Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2013) 18-06-2013, n. 26441

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Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Sanremo, con sentenza del 4/10/2011, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava D.C.M. colpevole dei reati di cui agli artt. 609 bis e 81 cpv c.p., art. 609 quater c.p., comma 1, n. 1, art. 600 quater c.p., comma 1, e lo condannava alla pena di anni 7 e mesi 2 di reclusione, con applicazione delle pene accessorie, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, da determinarsi in separata sede.

La Corte di Appello di Genova, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 17/7/2012, in parziale riforma del decisum di prime cure, da dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, limitatamente al reato ex art. 609 bis c.p., con conferma nel resto, così rideterminando la pena per i residui reati in anni 6 di reclusione, con riduzione della provvisionale ad Euro 80.000,00 per ciascuna delle parti civili.

La difesa del prevenuto ha proposto ricorso, con i seguenti motivi:

-erronea applicazione dell’art. 609 septies c.p., in quanto si è ritenuta sussistente la connessione tra due fatti, avvenuti in tempi diversi e contesti del tutto differenti, ben lontani temporalmente l’uno dall’altro;

-violazione del principio del ne bis in idem, rilevato che l’imputato era stato già giudicato dal Tribunale di Genova (sent. 313/11, confermata dal giudice di appello) per i reati di cui agli artt. 600 ter e 600 quater c.p., perchè si procurava e deteneva materiale pedopornografico, fra cui quello afferente a V.F.;

– insussistenza del reato ex art. 609 quater c.p., visto che gli atti sessuali tra l’imputato e la V. si sono consumati solo nel mese di (OMISSIS), quando la ragazza aveva già compiuto i 14 anni;

-violazione dell’art. 133 cod. pen., non avendo la Corte di merito tenuto conto della reale capacità a delinquere del reo, ovvero del carattere, della condotta e della vita dello stesso, antecedenti al reato, elementi questi che avrebbero dovuto indurre il decidente a determinare una pena improntata a maggior clemenza, inferiore a quella inflitta.

-erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p., non considerando adeguatamente l’ammissione dei fatti da parte del reo.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

L argomentazione motivazionale, adottata dal decidente in ordine alla ritenuta concretizzazione dei reati contestati e alla ascrivibilità di essi in capo al prevenuto, si palesa del tutto logica e corretta;

peraltro, il giudice di appello ha riscontrato, puntualmente, tutte le censure mosse con il gravame, evidenziandone la inconferenza.

Con il primo motivo di annullamento la difesa del D.C. eccepisce l’erronea applicazione dell’art. 609 septies in ordine alla procedibilità del reato contestato; tale norma indica in mesi 6 il termine per presentare la querela, nella specie sporta dai genitori di V.F. solo in data 2/12/2010, ben due anni dopo dal momento in cui essi sono venuti a conoscenza dei fatti per cui è processo; inoltre, l’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, prevede la procedibilità di ufficio per il reato di atti sessuali con minorenne qualora il fatto sia connesso con altro delitto, procedibile di ufficio. Nella specie non avrebbe potuto ravvisarsi alcuna connessione tra i fatti contestati, perchè avvenuti in tempi e contesti diversi e ben lontani l’uno dall’altro.

Rilevasi che l’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 1, è ipotesi di reato per la quale è espressamente richiesta la querela di parte, da proporre entro il termine di 6 mesi.

L’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, che va letto in collegamento col predetto 609 quater, dispone la procedibilità di ufficio se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedure di ufficio.

Orbene, nel caso in esame è evidente la sussistenza della connessione tra il delitto di cui al capo A), atti sessuali con minorenne, con quello di cui al capo B), ex art. 600 quater c.p., comma 1.

La censura mossa in ricorso, con cui si sostiene la non applicabilità della connessione tra i due fatti, perchè avvenuti in tempi e contesti diversi e ben lontani l’uno dall’altro, è priva di pregio, rilevato che ai fini della perseguibilità di ufficio dei reati di violenza sessuale la connessione, ex art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, non è limitata alle ipotesi di connessione processuale, di cui all’art. 12 c.p.p., ma va estesa alla connessione meramente investigativa, di cui all’art. 371 c.p.p., comma 2, ovvero alla presenza di reati commessi in occasione di altri reati, per eseguirne altri o allorchè la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza (Cass. 8/7/2005, n. 32971; Cass. n. 43139/2003); come nella specie.

Per altro verso, in ogni caso, il reato ex art. 609 quater, di cui alla rubrica, è da ritenere procedibile in forza della querela presentata il 2/12/2010 dai genitori della V., nel termine ex lege fissato, che deve farsi decorrere non dalla commissione del fatto, bensì dal momento in cui costoro hanno avuto la piena consapevolezza della vicenda, cioè nell’inverno del 2010 allorchè la ragazza riferisce loro della sua storia con l’imputato.

Del pari, infondata è la eccezione di violazione del principio del ne bis in idem, in ordine al reato ex art. 600 quater c.p., comma 1, in quanto il presente procedimento trae origine da uno stralcio, effettuato dalla Procura delle Repubblica di Genova, in ragione del luogo del commesso reato più grave e conseguente individuazione di competenza nel Tribunale di Sanremo: il procedimento citato dalla difesa, già deciso dalla Corte di Appello di Genova, con sentenza del 7/12/2011, non era inerente al materiale pedopornografico che il D.C. si era procurato chiedendo alla minore di denudarsi, di compiere atti di autoerotismo e di bestialità, di riprendere sè stessa nuda, mentre compiva quegli atti con il telefono cellulare e di trasmetterglieli ad un indirizzo di posta elettronica, in quanto tali specifici fatti non sono stati contestati nè, quindi, presi in considerazione nel giudizio già deciso con la citata sentenza.

Non può trovare ingresso la contestata sussistenza del reato ex art. 609 quater c.p., sul rilievo, mosso in ricorso, che gli atti sessuali tra l’imputato e la V. si sarebbero consumati solo nel mese di (OMISSIS), quando la ragazza aveva compiuto gli anni 14, ciò perchè risulta provato che in epoca antecedente a quella indicata, tra le parti vi erano stati, comunque, atti sessuali, quali baci, strusciamenti e palpeggiamenti, elementi, questi, di certo concretizzanti il reato contestato.

Di poi, da rigettare sono i motivi di annullamento formulati in relazione al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle attenuanti generiche, rilevando che, in punto di determinazione della pena il discorso giustificativo, svolto dal decidente, è da ritenere compiuto ed esaustivo, con l’evidenziare la gravità dei fatti e la condotta posta in essere dal prevenuto, richiamandosi ai principi dettati dall’art. 133 c.p.; quanto al diniego delle attenuanti ex art. 62 bis c.p., il giudice di merito ritiene non solo che non sussistono in atti elementi su cui fondarle, ma che la pendenza di altri procedimenti per reati della stessa specie ne ostacola la concessione, rappresentando una personalità particolarmente proclive alla commissione di tale tipologia di reati.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2013

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