Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-05-2013) 19-06-2013, n. 26700

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 5 dicembre 2012 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’istanza proposta da G.V., a mente dell’art. 309 c.p.p., avverso la misura cautelare in carcere in suo danno disposta dal GIP del medesimo tribunale, il precedente 20 novembre, perchè gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416 c.p., per aver fatto egli parte di una associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di rapine a furgoni blindati, nonchè di detenzione e porto di armi anche da guerra e di ricettazione di vari beni. In (OMISSIS) con condotta perdurante.

1.2 A sostegno della decisione, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, il tribunale richiamava alcune intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di OCP della P.G., le dichiarazioni auto ed etero accusatorie di M.G., coimputato del ricorrente. In particolare il Tribunale valorizzava le annotazioni di P.G. del 29.4.2012, relative ad un incontro del ricorrente con il capo dell’associazione D.V. ed altri sodali, tra i quali M.G.; le ulteriori annotazioni di P.G. del 4.5, 13.5 e 16.5.2012, tutte comprovanti la presenza del ricorrente in momenti cruciali dell’attività associativa quali il tentativo operato alle ore 11,00 del 13.5.2012 di assaltare il furgone portavalori dell’istituto di vigilanza "Il Notturno", tentativo fallito per il cambiamento improvviso di percorso del furgone rispetto a quello usuale; gli accertamenti sui tabulati telefonici comprovanti la presenza del ricorrente in detti momenti cruciali. Il tribunale, sulla base della valutazione critica delle anzidette acquisizioni, riteneva probatoriamente sostenuta l’ipotesi accusatoria con le contestate aggravanti e sussistenti, altresì, gravi esigenze cautelari, per legge soddisfabili soltanto con la misura della detenzione carceraria.

2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza l’indagato, assistito dal difensore di fiducia, il quale sviluppa ed articola tre motivi di impugnazione, con i quali denuncia difetto di motivazione e violazione di legge, anche processuale, in relazione all’art. 416 c.p., art. 192 c.p.p., comma 3 e art. 273 c.p.p..

2.1 Deduce, in particolare, la difesa ricorrente: l’ordinanza impugnata ritiene sussistente un adeguato quadro indiziario a carico dell’indagato per le condotte contestate ai capi B) e C) della rubrica cautelare, quadro indiziario in realtà inesistente; le armi sono state ritrovate in un garage nella esclusiva disponibilità di M.G.; nulla prova la disponibilità comune; nulla prova la volontà del ricorrente di possedere armi ed attrezzi in concorso con il M., le cui dichiarazioni non sono nè spontanee, nè costanti, nè attendibili, nè, soprattutto fornite di riscontro individualizzante; il tribunale non ha considerato che lo stesso M. ha ammesso che nessuno conosceva l’ubicazione del garage e che le chiavi del locale erano esclusivamente in suo possesso; non riscontra le accuse del M. l’attività di OCP annotata dalla P.G. il 29.4.2012, giacchè la busta di plastica estratta dal ricorrente dalla sua autovettura e caricata su quella del M. e da questi portata in un garage di (OMISSIS) con la scorta del ricorrente medesimo non prova alcunchè, tampoco il contenuto di quel bustone, che non compare infatti tra le cose sequestrate nel garage detto; non è comunque provata la condotta contestata di aver portato in luogo pubblico armi da fuoco; il ricorrente non risponde di alcuna condotta di rapina e di alcun reato fine e presso la sua abitazione la perquisizione effettuata non ha dato alcun risultato utile per l’accusa; giova sul punto osservare che il M. aveva accusato il ricorrente di detenere armi in casa e che tale accusa si è rivelata del tutto infondata; completamente manchevole di motivazione risulta poi la ritenuta gravita indiziaria in relazione alle condotte di ricettazione di cui ai capi D), E), F), G) ed H) dell’imputazione provvisoria; armi e giubbotti antiproiettili furono trovati nel garage del M. e non viene detto dal Tribunale perchè la loro ricettazione possa essere riferibile al ricorrente sulla base del loro ritrovamento in quel luogo; stesso discorso deve essere replicato in ordine alle ricettazione delle tre autovetture di cui alla contestazione richiamata; quanto al capo A) ed al reato associativo ivi contestato nessun riscontro individualizzante è stato indicato a conferma delle accuse del M.; a pag. 7 dell’impugnata ordinanza si indica come dato indiziario di accusa la intercettazione del 20.4.2012 di una telefonata del M. nella quale si individua nel ricorrente l’interlocutore perchè chiamato, quest’ultimo " E.", circostanza viceversa contraddetta dal testo della intercettazione, nella quale " E." non compare affatto.

