Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-08-2012, n. 14372

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Con provvedimento n. 196-21676/2008 del 13 marzo 2008, il Dirigente della Provincia di XXX determinò: di rettificare, in via provvisoria, le caratteristiche dell’impianto idroelettrico "XXX" sul torrente XXX ed affluenti – di cui era concessionaria la s.p.a. XXX – come segue: "4020 l/s;
potenza nominale media prodotta sul salto invariato di metri 812,70, 32.030 KW, in luogo di 24.492 KW originariamente concessi"; di riservarsi ulteriori rettifiche; di subordinare la concessione, tra l’altro, "al pagamento del canone demaniale e dei sovracanoni BIM e rivieraschi non ancora corrisposti, calcolati in ragione della potenza nominale media pari a KW 32.030".
2. – Con ricorso del 29 maggio 2008, la Comunità Montana Valli XXX e XXX ed il Comune di XXX impugnarono tale provvedimento dinanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche, chiedendone l’annullamento, "nella parte in cui rettìfica la potenza nominale media, alla quale sono ancorati il canone e i sovracanoni, sulla scorta della portata d’acqua effettivamente derivata e della conseguente potenza prodotta, come dichiarato dal concessionari, anzichè, sulla base dei medesimi dati, della portata derivabile e della conseguente potenza producibile".
Costituitasi, la Provincia di XXX, eccepì preliminarmente l’inammissibilità del ricorso – per non essere stata citata la concessionaria s.p.a. XXX – e, nel merito, chiese il rigetto del ricorso.
Il Tribunale superiore, in assenza della s.p.a. XXX, notificataria del ricorso introduttivo ma non costituita, con la sentenza n. 79/2011 del 23 agosto 2011, ha annullato l’atto impugnato.
In particolare, per ciò che in questa sede ancora rileva, il Tribunale superiore:
A) ha, pregiudizialmente, ritenuto "sussistente la propria giurisdizione di legittimità, in unico grado, con il presente gravame contestandosi innanzitutto il potere provinciale di revisione concessoria, alla luce della sicura modificabilità e/o revocabilità del relativo oggetto per sopravvenute esigenze pubblicistiche (v.
R.D. n. 1775 del 1933 cit., artt. 14, 35 e 40, in relazione ai disciplinari in questione), e del corretto operato della Provincia di XXX previe le necessarie misurazioni, in rapporto ai due disciplinari del 1921 e del 1924";
B) ha ritenuto altresì insussistente "Ogni altra ipotizzata questione preliminare, attinente all’asserito difetto di notificazione, …, essendosi notificato il ricorso anche all’XXX, che non ha ritenuto di costituirsi in giudizio";
C) quanto al merito della controversia, ha affermato, in generale, che "deve … farsi riferimento alla potenza sviluppabile in rapporto alla risorsa idrica che l’impianto può utilizzare, per cui la potenza nominale media non si ricollega alla semplice capacità produttiva, ma alla portata d’acqua che il concessionario trova a propria disposizione e può sfruttare per finalità energetiche viene richiamata la sentenza della Corte di Cassazione n. 16602 del 2005:
per tale condivisibile principio, il sovracanone va computato in riferimento alla potenza idroelettrica producibile, vale a dire alla portata d’acqua messa a disposizione del concessionario";
D) in particolare, ha affermato che, "Nella specie, sia i due disciplinari sopra citati sia il verbale di collaudo provvisorio …
contemplano la possibilità di un aggiornamento periodico di canoni e sovracanoni, onde conservarne la proporzionalità rispetto all’attività imprenditoriale svolta dal concessionario, nell’esercizio di una potestà riconosciuta all’ente provinciale sia dalla Regione Piemonte (la cui peculiare disciplina normativa si applica alla fattispecie, in luogo di quella statale) che dal Ministero dell’ambiente, per cui legittimamente, dopo aver riscontrato una significativa differenza tra energia prodotta e producibile, sì è imposto un sovracanone correlato a quest’ultima, onde serbare intatto il rapporto sinallagmatico collegante l’ente concedente all’impresa concessionaria".
