Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-08-2012, n. 14383

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15 settembre 2006, la Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame svolto da D.P.F. contro la sentenza di primo grado che, in contraddittorio con il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Comune di Roma, aveva rigettato la domanda proposta dalla predetta D.P. per l’accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento e la condanna dell’INPS al pagamento dei relativi ratei.

2. La Corte territoriale, condividendo le conclusioni cui era pervenuto il consulente officiato nel primo grado di giudizio – esiti di PAA arti inferiori con piede equino tali da incidere in maniera significativa sulla deambulazione, ma non comportanti compromissione delle capacità di espletare autonomamente gli atti quotidiani della vita – non contrastate efficacemente dalle osservazioni critiche dell’assistita, ha escluso la sussistenza delle condizioni per il diritto all’indennità di accompagnamento ritenendo le predette infermità tali da incidere in maniera significativa sulla deambulazione, ma non comportanti, tenuto conto della relativamente giovane età dell’assicurata e delle buone condizioni generali, compromissione della capacità di espletare autonomamente gli atti quotidiani della vita.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, D.P. F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso. Le altre parti sono rimaste intimate.

Motivi della decisione

4. Con tre motivi di ricorso, la ricorrente denuncia:

– violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 e vizio di motivazione per aver la Corte territoriale rigettato la domanda pur a fronte dell’accertamento dell’impossibilità di deambulare e per aver insufficientemente motivato sulla possibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o di una sedia a rotelle pur non potendo appoggiare a terra la pianta di un piede (primo motivo); omessa pronuncia e omessa motivazione per non essersi la Corte territoriale pronunciata sulla richiesta di provare l’uso costante, da due o tre anni, della sedia a rotelle da parte dell’assistita e per non aver motivato il mancato accoglimento della richiesta (secondo motivo);

– violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 anche per il diverso profilo dell’omessa valutazione congiunta delle diverse patologie, nella specie, unitamente alle gravissime difficoltà deambulatorie, la riduzione del visus, patologia neanche nominata dalla corte territoriale (terzo motivo).

5. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’INPS, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., per la mancata formulazione del quesito di diritto, posto che le censure svolte si informano alla prescrizione dettata dal codice di rito e applicabile ratione temporis.

6. Tanto premesso, il primo motivo del ricorso è meritevole di accoglimento e vanno, pertanto, ritenuti assorbiti gli altri motivi di doglianza.

7. La sentenza impugnata ha concluso per l’infondatezza del diritto all’indennità di accompagnamento con motivazione sintetica, non per questo sindacabile ma che tuttavia non fornisce una giustificazione logica e conforme ai principi di diritto, del giudizio da essa adottato, in adesione alle conclusioni dell’ausiliare officiato nel giudizio di primo grado, in riferimento alla ritenuta incidenza significativa sulla deambulazione delle infermità da cui risulta affetta l’assicurata e alla non compromissione delle capacità di espletare autonomamente gli atti quotidiani della vita.

8. La sentenza in questione enuncia l’infermità diagnosticata dal CTU (esiti di PAA arti inferiori con piede equino) e ne rimarca l’incidenza significativa sulla deambulazione, tuttavia, evocando circostanze quali la relativa giovane età dell’assicurata, della quale per vero non si ha contezza, e le buone condizioni generali, esclude la compromissione della capacità di espletare autonomamente gli atti quotidiani della vita.

9. Siffatti elementi imponevano al Giudice di raccordare la sua statuizione di rigetto della domanda ad un motivato esame delle condizioni reali della D.P., con accertamento, prima, ed apprezzamento, in seguito, dell’"incidenza significativa" dell’infermità da cui è risultata affetta sulla deambulazione.

10. Si aggiunga che, per la consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. 12521/2009 e numerose altre successive conformi) "le condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 1, comma 2) per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza; ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro costante inerenza al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, rilevando, quindi, requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilità".

11. In conclusione, la sentenza impugnata è da considerare affetta dai denunciati vizi di motivazione e, per tale ragione, se ne impone la cassazione, con rinvio della causa ad altro Giudice di merito per la rinnovazione dell’accertamento di fatto.

12. Il Giudice di rinvio, designato nella stessa Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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