Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 20-06-2013, n. 26855

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23 aprile 2012, la Corte di appello di Napoli, 1A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del GIP del Tribunale in sede appellata da K.V., S.V., P.V., Z.D., Sh.Vo. e C.P., rideterminava la pena in otto anno otto mesi dieci giorni di reclusione ed Euro 3.200,00 di multa nei confronti di K.; in cinque anni sei mesi di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa ciascuno nei confronti di S. e P.;

confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale erano stati dichiarati colpevoli dei delitti di estorsione aggravata consumata (capo A ascritto a K.V., S.V., P. V. e Z., capi B e C ascritti al solo K.) e tentata (capo D ascritto a Sh.Vo. e C.P., con condanna di questi ultimi due rispettivamente a tre anni sei mesi di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa e quattro anni sei mesi di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa e di Z. alla pena di cinque anni sei mesi di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa).

La Corte territoriale, ripercorso lo sviluppo delle indagini che avevano preso le mosse dalla denuncia della cittadina ucraina B.S. (che aveva portato all’identificazione di K. e altri e all’inizio dell’attività di intercettazione telefonica) con accertamento dei reati di cui ai capi A e B, cui era seguita la denuncia di S.V. dalla quale sono derivate le contestazioni delle estorsione di cui ai capi C e D, nel merito confermava il giudizio di responsabilità del primo Giudice:

– quanto alla posizione di K. perchè le accuse di B. S. erano risultate attendibili, sia per infondatezza dei sospetti avanzati nei sui confronti di gestire autonoma attività estorsiva nei confronti degli autisti ucraini (fornitori dei beni provenienti dall’Ucraina, venduti nel mercatino di via (OMISSIS) trasferito successivamente in via (OMISSIS)) sia per la intrinseca coerenza sia perchè confortate dai risultati delle intercettazioni telefoniche, degli accertamento di p.g. effettuati l’11.4.2010 (con rinvenimento di considerevoli somme di danaro) e perchè (relativamente al capo C) anche le accuse di S.V. sono risultate attendibili. Ricorrevano i presupposti delle aggravanti contestate di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 mentre era da escludere la concedibilità delle attenuanti invocate. La pena doveva essere ridotta ex art. 63 c.p., comma 4;

– quanto alla posizione di Z. (che risponde di concorso nelle estorsioni di cui al capo A) la sua responsabilità a titolo di concorso con K. e provata dalla sua vicinanza a quest’ultimo, dalle conversazioni tra i due (oggetto di intercettazione) dall’accertato possesso della somma di Euro 920/00. Anche per lui sussistevano le aggravanti contestate e non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., sicchè la pena nei suoi confronti doveva essere confermata;

– quanto a S.V. e P.V. (che rispondono di concorso nell’estorsione di cui al capo A) gli elementi probatori a loro carico erano individuati nell’esplicito ruolo assunto in occasione del controllo di p.g., dell’iniziativa assunta dal primo per cercate un "accomodamento" con i Carabinieri, nelle dichiarazioni della persona offesa, nel ruolo attivo di P.. Sussistevano le aggravanti contestate. La pena poteva esser ridotta in relazione al ruolo;

– quanto a C.P. (che risponde di concorso nel reato sub D), le doglianze attinenti alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’art. 114 cod. pen nonchè alla quantificazione della pena non meritavano accoglimento perchè l’accertamento dei fatti dimostra il consapevole inserimento nelle attività estorsive caratterizzate dalla metodologia mafiosa;

– quanto a Sh.Vo. valevano analoghe considerazione.