3. – Avverso tale sentenza la s.p.a. XXX (già s.p.a. XXX) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura, illustrati con memoria.
Resistono, con controricorso, la Comunità Montana Valli XXX e XXX ed il Comune di XXX.
La Provincia di XXX, benchè ritualmente intimata, non si è costituita nè ha svolto attività difensiva.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE 1. – Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e mancata applicazione di legge: R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e succ. mod., art. 151. Nullità dell’atto introduttivo del giudizio. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta e mera apparenza della motivazione ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 201"), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettera B), deduce che il ricorso introduttivo del presente giudizio, pur indicando nel frontespizio la s.p.a. XXX, non contiene la citazione a comparire della stessa e sostiene che i Giudici a quibus, travisando l’eccezione preliminare sollevata – che concerne non già l’omessa notificazione del ricorso introduttivo ma, appunto, l’omessa citazione a comparire – avrebbero dovuto rilevare, d’ufficio, la nullità del ricorso.
Il motivo è infondato.
Il R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 151 – dopo aver statuito che "Ogni istanza ai Tribunali delle acque pubbliche si propone con ricorso notificato …" (comma 1) -, dispone, al terzo comma: "Nel ricorso deve essere contenuta la citazione a comparire dinanzi al Giudice del Tribunale delle acque delegato a norma dell’art. 157 della presente legge".
A sua volta, lo stesso R.D. n. 1775 del 1933, art. 187, comma 1, stabilisce: "Non sono ammesse altre nullità di forma degli atti del procedimento, fuorchè quelle che lasciano assolutamente incertezza sulle persone, sull’oggetto dell’atto, sul luogo o sul tempo della comparizione, ovvero che concernono l’assenza dell’atto".
Nella specie, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la Comunità Montana Valli XXX e XXX ed il Comune di XXX – pur indicando, nell’epigrafe, che il ricorso è proposto "contro la Provincia di XXX in persona del Presidente" e "nei confronti di XXX spa in persona del legale rappresentante" – "citano" esclusivamente la Provincia di XXX "a comparire avanti all’Ecc.mo Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche … in XXX, XXX, XXX, all’udienza del 8 ottobre 2008, ore di rito, Consigliere delegato designando, con l’invito a costituirsi …". Tuttavia, dagli atti di causa – esaminabili direttamente da questa Corte in ragione del denunciato error in procedendo – emerge che detto ricorso è stato notificato alla s.p.a. XXX, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., in data 19 maggio 2008, come risulta dal retro dell’avviso di ricevimento, ove sono apposti il timbro della Società, la sottoscrizione della guardia giurata addetta ed, appunto, la predetta data della sottoscrizione e, quindi, del ricevimento.
Orbene – tenuto conto dei predetti due elementi, concorrenti ed univoci, della indicazione, nell’epigrafe del ricorso, della s.p.a.
XXX, quale soggetto "nei cui confronti" lo stesso ricorso è proposto, e della rituale notificazione del ricorso medesimo alla Società XXX presso la sua sede legale -, non v’è alcun dubbio circa la palese intenzione dei ricorrenti di instaurare il contraddittorio anche nei confronti della Società, ciò segnatamente, appunto, con la notificazione del su riprodotto ricorso che, in conformità con il R.D. n. 1775 del 1933, su menzionato art. 187, comma 1, – il quale è certamente norma speciale rispetto alle disposizioni del codice di rito civile -, non da adito ad alcuna incertezza "assoluta" "sulle persone, sull’oggetto dell’atto, sul luogo o sul tempo della comparizione".
2. – Con il secondo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’arr. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta e mera apparenza della motivazione ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 201"), la ricorrente critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha omesso di rilevare la carenza di legittimazione attiva della Comunità Montana Valli XXX e XXX, in quanto la L. n. 925 del 1980, art. 1 individua, quali beneficiari dei sovracanoni BIM i comuni appartenenti ai bacini imbriferi montani e non già la comunità montana, con la conseguenza che la Comunità montana contro ricorrente, per dimostrare la sua legitimatio ad causam, avrebbe dovuto produrre le deleghe dei singoli comuni facenti parte di tale Comunità montana e che, in mancanza, il provvedimento amministrativo impugnato sarebbe divenuto definitivo per tutti i comuni di detto bacino, ad eccezione del Comune di XXX.
