Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 20-06-2013, n. 26851

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20 gennaio 2012, la Corte di appello di Napoli, 3 sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede appellata da M.C., Z.R. e G. B.P., riduceva le pene ai medesimi inflitte rispettivamente a otto anni quattro mesi di reclusione ed Euro 2.600 per il primo, cinque anni sei mesi di reclusione ed Euro 1.500 per il secondo, sei anni nove mesi di reclusione ed Euro 1.600 di multa il terzo;

confermava nel resto la sentenza impugnata, con la quale questi erano stati dichiarati colpevoli di alcuni episodi di estorsione in continuazione.

La Corte territoriale, dato atto della rinuncia ai motivi diversi da quelli attinenti la quantificazione della pena, valorizzava I’ implicita ammissione di responsabilità come dimostrativa di sia pur tardiva, resipiscenza ed in conseguenza riduceva per ciascuno la pena nella misura indicata.

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) M.C. e Z.R. (avv. A. S.): difetto di motivazione e violazione di legge in relazione alla riduzione della pena, in particolare al diniego delle chieste attenuanti generiche per M. e della prevalenza delle già riconosciute attenuanti generiche per Z.;

2) G.B.P.: per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’ ipotesi criminosa addebitata nonchè in ordine alla quantificazione della pena che avrebbe dovuto essere applicata nei minimi stante l’ottimo comportamento processuale e la modesta entità dei fatti.

Motivi della decisione

I ricorsi sono inammissibili per genericità perchè le doglianze sono state proposte in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dal’ indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’ art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

Non sono invero specificamente dedotti neppure i motivi a sostegno dei ricorsi di M. e Z., non essendo spiegato quali fossero le ragioni poste a fondamento delle rispettive richieste di riconoscimento delle attenuanti generiche ovvero di valutazione di prevalenza delle stesse, in modo da consentire in questa sede la verifica della specificità delle richieste stesse.

I ricorrenti debbono in conseguenza essere condannati al pagamento delle spese processuali nonchè di somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nella rilevata causa di inammissibilità, si quantifica in mille/00 Euro per ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013

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