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei difensori, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: 1) K.V. (avv. XXX):

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), quanto al capo A), in ordine alla ritenuta attendibilità di B.S., per non essere stato considerato l’interesse economico di cui è portatrice, tramite l’associazione "Futuro senza frontiere" e le denunce contro di lei per la gestione estorsiva del mercatino e comunque in ordine alla circostanza che nessuna accusa specifica è stata mossa nei confronti di K., nei suoi confronti essendo risultato neppure dalle intercettazioni telefoniche;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), quanto al capo B), per ragioni analoghe a quelle sopra indicate per il capo A);

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), quanto al capo C), perchè le argomentazioni della sentenza impugnata ricalcano quelle della sentenza impugnata e si fondano sulle dichiarazioni della persona offesa S.V., ritenuto attendibile nonostante le critiche mosse con l’appello e l’assenza di elementi di riscontro;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 ritenuta sussistente solo per le "modalità esecutive", senza che da nessun elemento di prova risultasse il riferimento ad alcun sodalizio criminale e che fosse indicato in cosa sarebbe consistito il metodo mafioso;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 per omessa risposta a specifica doglianza difensiva, a tal fine non valendo il generico riferimento alle modalità della condotta;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 perchè la motivazione adottata per ritenere inadeguata la somma offerta a titolo di risarcimento del danno non ha tenuto conto dell’importo messo a disposizione tramite ufficiale giudiziario;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alle attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 114 c.p. nonchè in relazione all’art. 133 c.p.;

2) Z.D. (avv. XXX), in ordine alla ritenuta attendibilità di B.S., per non essere stato considerato l’interesse economico di cui è portatrice, tramite l’associazione "Futuro senza frontiere" e le denunce contro di lei per la gestione estorsive del mercatino e comunque in ordine alla circostanza che la motivazione della sentenza impugnata nei suoi confronti ricalca quella della sentenza di primo grado senza considerazione delle doglianze mosse con l’appello, in particolare sul contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica, da cui risulta: che egli ignorava addirittura quale fosse il luogo di stazionamento dei furgoni provenienti dall’Ucraina; che non vi alcun riferimento alla raccolta di soldi; che non vi è alcun contatto con gli autisti; che B.S. non lo ha mai indicato come autore delle richieste di danaro; che egli ha dato spiegazioni esaurienti in ordine alla disponibilità del danaro trovato in suo possesso;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 ritenuta sussistente solo per le "modalità esecutive", senza che da nessun elemento di prova risultasse il riferimento ad alcun sodalizio criminale e che fosse indicato in cosa sarebbe consistito il metodo mafioso;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3) per omessa risposta a specifica doglianza difensiva, a tal fine non valendo il generico riferimento alle modalità della condotta;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alle attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 114 c.p. nonchè in relazione all’art. 133 c.p.;

3) P.V. (avv. XXX):

– violazione ed erronea interpretazione degli artt. 81, 110, 629 e 56 c.p., artt. 187 e 192 c.p.p. nonchè mancanza di motivazione in risposta alle critiche difensive mosse con l’appello avendo ritenuto la condotta concorsuale per il fatto che il suo furgone era stato indicato agli autisti come luogo dove effettuare la consegna del danaro e per il fatto che il figlio ha avuto una conversazione telefonica con V. in cui lo informava che erano passati quattro ragazzi che lo salutavano, senza la sussistenza di ulteriori elementi che dimostrassero il suo concorso nei reati di estorsione a lui ascritti;

– violazione ed erronea interpretazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e difetto di motivazione sia in ordine alla sussistenza della finalità agevolativa che alla sussistenza del metodo mafioso, senza tenere conto che il riferimento effettuato nel corso delle captazioni telefoniche da K. al R. come soggetto mandatario delle richieste estorsive e alla sua possibile reazione in caso di rifiuto di pagamento richiama la notorietà e pericolosità di un unico soggetto, circostanza che esclude la sussistenza della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, da condizioni di assoggettamento e di omertà, posto che difetta del tutto la prova dell’esistenza di un’organizzazione mafiosa e tanto meno della finalità agevolativa;

– violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 in difetto del requisito delle più persone riunite, per come stabilito di recente dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione;

– violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 nonchè difetto e illogicità manifesta di motivazione non essendo stati indicato in sentenza gli elementi dimostrativi dell’esistenza di associazione per delinquere di stampo mafioso e dell’appartenenza ad essa del soggetto agente;

– violazione ed erronea interpretazione dell’art. 114 c.p.;

4) S.V. (avv. XXX):

– violazione ed erronea interpretazione degli artt. 81, 110, 629 e 56 c.p., artt. 187 e 192 c.p.p. nonchè mancanza di motivazione in risposta alle critiche difensive mosse con l’appello avendo ritenuto la condotta concorsuale per il fatto che, in occasione del controllo da parte dei Carabinieri, si trovava vicino al furgone di P. V. ed era intervenuto "in corso d’opera" per impedire il sequestro dei telefoni cellulari attraverso la proposta di "accordo" con i militari operanti, in assenza di prova di partecipazione alla fase ideativa o esecutiva del delitto di estorsione, la condotta accertata potendo valere al più come prova del diverso delitto di favoreggiamento, tanto più che manca la prova che la somma sequestrata a P. fosse provento delle ipotizzate estorsioni.

