Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 20-06-2013, n. 26848

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 09/06/2011, la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Bari in data 24/02/2010, assolveva C.R. dal delitto di associazione per delinquere di cui al capo sub 1) per non aver commesso il fatto e riduceva la pena in ordine ai residui reati di usura a lui ascritti ad anni tre e mesi sei di reclusione ed a Euro 8.000,00 di multa, con revoca della provvisionale a favore di P.F. e V.M. e condanna della refusione delle spese del grado in favore delle parti civili; confermava la confisca, ai sensi dell’art. 644 c.p., u.c., della sola somma di danaro pari ad Euro 48.350, e revocava la confisca degli altri beni sequestrati.

La Corte riteneva che non potesse affermarsi, con certezza, la sussistenza – nel nucleo familiare del C., di una sproporzione tra fonti legittime ed impieghi, con la conseguenza che andava escluso il presupposto che aveva legittimato la confisca L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies.

Alla suddetta conclusione, la Corte perveniva constatando la diversa valutazione del "costo medio della vita" pari ad Euro 261.378,50 effettuato dal C.t. dell’imputato, laddove, per il CT del P.m. ammontava ad Euro 477.994,93: tuttavia, ad avviso della Corte, il costo medio della vita calcolato dal CT del P.m., non era certo, sicchè, veniva ordinata la confisca, ex art. 644 c.p., comma 6, soltanto della somma di denaro pari ad Euro 48.350,00 indicata dal CT del P.m. quale profitto, vantaggio e compenso usurario dei reati ascritti al C..

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Corte di Appello di Bari deducendo omessa ed illogica motivazione per avere la Corte di Appello revocato la confisca a carico di C.R., disposta dal G.U.P. ai sensi della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies.

Secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe desunto l’incertezza, nel nucleo familiare di C., di una sproporzione tra fonti legittime ed impieghi dalla valutazione del "costo medio della vita" effettuata dal consulente della difesa – pari a Euro 261.378,50 – la cui relazione sarebbe, però, del tutto priva di elementi da cui trarre la quantificazione dei consumi della famiglia dell’imputato.

La Corte, infatti, non avrebbe offerto alcuna spiegazione in ordine all’attendibilità del dato fornito dal consulente dell’imputato ed alla sua maggiore attendibilità rispetto a quello del consulente del P.M.: quest’ultimo, infatti, stimando il medesimo costo in Euro 545.763,35, non solo aveva utilizzato i dati statistici ISTAT sui consumi medi delle famiglie pugliesi, ma aveva addirittura rettificato per difetto in Euro 477.993,93 il suddetto dato, quando il consumo risultava superiore al reddito dichiarato dalla famiglia C..

Pertanto, il Procuratore conclude osservando che la Corte territoriale non aveva confrontato tale dato relativo alla capacità di spesa del nucleo C. – stimato perfino al di sotto di quella mediamente sostenuta da una famiglia pugliese – con il tenore di vita e con la capacità di accumulo della ricchezza del C. e di sua moglie, che disponevano di una somma pari a Euro 158.000, in denaro o titoli, di un parco automezzi di un valore complessivo di Euro 82.430, e di un importante patrimonio immobiliare, e che nel periodo dal 1997 al giugno 2009 avevano dichiarato redditi complessivi rispettivamente per Euro 341.861,17 ed Euro 248.096,87.

3. Il ricorso è fondato per le ragioni illustrate dal ricorrente.

Infatti, la Corte territoriale, è pervenuta alla conclusione impugnata dal ricorrente sulla base della seguente testuale affermazione: "sulla base di tale diversa valutazione, non potendosi far assurgere a dato certo quello relativo al costo medio della vita formulato dal Consulente del P.M., difforme da quello elaborato e prospettato dal Consulente della difesa, deve escludersi che possa affermarsi, con certezza, la sussistenza, nel nucleo familiare del C., di una sproporzione tra fonti legittime ed impieghi, con la conseguente esclusione del presupposto che aveva legittimato la confisca ai sensi della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies".

La suddetta motivazione è fondata su una motivazione apodittica ("non potendosi far assurgere a dato certo quello relativo al "costo medio della vita" formulato dal Consulente del P.M., difforme da quello elaborato e prospettato dal Consulente della difesa"), che, in quanto non controllabile, dev’essere censurata.

La Corte è libera di ritenere più attendibile la C.T. del P.M. o quella della difesa (o, in alternativa, disporre anche una perizia d’ufficio), ma non può recepire acriticamente l’una o l’altra senza dare spiegazioni delle ragioni della propria decisione, tanto più che, nel caso di specie, come ha rilevato il P.G. ricorrente, a fronte di un’argomentata conclusione del CT del P.m., "non è dato comprendere da quali elementi questo consulente (ndr: il Ct della difesa) abbia tratto la quantificazione dei consumi della famiglia C.".

Altra illogicità e carenza motivazionale si riscontra, poi, nella circostanza, evidenziata dal P.G. ricorrente, che la Corte ha omesso ogni valutazione sul tenore di vita della famiglia C..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per nuovo giudizio;

Rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili B.D. e A. G..

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013

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