Il motivo è infondato.
Deve premettersi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il divieto di produrre documenti nel giudizio di cassazione, in armonia con la sua esclusiva inerenza al controllo di legittimità della sentenza impugnata, trova deroga, in base all’art. 372 cod. proc. civ., per gli atti che riguardino l’ammissibilità del ricorso (o del controricorso) o la nullità della sentenza, oltre che, in via generale, per gli atti che investano questioni – quale quella di specie – deducibili per la prima volta o rilevabili d’ufficio nel giudizio medesimo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1085 del 1999 e 3340 del 2001).
Di qui, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la legittimità della produzione – da parte della controricorrente, unitamente al controricorso – dello Statuto della Comunità Montana Valli XXX e XXX.
L’art. 1 di tale Statuto stabilisce, al comma 1, che "La Comunità Montana è costituita … tra i Comuni facenti parte della zona omogenea "VALLI XXX E XXX" e precisamente …" e, al comma 6, che "La Comunità Montana, su delega di tutti i Comuni ricompresi nel bacino XXX montano del Torrente XXX, svolge le funzioni di Consorzio di Bacino XXX Montano del Torrente XXX".
Inoltre, nelle premesse della deliberazione della Giunta della Comunità Montana n. 94 del 28 novembre 2011, di autorizzazione alla costituzione nel presente grado del giudizio, si richiama "la deliberazione del Consiglio di Comunità Montana n. 25 del 7/06/1996, …, con la quale è stato assunto l’esercizio delle funzioni di "Consorzio di Bacino XXX Montano XXX" accettando le deleghe di funzione conferite da tutti i … Comuni ricompresi nell’ambito territoriale delio stesso bacino XXX".
E’ anche opportuno delineare il quadro normativo di riferimento, costituito dalla L. 27 dicembre 1953, n. 959 (Norme modificative al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, riguardanti l’economia montana), e dalla L. 22 dicembre 1980, n. 925 (Nuove norme relative ai sovracanoni in tema di concessioni di derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice).
La L. n. 959 del 1953, art. 1 dispone tra l’altro: al comma 1, che "Il Ministro per i lavori pubblici, sentito quello per l’agricoltura e foreste, stabilisce, con proprio decreto, quali sono i "bacini imbriferi montani" nel territorio nazionale e determina il perimetro di ognuno …"; al comma 2, che "i Comuni che in tutto o in parte sono compresi in ciascun bacino XXX montano sono costituiti in consorzio obbligatorio qualora ne facciano domanda non meno di tre quinti di essi"; al comma 8, che "I concessionari di grandi derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice, anche se già in atto, le cui opere di presa siano situate, in tutto o in parte, nell’ambito del perimetro XXX montano, sono soggetti, in sostituzione degli oneri di cui al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 52, al pagamento di un sovracanone annuo di lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall’atto di concessione"; al quattordicesimo comma, che "Nel caso di consorzio, il sovracanone di cui al presente art. è attribuito ad un fondo comune, a disposizione del consorzio o dei consorzi compresi nel perimetro interessato, il quale fondo è impiegato esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonchè ad opere di sistemazione montana che non siano di competenza dello Stato".
A sua volta, la L. n. 925 del 1980, art. 5 stabilisce che "Le regioni, ai sensi dell’art. 117 Cost., u.c. nel testo previgente alla riforma del 2001, acquisito l’assenso della maggioranza dei comuni e sentite le comunità montane, possono sciogliere i consorzi per i bacini imbriferi montani, trasferendone alle comunità montane funzioni, beni mobili ed immobili, attività e passività, rapporti giuridici, mezzi finanziari e proventi derivanti dai sovracanoni e stabilendo le modalità con le quali i comuni non ricadenti nel territorio di comunità montane, già consorziati e non, introitano i sovracanoni loro spettanti comma 1. Nel caso di comuni non appartenenti a consorzi ma situati nel territorio di comunità montane, l’introito del sovracanone è attribuito alla comunità montana a richiesta dei comuni interessati secondo comma. Gli introiti previsti dalla presente legge vengono utilizzati dai Consorzi per i bacini imbriferi montani, secondo le indicazioni fornite dalle comunità montane sulla base dei loro piani o programmi comma 3".