La conversazione oggetto di intercettazione di n. 249 dell’11.4.2010 è dimostrativa eventualmente del tentativo di estorsione in danno di tale Sa.;

– violazione ed erronea interpretazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e difetto di motivazione sia in ordine alla sussistenza della finalità agevolativa che alla sussistenza del metodo mafioso, senza tenere conto che il riferimento effettuato nel corso delle captazioni telefoniche da K. al R. come soggetto mandatario delle richieste estorsive e alla sua possibile reazione in caso di rifiuto di pagamento richiama la notorietà e pericolosità di un unico soggetto, circostanza che esclude la sussistenza della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, da condizioni di assoggettamento e di omertà, posto che difetta del tutto la prova dell’esistenza di un’organizzazione mafiosa e tanto meno della finalità agevolativa;

– violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 in difetto del requisito delle più persone riunite, per come stabilito di recente dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione;

– violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 nonchè difetto e illogicità manifesta di motivazione non essendo stati indicato in sentenza gli elementi dimostrativi dell’esistenza di associazione per delinquere di stampo mafioso e dell’appartenenza ad essa del soggetto agente;

– violazione ed erronea interpretazione dell’art. 114 c.p.;

5) Sh.Vo. (avv. XXX):

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 ritenuta sussistente solo per le "modalità esecutive", senza che da nessun elemento di prova risultasse il riferimento ad alcun sodalizio criminale e che fosse indicato in cosa sarebbe consistito il metodo mafioso;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3) per omessa risposta a specifica doglianza difensiva, a tal fine non valendo il generico riferimento alle modalità della condotta;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 perchè la motivazione adottata per ritenere inadeguata la somma offerta a titolo di risarcimento del danno non ha tenuto conto dell’importo messo a disposizione tramite ufficiale giudiziario;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alle attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 114 c.p. nonchè in relazione all’art. 133 c.p.;

6) C.P. (avv. XXX).

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 ritenuta sussistente solo per le "modalità esecutive", senza che da nessun elemento di prova risultasse il riferimento ad alcun sodalizio criminale e che fosse indicato in cosa sarebbe consistito il metodo mafioso;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 per omessa risposta a specifica doglianza difensiva, a tal fine non valendo il generico riferimento alle modalità della condotta;

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alle attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 114 c.p. nonchè in relazione all’art. 133 c.p..

Motivi della decisione

1. Ricorso nell’interesse di K.V..

1.1. I primi due motivi di ricorso, relativi ai delitti di estorsione di cui ai capi A e B, sono manifestamente infondati, perchè si limitano a reiterare le doglianze mosse con l’appello, alle quali la Corte territoriale ha dato esauriente risposta attraverso argomentazioni dettagliate e congruenti che non vengono specificamente criticate e che quindi rimangono come valido supporto giustificativo alla decisione impugnata. In particolare in ordine alla valutazione di attendibilità della denunciante B. la sentenza ha compiutamente spiegato per quale motivo fossero destituite di fondamento le accuse mosse nei suoi confronti da alcuni degli odierni ricorrenti di gestire a sua volta (quale responsabile dell’associazione "Futuro senza frontiere") l’esazione forzata di contribuzioni economiche da parte degli autisti ucraini, al rilievo che nessuna azione violenta era a lei riconducibile e che anzi a fronte delle iniziative di K. e degli altri suoi fiancheggiatori non aveva esitato a rivolgersi alle forse di polizia.