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Giova rammentare che, ai fini dell’emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza" ex art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (principio ampiamente consolidato; tra le tante: Cass., Sez. 6^, 06/07/2004, n. 35671).

Orbene, ciò posto ritiene la Corte che legittimamente siano stati considerati gravemente indizianti, attesa la fase processuale in atto, sia le dichiarazioni accusatorie di M.G., presso il cui garage è stato sequestrato l’arsenale rubricato, i giubbotti antiproiettile e le autovetture ricettate, sia le intercettazioni telefoniche ed ambientali, sia le operazioni di O.P.C., della P.G..

Sul valore probatorio poi delle dichiarazioni etero accusatorie del M., diversamente da quanto opinato dalla difesa, ricorrono plurime conferme individualizzanti, quali gli incontri ripetuti dei componenti della banda, tra cui il G., la presenza del ricorrente rilevata dalla P.G. presso il garage del M. in occasione del suo utilizzo da parte di questi all’esito del trasporto di un bustone trasferito dal ricorrente dalla sua auto a quella del M.; le intercettazioni delle telefonate tra il ricorrente ed il M.; il tentativo di assalto al blindato dell’istituto di vigilanza "Il Notturno", andato a vuoto ma seguito dalla P.G. sia attraverso le intercettazioni delle telefonate tra il M. ed il ricorrente, sia con l’attività di osservazione della P.G. di Caivano sulla localizzazione dello stesso ricorrente nelle fasi preparatorie dell’impresa criminale, localizzazione confermata dalle celle agganciate dal suo cellulare.

3.2 Ha peraltro, in particolare, contestato la difesa ricorrente la ricorrenza dell’ipotesi accusatoria associati va in relazione al quadro indiziario acquisito al processo e la estraneità del G. ai reati fine consumati dal sodalizio.

Il rilievo non ha pregio.

Ed in vero, in tema di reato associativo, secondo reiterata lezione interpretativa di questa Corte, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno "status" di appartenenza, un ruolo funzionale, in esplicazione del quale l’interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Sviluppando poi tale premessa la Corte ha osservato che la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità, possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato, purchè si tratti di indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e però significativi "facta concludentia" – idonei, senza alcun automatismo probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Cass., Sez. 1, 11/12/2007, n. 1470; Cass., Sez. 3, 25/01/2012, n. 8024, con esplicito riferimento all’associazione per delinquere di tipo generico).

Orbene nel caso di specie a carico dell’indagato risultano adeguatamente provate a maggior ragione se in rapporto ai limiti della probatio minor richiesta nella attuale fase procedimentale, la presenza in occasione dei summit associativi presso il capo clan Donadio, i rapporti continui con alcuni dei sodali tra i quali il chiamante in correità M., la partecipazione al tentativo di rapina del 13.5.2012 organizzata dal gruppo.

Peraltro in materia va tenuto conto che in tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, è pur vero che le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato integrano i gravi indizi di colpevolezza soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da assumere idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto reato al soggetto destinatario di esse, ma è altrettanto certa la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Cass., Sez. 1, 01/04/2010, n. 19517) di guisa che deve considerarsi che detta chiamata in reità, siccome formulata nell’attuale contesto del procedimento, non deve certo mirare alla certezza processuale della responsabilità del chiamato, ma a farne ritenere, molto più semplicemente, probabile la prognosi di colpevolezza (Cass., Sez. 1, 20/09/2006, n. 35710).

E’ appena il caso poi di evidenziare che la partecipazione associativa integra prova logica in ordine alla disponibilità e conoscenza dell’arsenale in sequestro e di quanto oggetto delle contestate ricettazioni, prova peraltro corroborata sia dalle dichiarazioni collaborative del chiamante in correità, sia dall’osservazione diretta da parte della P.G. della presenza del ricorrente, con il M., nei pressi del garage ove erano custodite le cose poi sequestrate.

4. Il ricorso va, conclusivamente, rigettato ed al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013

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