E’, dunque, evidente che – sulla base di tale quadro normativo, che non impedisce certamente ai comuni, facenti parte di un "bacino XXX montano" e costituiti perciò in consorzio obbligatorio, la delega delle funzioni del consorzio alla comunità montana, delle su richiamate disposizioni statutarie, che prevedono la possibilità che la Comunità montana Valli XXX e XXX svolga le funzioni di Consorzio di Bacino XXX Montano del Torrente XXX "su delega di tutti i Comuni ricompresi" in tale bacino, nonchè della deliberazione che autorizza la Comunità montana alla costituzione nel presente grado del giudizio, la quale richiama fa "la deliberazione del Consiglio di Comunità Montana n. 25 del 7/06/1996, …, con la quale è stato assunto l’esercizio delle funzioni di "Consorzio di Bacino XXX Montano XXX" accettando le deleghe di funzione conferite da tutti i … Comuni ricompresi nell’ambito territoriale dello stesso bacino XXX" – può legittimamente presumersi, in assenza di contestazioni specifiche della ricorrente, che la Comunità Montana contro ricorrente agisca nel presente giudizio quale delegata di tutti i Comuni ad essa partecipanti per lo svolgimento delle funzioni del Consorzio di Bacino XXX montano del Torrente XXX e sia, pertanto, munita di legitimatio ad causam, ivi compresa ovviamente l’impugnazione del provvedimento de quo, proposta con l’atto introduttivo del presente giudizio.
3. – Con il terzo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta e mera apparenza della motivazione ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 201") e con il quarto motivo (con cui deduce:
"Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta e mera apparenza della motivazione ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 201") – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, la ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo del vizio di mera apparenza della motivazione cfr,, supra, Svolgimento del processo, n. 2, lett. C), sostenendo che i Giudici a quibus: a) hanno omesso di considerare le norme della Regione Piemonte poste alla base del provvedimento impugnato dalla Provincia di XXX e che questa aveva specificamente richiamato nelle proprie difese; b) hanno omesso di considerare che la concessione de qua era soggetta ad un regime di proroga legale scadente il 31 dicembre 2015, con la conseguenza che, in forza di tale regime, la stessa concessione doveva ritenersi immodificabile quanto alle sue caratteristiche e, soprattutto, ai relativi canoni (vengono richiamati il D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12, commi 7, 10 e 11, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 485 e 486, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 15, comma 6-ter, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1; vengono richiamate altresì le sentenze della Corte costituzionale n. 1 del 2008 e n, 205 del 2011).
Anche tali motivi sono infondati.
Quanto alla censura sub a), la stessa è inammissibile, in quanto la ricorrente si limita a richiamare una serie di atti normativi della Regione Piemonte – una legge e due regolamenti regionali – lamentando che i Giudici a quibus avrebbero totalmente omesso di tenerne conto nella sentenza impugnata, senza dedurre alcunchè – come, invece, sarebbe stato suo preciso onere – in ordine alla specifica rilevanza di tali atti normativi per la risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.
Quanto alla censura sub b), la stessa è priva di fondamento.
Censure pressochè identiche sono state formulate in analoghe controversie tra le stesse parti decise da queste Sezioni Unite con le recenti sentenze nn. 4770 e 4771 del 2012, con le quali tali censure sono state ritenute prive di fondamento (e, in parte, inammissibili) con argomenti che il Collegio condivide totalmente.