La sentenza ha inoltre rammentato gli specifici elementi di conferma, scaturiti dalle intercettazioni telefoniche attivate a seguito della sua denuncia dell’11 gennaio 2010 (peraltro preceduta da altre di analogo tenore), conversazioni che avevano come protagonista tale V. (identificato nell’odierno ricorrente, perchè trovato in possesso del telefono cellulare con scheda telefonica corrispondete a quella da cui partivano le telefonate intercettate) e che erano esplicite nel loro contenuto estorsivo ai danni degli autisti ucraini costretti a versare somme di danaro, versamenti in concreto effettuati, per come accertato in occasione del controllo dell’11 aprile 2010, allorchè K. fu trovato in possesso (assieme ai coimputati di cui al capo A) di buste contenenti somme anche rilevanti di danaro (in una, indicante come destinatario R. – identificato poi in J.V. – personaggio che seguitava a gestire dall’Ucraina l’attività estorsiva, erano contenuti cinquemila/00 euro). Vero è quindi che la denunciante non ha indicato in maniera specifica i singoli episodi estorsivi a danno degli autisti ucraini, ma il ricorrente non formula alcuna critica ai passaggi argomentativi che spiegano che gli elementi di prova sono desunti dalle conversazioni oggetto di intercettazione.

1.2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine al terzo motivo di ricorso, che riguarda le estorsioni di cui al capo C), in danno di S.V., in quanto con esso ancora si reiterano le doglianze mosse con l’appello, trascurando di considerare che la sentenza ha spiegato che gli episodi denunciati sono circostanziati e corroborati anche dalle dichiarazioni di un collaboratore della persona offesa ( R.P.) oltre che dalle intercettazioni telefoniche attivate dopo la sua denuncia. L’indicazione di K. come esattore delle somme mensilmente versate secondo le pretese di R. (dopo che questi aveva fatto rientro in Ucraina) viene dai giudici di merito ricondotta a specifica dichiarazione della persona offesa e la prosecuzione dell’attività estorsiva, anche con intervento della fidanzata del ricorrente, è giustificata anche attraverso il risultato delle citate intercettazioni con motivazione che non è oggetto di specifica critica e che quindi rimane come valido supporto alla decisione adottata per tale capo.

1.3. Il quarto motivo di ricorso, che critica la sentenza impugnata per la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 è infondato.

La sentenza impugnata ha ritenuto provata la sussistenza di essa, sotto il profilo del metodo mafioso, ovverosia (per come specificamente contestato) dell’essersi i soggetti agenti avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p., cioè della forza di intimidazione derivante dall’organizzazione di tipo mafioso, metodologia specificamente descritta e giustificata sulla base degli elementi di prova acquisiti, a partire dalle denunce di B. S., confortate dagli accertamenti operati dalla polizia giudiziaria e dai risultati delle intercettazioni telefoniche, in conformità ai principi di diritto ripetutamente ribaditi da questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1^, 2.4.2012 n. 17532; Cass. Sez. 6^, 4.7.2011 n. 27666; Cass. Sez. 2^, 30.11.2011 n. 47404), in una situazione nella quale, sia pure in via incidentale, la sentenza impugnata ha indicato gli elementi dimostrativi dell’esistenza di un gruppo criminale di stampo mafioso, dotato cioè delle caratteristiche indicate dal citato art. 416 bis.

1.4. Infondato è anche il quarto motivo di ricorso che attiene alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3);

ribadito che è configurabile il concorso con l’aggravante di cui all’art. 7 D.L. cit. (Cass. Sez. 2^, 12.1.2012 n. 510; Cass. Sez. 6^, 22.1.2008 n. 27040), la sentenza impugnata ne conferma la sussistenza, fornendo giustificazione in ordine alla verifica dell’appartenenza del ricorrente ad associazione criminale di tipo mafioso.

Va ribadito che per l’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 628 c.p., comma 3, n. 3, è necessario che sia accertata l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso, ma non che via sia stata una sentenza di condanna o una formale imputazione in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p. (Cass. Sez. 5^, 8.4.2009 n. 26542; Cass. Sez. 1^, 1.12.2012 n. 6533).

