Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-08-2012, n. 14382

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 24 novembre 2006, la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame svolto da S.G. contro la sentenza di primo grado che, in contraddittorio con l’INPS ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva rigettato la domanda proposta dal predetto S. per l’accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento, prima concessa e poi revocata, e la condanna dell’INPS al pagamento dei relativi ratei.

2. La Corte territoriale, condividendo le conclusioni cui sono pervenuti i consulenti officiati in giudizio, non contrastate efficacemente dalle osservazioni critiche dell’assistito, ha escluso la sussistenza delle condizioni per il diritto all’indennità di accompagnamento.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, S. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un articolato motivo. L’INPS ha resistito con controricorso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’ASL n. (OMISSIS) della Provincia di Milano sono rimasti intimati.

Motivi della decisione

4. Con un articolato motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, il ricorrente si duole del travisamento nell’interpretazione di una circostanza determinante, quale l’esclusione funzionale dell’arto superiore sinistro comportante l’impossibilità di eseguire autonomamente attività di tipo bimanuale risultante dalla consulenza tecnica d’ufficio, deducendo il vizio logico e l’assoluta mancanza della motivazione in ordine alla predetta esclusione funzionale dell’arto. Deduce, inoltre, un travisamento nella consulenza tecnica per aver l’ausiliare officiato in giudizio non rilevato e contraddittoriamente scritto che con manovra di distrazione i diversi sbandamenti sono ridotti.

5. Osserva il Collegio che il momento di sintesi formulato a corredo dell’illustrazione della censura, del tenore: "se la motivazione possa essere ritenuta congrua, completa,corretta giuridicamente, esente da vizi logici" riportando testualmente il passaggio motivazionale della sentenza impugnata che richiama le conclusioni degli ausiliari officiati in giudizio, non si informa ai criteri del 366-bis c.p.c., nè appare coerente con la censura svolta sul filo del vizio logico e della mancanza di motivazione.

6. Invero, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009), applicabile ratione temporis, deve ritenersi assolto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

7. Il motivo è, nella specie, totalmente privo dell’indicazione che soddisfi i predetti criteri, per aver sollecitato la Corte al mero e generico esercizio del sindacato sul vizio di motivazione senza informare il momento di sintesi alla prescrizione del codice di rito, in coerenza con il tenore della censura, invero svolta sul filo del vizio logico e della mancanza di motivazione in ordine all’esclusione funzionale dell’arto superiore sinistro.

8. In ogni caso va, peraltro, rilevato che le critiche alla consulenza tecnica e al riferimento, ivi contenuto, a sbandamenti dell’assistito, non sono state svolte riportando le medesime doglianze ed indicando di aver già contrastato tempestivamente, in sede di gravame, le conclusioni rassegnate, sul punto, dall’ausiliare.

9. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza non sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito nella L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis), per l’esonero dal pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin dall’atto introduttivo del giudizio, dell’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma (ex multis, Cass. 10875/2009; Cass. 17197/2010; Cass. 13367/2011; Cass. 5363/2012). Nulla per le parti rimaste intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 2.000,00 per onorari, e accessori di legge; nulla per le parti rimaste intimate.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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