Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-08-2012, n. 14464

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza dell’11 ottobre 2006, la Corte d’Appello di Cagliari respingeva il gravame svolto da D.T. contro la sentenza di primo grado che, in contraddittorio con il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva rigettato la domanda proposta dalla predetta D. per l’accertamento dello stato di invalidità civile con riduzione della capacità lavorativa in misura totale o quantomeno del 70% e all’attribuzione della pensione di inabilità o, in subordine, dell’assegno mensile di assistenza.

2. La Corte territoriale, condividendo le conclusioni cui è pervenuto il consulente officiato in sede di gravame, non contrastate efficacemente dalle osservazioni critiche dell’assistita, ha escluso la sussistenza delle condizioni per il diritto al beneficio preteso.

3. In particolare la Corte di merito ha ritenuto l’eventuale riduzione dell’altezza per alterazioni posturali o altre cause, invocata dall’assicurata ai fini della diversa valutazione dell’obesità agli effetti del raggiungimento della soglia del 74%, irrilevante, ratione temporis, giacchè l’accertamento concerneva le condizioni di salute e l’efficienza lavorativa dell’assicurata (nata il (OMISSIS)) nel periodo compreso tra la data della domanda amministrativa e il raggiungimento del 65 anno di età; riteneva, inoltre, quanto alle asserite complicanze artrosiche, non potersi tener conto della comparsa di patologie in epoca successiva al 12 maggio 2001.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, D. T. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. L’INPS ha resistito con controricorso. Il Ministero è rimasto intimato.

Motivi della decisione

5. Con quattro motivi di ricorso, la ricorrente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione (in particolare, violazione della L. n. 18 del 1980, art. 2 e L. n. 291 del 1988, art. 2 e cod. 7105 delle Tabelle indicative delle percentuali di invalidità approvate con D.M. 5 febbraio 1992), si duole che la Corte territoriale non abbia valutato l’invalidità alla stregua delle predette tabelle e per non aver il consulente d’ufficio provveduto a pesare l’assicurata così rilevando un danno, in base all’indice di massa corporea, compreso fra 31 e 40 (primo motivo);

per non aver la Corte territoriale tenuto conto della notevole gravità del danno artrosico (secondo motivo); per non aver il consulente tecnico d’ufficio incluso nel danno da mastectomia la nevrosi depressiva (terzo motivo); per non aver la Corte di merito valutato l’incidenza sull’attività specifica o altre confacenti (quarto motivo).

6. Rileva il Collegio l’inammissibilità dei primi tre motivi del ricorso per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis. A norma della prima parte dell’articolo citato nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. da 1) a 4), l’illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione deve concludersi a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto.

7. Considerato che i primi tre motivi ricadono indubbiamente nell’ambito di operatività della disposizione richiamata, deve rilevarsi che i quesiti formulati a conclusione dei medesimi – del tenore: può il giudice "omettere di accertare un fatto in esito al quale varierebbe la percentuale di invalidità applicabile al caso concreto", "escludere la valutabilità di un’infermità, se la stessa è etimologicamente collegata all’età avanzata", "omettere di valutare la nevrosi perchè etiologicamente collegata alla mastectomia tabellata con il cod. 8006" – risultano chiaramente inidonei alla luce dei criteri che questa Corte ha già avuto occasione di precisare.

8. Il quesito di diritto che il ricorrente ha l’onere di formulare, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., deve essere proposto in modo tale che la Corte l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (ex multis, Cass. 8463/2009 e numerose altre conformi). Il quesito deve investire la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (ex multis, Cass. 4044/2009).

9. Con il quarto motivo viene introdotta, in questa sede di legittimità, la doglianza concernente il raggiungimento della soglia invalidante con l’aggiunta dei 5 punti per l’incidenza dell’invalidità sulle attività confacenti, non prospettata in appello ove l’assicurata ha incentrato il gravame sull’erronea valutazione dell’obesità.

10. Pur trattandosi di questione non dibattuta nelle precedenti fasi restano immutati i termini in fatto della controversia (ex multis v.

Cass. 9812/2002), attesa la condizione di casalinga dell’assicurata.

11. Invero, la giurisprudenza di questa Corte in più occasioni ha risolto la questione nel senso che il principio secondo cui il grado del danno funzionale permanente determinato in applicazione delle tabelle di legge può essere variato nella misura massima di cinque punti percentuali fa esclusivo riferimento al caso in cui vi sia un’incidenza dell’invalidità sulle occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurata (capacità cosiddetta semi specifica) o sulla capacità lavorativa specifica, con la conseguenza che resta esclusa una variazione della percentuale in relazione all’età della persona, prossima o superiore a quella del pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici, o alla mancata prestazione di attività lavorativa retribuita e, in particolare, alla condizione di casalinga, nel quale caso rileva solo il criterio generale tabellare dell’incapacità lavorativa generica (cfr., Cass., nn. 9807/2008; 1079/1998).

12. In particolare è stato osservato che la lettura complessiva della norma regolamentare (D.M. 5 febbraio 1992, n. 43, allegato 1, parte prima) in una con la norma primaria (D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 2, comma 2, che parla di "riduzione permanente della capacità lavorativa"), evidenzia chiaramente l’espresso riferimento delle percentuali tabellari alla "capacità lavorativa generica", con la possibilità di limitate variazioni, non solo in aumento, ma anche in riduzione, per le ipotesi di "incidenza" o di "non incidenza" sulla "capacità (pur sempre) lavorativa semispecifica e specifica" e con la conseguenza che non può riconoscersi una variazione in aumento per l’eventuale incidenza sulla condizione di casalinga, la quale comunque non rientra nelle "attitudini lavorative" considerate dalla norma regolamentare (cfr., Cass., n. 9807/2008, in motivazione, ed altre successive conformi).

13. Il motivo all’esame non può, pertanto, trovare accoglimento.

14. In conclusione il ricorso va rigettato.

15. Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv.

in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis, infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (ex multis, Cass. 4165/2004; S.U. 3814/2005).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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