Vero è che occorre, come già rilevato, offrire la prova dell’appartenenza del ricorrente ovvero di un concorrente nel reato ad associazione criminale di tipo mafioso (infatti la circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di un partecipe all’associazione di tipo mafioso si estende anche ai concorrenti, trattandosi di circostanza che, ancorchè soggettiva attiene alla qualità personale del colpevole: cfr. Cass. Sez. 6^, 25.9.2012 n. 41514).

Il che presuppone l’accertamento, almeno incidentale, dell’esistenza dell’associazione di tipo mafioso, perchè per qualificare come mafiosa un’organizzazione criminale è necessaria la capacità potenziale, anche se non attuale, di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all’organismo criminale. (Cass. Sez. 1^, 10.1.2012 n. 5888). Va tenuto presente che la motivazione (pag. 15) ha ricondotto al clima di omertà che si era creato il risultato probatorio delle indagini difensive. La Corte di appello ha posto in risalto "l’evidente reticenza" degli autisti sentiti in ragione del radicamento del controllo esercitato da anni "come dimostrano le pronunce, le informative e le annotazioni di servizio, precedenti e successive ai fatti dell’aprile 2010, in atti….".

La sentenza impugnata ha riportato, a conforto del rilevato clima di intimidazione riconducibile al vertice organizzativo ( R. cioè J.V.), i passaggi significativi di numerose conversazioni telefoniche intercorse fra K., tale O. e R., il cui contenuto si salda con quanto denunciato da B.S. e quanto verificato dalla polizia giudiziaria in occasione del controllo effettuato il 10 aprile 2010. Vi è stato quindi un approfondita verifica, ancorchè incidentale, in ordine alla sussistenza di un’associazione criminale di tipo mafioso in quanto basata sulla forza di intimidazione del vincolo associativo con conseguente condizione di assoggettamento e di omertà dei connazionali esercenti attività di tipo economico nell’ambito territoriale presidiato dagli appartenenti all’associazione stessa.

La sentenza impugnata non ha mancato di sottolineare la coesione dei partecipi e la capacità di intervento dimostrata in seguito all’arresto di K., P. e C.P., con interessamento degli associati Sh.Vo. e G. L. per assicurare loro adeguata difesa tecnica mediante contatti con l’avvocato, argomentazione spesa al fine di ritenere provata l’appartenenza dei ricorrenti alla individuata associazione. Analoghi argomenti valgono anche per Z.D. (pag. 25 della sentenza impugnata) a favore del quale il fratello P. ( C.) sollecita l’invio di danaro per assicuragli adeguata difesa, a conforto della riscontrata frequentazione con K. per assicurare il pagamento di somme di danaro a titolo di estorsione da parte degli autisti ucraini.

1.5. Infondato è il motivo di ricorso che critica la motivazione della sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.

Va ribadito che in tema di circostanza attenuante del risarcimento del danno, il carattere integrale dello stesso nel delitto di estorsione va verificato in funzione del duplice oggetto della condotta dell’agente in relazione all’interesse leso, dovendo in esso quindi ricomprendersi, oltre al danno cagionato contro il patrimonio dall’azione diretta all’impossessamento della cosa, anche quello fisico o morale, prodotto alla incolumità personale od alla libertà individuale della persona offesa (cfr. Cass. Sez. 2^, 13.1.2011 n. 6479).

La sentenza ha congruamente giustificato il proprio convincimento, con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

1.6. L’ultimo motivo di ricorso è inammissibile per genericità. Le dettagliate argomentazioni della sentenza impugnata in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena non sono infatti criticate in maniera specifica; la doglianza è proposta in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

2. Ricorso nell’interesse di Z.D. (avv. XXX).

2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per ragioni analoghe a quelle già svolte al par. sub 1.1. nei confronti di K. in riferimento sia alle critiche relative alla ritenuta attendibilità della denunciante B. sia alla posizione personale di Z.. Per queste ultime, in particolare, il ricorso si limita ancora a reiterare le stesse doglianze mosse con l’appello, doglianze alle quali la Corte territoriale ha provveduto a dare risposta avendo passato in rassegna il contenuto delle comunicazioni telefoniche, specificamente di quella n. 258 dell’11 aprile, per dare conto della sua valenza dimostrativa della consuetudine della frequentazione con K. e della condivisione dei rapporti con gli altri concorrenti ned’ attività estorsiva. Tale parte della motivazione non è stata oggetto di specifica critica e quindi resiste come valido argomento giustificativo della decisione adottata, connotando di genericità tale motivo di ricorso.