In queste occasioni, infatti, è stato osservato che il motivo di censura, invocando le proroghe legali delle concessioni, presuppone erroneamente che la sentenza impugnata le abbia ritenute scadute. E’ vero che al D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12, comma 8-bis, (aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 15, comma 6-ter, lett. e, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1), norma tuttora in vigore, prevede che, anche qualora alla data di scadenza di una concessione non sia ancora concluso il procedimento per l’individuazione del nuovo concessionario, il concessionario uscente proseguirà la gestione della derivazione, fino al subentro dell’aggiudicatario della gara, "alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione vigenti", con la conseguenza che la scadenza della concessione, sin quando non sia individuato il nuovo concessionario, non comporta un regime normativo diverso da quello proprio della concessione scaduta. Ma, il Tribunale superiore, applicando i disciplinari delle concessioni, per ciò stesso non è incorso nell’errore di supporre che la scadenza delle concessioni attribuisse all’amministrazione concedente poteri diversi e maggiori di quelli consentiti in precedenza. L’espresso riferimento della sentenza ai disciplinari, inoltre, fa sì che l’affermazione della società ricorrente, secondo la quale le norme applicabili non contemplerebbero alcuna possibilità di modificare il contenuto delle concessioni, quanto alla potenza nominale degli impianti, è generica e inammissibile. La ricorrente non indica le disposizioni normative che negherebbero la possibilità della revisione della potenza nominale, mostrando di ritenere il divieto implicito nel fatto stesso della proroga legale, e non considera che, nello schema argomentativo del Tribunale superiore, la proroga invocata non può essere di ostacolo, ed è al contrario argomento favorevole, all’applicazione degli istituti contrattuali contemplati dal disciplinare e utilizzati nella decisione.
4. – Infine, con il quinto motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Mancanza assoluta, contraddittorietà e mera apparenza della motivazione ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 201"), la ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo del vizio di mera apparenza della motivazione (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lett. D), sostenendo che i Giudici a quibus: a) hanno falsamente applicato le clausole dei due disciplinari della concessione, ciò sul presupposto che tali clausole sono vere e proprie norme di diritto agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b) premesso che la possibilità di revisione della potenza nominale dell’impianto – contestata e peraltro non prevista dal R.D. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 24 – può aver luogo soltanto nel caso in cui essa sia prevista dagli atti regolativi della concessione, hanno omesso di considerare che, nella specie, il "Disciplinare suppletivo" del 28 novembre 1924 prevedeva detta possibilità solo in caso di accertamenti effettuati "all’atto del collaudo", atto mai effettuato.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile, come già ritenuto con le su richiamate sentenze di queste Sezioni Unite nn. 4770 e 4771 del 2012.
Il citato R.D. n. 1285 del 1920, art. 14 non contiene alcuna disposizione concernente la revisione della potenza nominale dell’impianto o il contenuto del disciplinare. Il motivo si fonda interamente sull’erronea premessa che le clausole del disciplinare della concessione, di cui al R.D. n. 1775 del 1933, artt. 11 e 40, sarebbero norme di diritto nell’accezione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, disciplinare in questione, invece, è atto amministrativo che integra la concessione e le cui previsioni, applicabili esclusivamente al rapporto concessorio regolato, non hanno carattere di generalità ed astrattezza. Di qui, la conseguenza che l’interpretazione delle clausole del disciplinare deve essere condotta con i criteri valevoli per l’interpretazione degli atti amministrativi, non già con quelli dettati dalle disposizioni sulla legge in generale. Dette clausole, inoltre, non sono conosciute d’ufficio dal giudice e, qualora la loro censura formi oggetto di ricorso per cassazione – come nella specie -, fermi i limiti del giudizio di legittimità, esse devono essere integralmente riprodotte nel ricorso. Nel motivo in esame la clausola del menzionato "Disciplinare suppletivo" – che, secondo la prospettazione della ricorrente, prevedeva la possibilità di revisione della potenza nominale dell’impianto solo in caso di accertamenti effettuati "all’atto del collaudo" – non è stata riprodotta, sicchè il motivo, per questa parte, è inammissibile.
5. – Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Così deciso in XXX, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2012

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