Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-08-2012, n. 14376

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Svolgimento del processo
A.M. adiva il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Tempio Pausania assumendo di essere stata assunta da XXX nel luglio del 2003 e che, dopo la cessazione dell’appalto, avrebbe dovuto transitare alla dipendenze della nuova appaltatrice Idrotecna come gli altri dipendenti; aggiungeva che nel 2005 era in maternità a rischio, che era stata licenziata dalla XXX che le aveva detto che avrebbe dovuto trovare collocazione presso l’Etfas nuova subentrante nello stesso appalto. Il Tribunale di Tempio Pausania aveva respinto la domanda; ma la Corte di appello di Cagliari aveva poi stabilito il suo diritto ad essere assunta da XXX spa dal 31.5.2006 ai sensi dell’accordo sindacale del 6.5.2005. Con successivo ricorso la A. aveva adito il giudice del lavoro nuovamente in quanto l’XXX spa non l’aveva concretamente assunta; i colleghi erano stati invece tutti assunti con contratti a termine poi convertiti in rapporti a tempo indeterminato. La A. chiedeva quindi il trattamento riservato a quest’ultimi, anche per via della discriminazione subita come lavoratrice in maternità. Il Tribunale di Tempio con sentenza del 19.3.2009 rigettava la domanda.
Avverso detta sentenza interponeva appello la A. e la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 9.6.2010 accoglieva il ricorso e dichiarava l’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato tra le A. ed XXX spa dal 1.6.2006 con obbligo del pagamento delle retribuzioni a partire da tale data, detratto quanto eventualmente percepito.
La Corte rilevava l’esistenza di un precedente giudicato tra le parti secondo il quale non sussisteva il diritto dell’ A. ad essere assunta a tempo indeterminato da parte della XXX spa; pertanto il diritto da questa vantato non poteva derivare dall’accordo sindacale del 2005, ma dal trattamento riservato dalla XXX a tutti i dipendenti ex XXX (che non avevano trovato collocazione presso Idrotecnica), sulla base degli accordi sindacali del 2006 e 2007 che erano abbastanza chiari nello stabilire il diritto dei lavoratori già dipendenti delle società appaltatrici delle attività ex Esaf all’assorbimento. Tale impegno era emerso anche dalla prova per testi (rappresentanti sindacali) secondo cui nel 2007 era stato definito un Protocollo per la stabilizzazione di tutti i dipendenti ex XXX, stabilizzazione effettuata con il passaggio da Esaf ad XXX. La A. era stata discriminata essendo all’epoca in maternità e quindi non licenziabile da XXX; alla convocazione da parte della XXX spa la A. aveva replicato di essere in maternità ed aveva chiesto una nuova convocazione. Spettavano le retribuzioni, quindi, dal Giugno del 2006, data in cui sussisteva il diritto all’assunzione.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la XXX spa;
resiste la A.M. con controricorso; parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, si allega la violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme relative alla "cosa giudicata"; nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La stessa sentenza impugnata riferisce che vi era un giudicato in ordine all’insussistenza del diritto all’assunzione della A. a tempo indeterminato nei confronti dell’XXX; gli accordi del 2006 e 2007 non prevedevano alcun obbligo in tal senso e dovevano essere fatti valere ne precedente procedimento Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme relative all’interpretazione dei contratti collettivi, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Gli accordi del 2006 e del 2007 non sono stati esaminati, si parla in sentenza di un Protocollo intervenuto nel 2007, ma le retribuzioni ed il diritto all’assunzione sono stati riconosciuti già dal Giugno del 2006.
I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente essendo tra di loro connessi ed appaiono fondati. La stessa sentenza impugnata riferisce che il diritto della A. all’assunzione a tempo indeterminato non può derivare dalla precedente sentenza della Corte di appello di Cagliari (sez. distaccata di Sassari) che avrebbe escluso tale diritto; fonte del diritto in parola sarebbero invece gli Accordi sindacali del 2006 e del 2007 che tuttavia la Corte di appello nella sentenza impugnata non ha esaminato puntualmente limitandosi a sostenere che sarebbero "abbastanza chiari" nello stabilire l’assorbimento dei lavoratori già dipendenti delle società appaltatrici delle attività ex Esaf. Vi è quindi una vistosa carenza di motivazione posto che la diversa fonte contrattuale (rispetto all’accertamento giudiziale precedente) andava esaminata con cura mostrandone, se del caso, l’impegno assunto dalla XXX.
Quanto detto rileva anche per un successivo Protocollo ricostruito alla luce della prova per testi, stipulato nel 2007 del quale non si sono chiariti nè gli esatti contorni, nè il rapporto con i precedenti Accordi sindacali. Peraltro la scarna e poco comprensibile motivazione appare anche contraddittoria rispetto alle conclusioni adottate in sentenza posto che se la fonte del diritto erano due Accordi sindacali del 2006 e 2007 (fra l’altro non è stato chiarito neppure il rapporto tra i due Accordi) ed un Protocollo del 2007 (non è stata precisata la data) non è chiara la ragione per cui il diritto all’assunzione ed alle retribuzioni è stato riconosciuto dal Giugno del 2006. Pertanto tale punti andranno approfonditi in sede di rinvio nella quale si procederà ad un esame di merito delle fonti contrattuali prima menzionate ed ad una ulteriore valutazione degli effetti di tali fonti rispetto a quanto già affermato in sede giurisdizionale nel precedente giudizio.
Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione delle norme relative alla volontà delle parti in ordine al comportamento rinunciatario posto in essere dalla ricorrente a far data dal Luglio 2006. La lavoratrice era stata convocata e non aveva dato più notizie.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in tema di risarcimento del danno e/o di mora del creditore, nonchè l’omessa o contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo del giudizio. Era del tutto mancata una messa in mora da parte della lavoratrice.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente ed appaiono fondati.
Emerge dalla stessa sentenza impugnata che la A. fu invitata a presentarsi al lavoro, ma che allegò di essere in periodo di astensione per maternità. La Corte di appello ha omesso ogni verifica su a chi spettasse, anche in relazione alla documentazione inviata dalla lavoratrice, fissare o chiedere una nuova data di convocazione: non emerge dalla sentenza che la lavoratrice abbia precisato la durata della situazione di indisponibilità dovuta alla situazione di gravidanza, nè che abbia sollecitato la datrice di lavoro una volta che questa sia cessata. Non può ritenersi in via automatica che spettasse alla datrice di lavoro riconvocare la A. in difetto di una prova circa la conoscenza da parte della XXX del periodo di differimento richiesto dalla lavoratrice (in sentenza si afferma solo che quest’ultima aveva chiesto di fissarsi una nuova data, ma non si indica dopo quale data). Anche su tale punto appaiono necessari approfondimenti istruttori onde verificare a chi spettasse prendere l’iniziativa e se sia giuridicamente rilevante o meno (alla luce degli accertamenti da compiere) la mancanza di un atto di messa in mora specifico da parte della lavoratrice.
Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 425 c.p.c.: le informazioni sindacali erano avvenute senza indicazioni delle parti delle OOSS prescelte.
Il motivo è infondato in quanto alla luce della sentenza impugnata e in difetto di allegazioni di parte ricorrente si deve ritenere che i sindacalisti siano stati escussi in quanto testimoni e quindi al di fuori dell’operatività dell’art. 425 c.p.c..
In conclusione la Corte: accoglie i primi quattro motivi e rigetta il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Cagliari anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie i primi quattro motivi e rigetta il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Cagliari, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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