2.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono infondati per ragioni analoghe a quelle già formulate per il ricorrente K. ai paragrafi sub 1.3. e 1.4., motivazioni alle quali si rinvia, sicchè anche per Z. si impone il rigetto del ricorso sui detti punti.

2.3. L’ultimo motivo di ricorso è inammissibile per genericità in riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti di cui agli artt. 114 e 62 bis c.p. perchè a fronte della puntuale motivazione della sentenza impugnata, che ha dato conto sia delle ragioni per le quali ha escluso la pretesa marginalità del ruolo sia delle ragioni per le quali non sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti generiche, si limita ad insistere sulla valenza del comportamento processuale.

Anche il motivo relativo alla pena è dedotto in maniera inammissibile. La sentenza (pag. 26-27) ha rammentato la genericità della doglianza sul punto per avere l’appello indicato quale specifica circostanza era stata trascurata in riferimento alla valorizzazione della gravità dei fatti e del giudizio sulla personalità dell’imputato. Tali argomenti sono stati di nuovo oggetto di critica generica, sicchè restano come valida giustificazione della decisione adottata sul punto.

3. Ricorso nell’interesse di P.V. (avv. XXX).

3.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

La sentenza ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto il concorso del ricorrente nell’attività di estorsione facente capo a K. e ne ha dedotto la sussistenza con l’indicazione degli elementi di natura fattuale, oggetto di accertamento da parte degli organi inquirenti, attraverso la logica lettura di quanto risultante dalle intercettazioni telefoniche effettuate l’11.4.2010, il servizio di osservazione approntato dalla polizia giudiziaria, l’identificazione del ricorrente e il rinvenimento in suo possesso delle buste contenente danaro (una delle quali con indicazione come destinatario R.). Circostanze, che in ragione della loro contestualità, sono state valutate come dimostrative della consapevole condivisione delle condotte poste in essere dagli altri coimputati, e quindi della prova del concorso nei reati di estorsione oggetto di contestazione, senza che assuma alcun rilievo la mancata identificazione delle persone offese (cfr. Cass, Sez. 2^, 7.1.2011).

Va inoltre ribadito che ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato è sufficiente dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di agire in comune, (ex plurimis Cass. Sez. 6^, 19.10.2012 n. 46309). La sentenza ha specificamente rammentato (pag. 9) che in sede di interrogatorio egli aveva riferito di sapere che K. si occupava di estorsioni ai danni degli autisti ucraini e che faceva parte dell’organizzazione criminale ucraina facente capo a R., con confessione quindi della sua consapevolezza della natura criminale della condotta del complice. Attraverso gli accertamenti operati in occasione del servizio di osservazione dell’11.4.2010, i giudici di merito hanno poi giustificato il convincimento che analoghe operazioni fossero state effettuate il 21 marzo precedente, in ragione del risultato delle intercettazioni telefoniche (valutate anche con riferimento alle dichiarazioni della denunciante B.), con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede. Sono questi gli episodi di estorsione, oggetto di addebito al capo A dell’imputazione, che la sentenza impugnata ha preso in considerazione e che hanno giustificato anche l’aumento di pena per la ritenuta continuazione (peraltro contenuto in sei mesi di reclusione e cinquecento Euro di multa).

3.2. Il secondo motivo di ricorso, che attiene alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 è infondato per i motivi indicati per il ricorrente K. al par.

1.3. al quale si rinvia.

3.3. Il terzo motivo di ricorso, che attiene alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1), è inammissibile perchè oggetto di deduzione per la prima volta in questa sede, in violazione di quanto disposto dell’art. 606 c.p.p., comma 3 in ipotesi nella quale non è possibile rilevare d’ufficio la questione implicando valutazioni di merito non consentite in questa sede.

3.4. Il quarto motivo di ricorso, che attiene alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 è infondato per le medesime ragioni già formulate per il ricorrente K. e di cui al par. 1.4. che precede e al quale si rinvia.

