione degli impianti, precedentemente alla data di entrata in vigore del presente piano, decadono con il completamento della prima procedura di assegnazione mediante bando pubblico ed in ogni caso entro il 31 dicembre dell’anno di entrata in vigore del nuovo piano" (il successivo art. 15 prevede che il piano entri in vigore il primo gennaio 2010, rimanendo così fissata la data di decadenza delle autorizzazioni al più al 31 dicembre 2010), ma è anche vero che ciò ovviamente non implica che i provvedimenti di rimozione effettuati precedentemente al completamento della prima procedura di assegnazione in ragione della violazione di norme diverse da quelle del PGI (segnatamente del Codice della Strada e del suo Regolamento di esecuzione) siano illegittimi; sul punto, il Comune ha avuto cura di osservare che gli impianti oggetto della rimozione d’ufficio erano solo quelli che "… oltre ad essere stati abusivamente installati sul suolo demaniale, vanno rimossi "senza indugio" perché in contrasto con le norme di sicurezza del codice della strada ed il relativo regolamento…" (memoria di costituzione del Comune, pag. 7); il Comune ha quindi versato in atti la nota del Comando Polizia Municipale n. 9771/2010 Pol. Ed., in cui si legge che "L’attività sanzionatoria ad oggi adottata si individua nella fattispecie prevista dall’art. 23 del C.d.S. e suo Regolamento di esecuzione in ordine alla sicurezza della circolazione stradale e prevede obbligatoriamente "senza indugio" la rimozione degli impianti ai sensi e per gli effetti del comma 13 quater dello stesso articolo. Tutti gli impianti rimossi, per la loro ubicazione, palesemente ingeneravano confusione con la segnaletica stradale esistente in loco con conseguente distrazione e pericolo per la sicurezza della circolazione. Tutti gli impianti rimossi, anche nel caso fossero autorizzati alla installazione, si trovavano collocati in corrispondenza di intersezione ed in presenza di segnaletica stradale, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione stradale"; a tale nota sono allegati, a comprova, diversi verbali elevati dalla Polizia Municipale (verbali numero 16798 e 17077 del 10 maggio 2010, 17309, 17313, 17314 e 17315 del 13 maggio 2010), tutti elevati ai sensi dell’art. 23 del Codice della Strada, la giurisdizione sulle cui violazioni spetta al Giudice Ordinario.
Peraltro, le società ricorrenti non hanno indicato quali verbali di rimozione non fossero eventualmente riconducibili a violazioni del Codice della Strada.
Da ciò discende l’inammissibilità dell’impugnativa avverso il menzionato atto per difetto di interesse.
Infine, la rilevata tardività ed inammissibilità del ricorso conduce anche alla inammissibilità della domanda di risarcimento dei danni per mancanza dei necessari presupposti
Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso, comprensivo dei motivi aggiunti, parte irricevibile e parte inammissibile.
Condanna le socità ricorenti al pagamento in solido delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) pro quota nei confronti delle parti costituite, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Giamportone, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Diego Spampinato, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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