Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-05-2013) 19-06-2013, n. 26692

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Svolgimento del processo
Il Tribunale di Palermo, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di P.V.R., diretta alla revoca, per conflitto pratico di giudicati, della sentenza della Corte di appello di Palermo dell’11 luglio 2007, divenuta irrevocabile il 13 marzo 2009, che, confermando la sentenza del 5 luglio 2006 del Tribunale di Palermo, di condanna del P. in ordine al delitto di concorso cd. esterno in associazione di tipo mafioso, ebbe a riqualificare il fatto come partecipazione ad associazione mafiosa.
Il Tribunale ha tal proposito ricordato che il P. fu tratto a giudizio per rispondere del reato di partecipazione ad associazione mafiosa commesso dal (OMISSIS) e che fu condannato in primo grado con riqualificazione del fatto come concorso esterno in associazione mafiosa. Ha poi aggiunto che il termine iniziale della data di commissione del reato fu fissato tenendo conto del fatto che il P. era stato assolto con sentenza del Tribunale di Roma del 28 marzo 1992, per insussistenza del fatto, dalla medesima imputazione di partecipazione ad associazione mafiosa contestata fino al 28 marzo 1992.
Sulla base di queste premesse, il P. aveva rilevato che con le due sentenze sopra indicate si era verificata un’inammissibile duplicazione di giudicati, e pertanto aveva richiesto la revoca della sentenza di condanna.
Il Tribunale ha invece rilevato la diversità storica dei due fatti imputati e ha concluso l’esame della richiesta con il rigetto, anche evidenziando che sulla questione prospettata dalla difesa si era già pronunciato, con effetti preclusivi, il giudice della cognizione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo dei difensori avv.to XXX ed XXX, P.V.R., deducendo:
– violazione di legge in punto di individuazione del giudice competente per l’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione deve essere individuato nella Corte di appello di Palermo, e non già nel Tribunale di Palermo, dato che, interessata dall’impugnazione del solo imputato, pronunciò condanna per il reato di cui all’art. 416- bis c.p., riconoscendo la partecipazione all’associazione, e mutò dunque la qualificazione del fatto, in primo grado ritenuto entro la fattispecie del concorso cd. esterno nell’associazione di tipo mafioso "XXX". – Violazione di legge per la parte in cui l’ordinanza impugnata ha affermato di non poter esaminare la dedotta questione di violazione del bis in idem in quanto già affrontata e risolta dal giudice della cognizione. Il principio del ne bis in idem è, invero, principio generale dell’ordinamento e il giudicato non è più, sia sul piano della normativa nazionale che su quello delle incidenze della normativa sovranazionale,assolutamente intangibile. Il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto rilevare l’identità dei fatti.
Successivamente l’avv.to XXX ha depositato memoria di replica alla requisitoria del procuratore generale presso questa Corte e motivi nuovi con cui ha ribadito e ulteriormente argomentato in ordine alla doglianze già proposte con il ricorso.
Ancora dopo l’avv.to XXX ha depositato memoria difensiva, di replica alla requisitoria del procuratore generale e di ulteriore sostegno argomentativo al proposto ricorso.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso, che ha forza assorbente, è fondato, per le ragioni di seguito esposte e il conseguente accoglimento preclude l’esame del successivo motivo La competenza del giudice di appello in funzione di giudice dell’esecuzione si radica solo quando, come prescritto dall’art. 665 c.p.p., comma 2, la sentenza di condanna emessa in primo grado sia stata in appello riformata, fatta eccezione del caso di riforma esclusivamente in relazione alla pena.
La Corte di appello di Palermo ha riformato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città in punto di qualificazione del fatto, e il mutamento del titolo di reato non è certo un profilo di riforma che possa essere contenuto nei ristretti confini di quella attinente soltanto alla pena.
Questa Corte ha già stabilito il principio di diritto per il quale "allorchè la sentenza pronunciata nei confronti di più soggetti sia stata riformata in appello con l’assoluzione di taluno di essi, modificandosi per altri la pena per effetto di una diversa qualificazione giuridica di uno o più reati legati dal vincolo della continuazione, ricorre una modificazione della prima decisione che radica la competenza per l’esecuzione nel giudice di appello, dato che la diversa determinazione della pena non rappresenta la decisione principale di detto giudice, ma deriva da una diversa valutazione del fatto-reato originariamente contestato" – Sez. 1, n. 396 del 19/1/2000 (dep. 4/3/2000), confl. comp. in proc. XXX, Rv.
215370.
L’assunto è che la riqualificazione del fatto operata nel giudizio di appello – determini o meno una modifica della pena – incide in modo significativo sulla statuizione di primo grado, e quindi comporta l’individuazione del giudice competente per l’esecuzione nel giudice di appello.
Alla luce di questo principio di diritto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, e gli atti devono essere trasmessi alla Corte di appello di Palermo in modo che proceda all’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata a dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Palermo per quanto di competenza.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013

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