3.5. L’ultimo motivo di ricorso, che denuncia violazione ed erronea interpretazione dell’art. 114 c.p., è inammissibile perchè attiene a questione addotta per la prima volta in questa sede senza tenere conto del divieto in tal senso dettato dall’art. 606 c.p.p., comma 3, tanto più che l’accertamento relativo presuppone delle verifiche di merito non consentite in questa sede.

4. Ricorso nell’interesse di S.V. (avv. XXX).

4.1. Il primo motivo di ricorso è infondato per ragioni analoghe a quelle già spiegate per il ricorso di P. al par. 3.1. che precede, e al quale si rinvia, con la precisazione che, come risulta dalla sentenza impugnata (pag. 9), egli ha ammesso di aver prestato la sua collaborazione all’attività di P. (del quale si dichiarava dipendente) e di sapere che K. commetteva estorsioni (tanto che se ne dichiarava vittima, salvo poi assumere iniziative valutate come dimostrative della sua piena consapevolezza e condivisione dell’attività criminale esercitata, quali il tentativo di evitare il sequestro dei telefoni cellulari utilizzati nell’esercizio di tale attività e di proporre "un accomodamento" con i Carabinieri: pag. 7 della sentenza).

4.2 Il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 è infondato per le ragioni già indicate al par. 1.3. per il ricorrente K., al quale si rinvia.

4.3. Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, è inammissibile per le ragioni già indicate al par. 3.3. relativo ad analoga questione sollevata per il ricorrente P..

4.4. Il quarto motivo di ricorso, che denuncia violazione ed erronea interpretazione dell’art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3, è infondato per le ragioni già indicate al par. 1.4. per il ricorrente K., al quale si rinvia.

4.5. L’ultimo motivo di ricorso, che denuncia violazione ed erronea interpretazione dell’art. 114 c.p., è inammissibile per le ragioni già indicate al par. 3.5. per analogo motivo proposto dal ricorrente P..

5. Ricorsi nell’interesse di C.P. e S. V. (avv. XXX), da trattarsi unitariamente perchè in gran parte sovrapponibili.

5.1. Il primo motivo di ricorso, comune ad entrambi i ricorsi, con il quale si denuncia violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 è infondato per le ragioni già indicate al par. 1.3. del ricorso di K..

5.2. Il secondo motivo di ricorso, anche questo comune ad entrambi, con il quale si denuncia violazione dell’art. 628 c.p., comma 3, n. 3, è infondato per le ragioni già indicate al par. 1.4. del ricorso di K., al quale si rinvia, con la precisazione che la loro consapevole appartenenza all’associazione criminale facente capo a R. è illustrata dalla sentenza impugnata sulla base delle loro ammissioni in ordine alla partecipazione alle estorsioni di cui al capo D, poste in essere essendosi presentati alla persona offesa quali incaricati da R. (pagg. 11-12 della sentenza) e della condotta serbata dopo l’arresto di K. (in particolare C. si attivava per assicurargli assistenza legale e Sh. utilizzava le utenze cellulari munite di schede telefoniche acquistate nel negozio di S.V. costretto, su espressa e minacciosa richiesta, a cederle previa intestazione con false generalità).

5.3. Il terzo motivo di ricorso nell’interesse di Sh., che denuncia mancanza di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 è inammissibile, perchè la sentenza impugnata ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto inadeguata la somma offerta a titolo di risarcimento del danno arrecato a S.V., perchè ritenuta non risarcitoria del danno arrecato alla libertà morale e alla sicurezza personale della persona offesa, con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

5.4. Il terzo motivo di ricorso di C. e il quarto motivo di ricorso di Sh., con i quali entrambi i ricorrenti denunciano mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla quantificazione della pena, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., sono inammissibili per genericità perchè, a fronte delle puntuali argomentazioni spese dalla sentenza impugnata per giustificare il convincimento della mancanza dei presupposti per ritenerli meritevoli delle invocate attenuanti e della congruità della pena inflitta, si limitano a denunciare mancanza di "motivazione adeguata" senza alcuna critica specifica, in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

6. I ricorsi debbono in conseguenza essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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