Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-08-2012, n. 14457

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata del 5 dicembre 2006 la Corte d’appello di Salerno confermava la statuizione di primo grado di rigetto della opposizione, proposta dalla srl XX con ricorso depositato il 24.6.2002, avverso la cartella eXXtoriale notificata il 16.5.2002 concernente contributi previdenziali per gli anni 1999 e 2000 e relative sanzioni; per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte adita – premesso che la cartella non era carente di motivazione, come l’opponente lamentava, riportando l’analitica indicazione delle somme richieste ed essendo conforme alle previsioni del D.M. n. 321 del 1999 – affermava, quanto al merito della pretesa dell’Inps, che i contributi risultavano dovuti a seguito di ispezione, da cui era emerso che la società aveva illegittimamente beneficiato degli sgravi di cui alla L. n. 448 del 1998 in relazione al dipendente M.C., perchè questi aveva riferito di avere lavorato presso la ditta Michele Autori fino al 29 dicembre 1998, data in cui si era dimesso, assumendo la condizione di disoccupato ed era stato assunto dalla XX il primo gennaio 1999, ove aveva svolto le medesime mansioni di cui al precedente rapporto di lavoro;
soggiungeva la Corte territoriale che molteplici circostanze – ossia il fatto che la XX era subentrata all’attività di carico e scarico di automobili sulle navi, che era stata dismessa dalla ditta Autori, il fatto che entrambe le società avevano V.B. come presidente del collegio sindacale, che il presidente del Consiglio di amministrazione della XX era G.E., che era anche consigliere della ditta Autori – evidenziavano una classica ipotesi di trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ. il che conduceva ad escludere il diritto al beneficio dello sgravio, non essendo stato realizzato il prescritto incremento occupazionale.
Avverso detta sentenza la XX srl propone ricorso articolato in quattro motivi. Le controparti XX spa e XX spa sono rimaste intimate, mentre l’Inps ha depositato procura.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denunzia difetto motivazione e violazione art. 2112 cod. civ. Si sostiene che la fattispecie del trasferimento d’azienda, posta a base della decisione per negare il diritto allo sgravio, non sarebbe ravvisabile nella specie, trattandosi di trasferimento di un unico lavoratore disoccupato da un’azienda ad un’altra, essendo il luogo di lavoro e i mezzi diversi tra l’una e l’altra, come si era chiesto di provare; in ogni caso il collegamento societario non darebbe luogo ad un unico centro di imputazione.
Il motivo è fondato, essendo ravvisabile il difetto di motivazione e la violazione di legge per avere ritenuto intercorso un trasferimento d’azienda tra la XX e la ditta Michele Autori, ostativo al riconoscimento dello sgravio che la XX aveva applicato.
Non sembra infatti sufficiente per configurare la fattispecie di cui all’art. 2112 cod. civ., alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, il passaggio di un solo lavoratore dall’una all’altra azienda, senza che tra le due non venga provato nessun passaggio di beni e strumenti. Il subentro nell’attività di carico e scarico di automobili sulle navi, risulta elemento neutro se non accompagnato dal trapasso anche di altri elementi. In tal senso tra le tante Cass. n. 5932 del 05/03/2008, per cui per trasferimento d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. (così come modificato dalla L. 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva CE n. 98/50), deve intendersi la cessione di ogni entità economica autonoma ed organizzata in maniera stabile, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità.
Nè rileva per integrare la fattispecie i cui al citato art. 2112 cod. civ. la coincidenza di cariche sociali dell’una e dell’altra società in capo allo stesso soggetto.
2. Il secondo motivo , con cui si denunzia violazione dell’art. 113 Cost., è inammissibile per mancanza del quesito di diritto.
In relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha inoltre affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma.
3. Infondato è il terzo motivo, con cui, denunziando violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 1 e 3 si lamenta la mancanza di motivazione della cartella.
Il motivo è infondato perchè, per far valere questo vizio, la XX avrebbe dovuto proporre opposizione, agli atti esecutivi nei cinque giorni dalla notifica.
E’ stato infatti affermato (Cass. n 25208 del 30/11/2009) che In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, la contestazione dell’assoluta indeterminatezza della cartella di pagamento integra un’opposizione agli atti esecutivi di cui al D.Lgs. n. 46 cit., art. 29, comma 2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle forme ordinarie, con la conseguenza che prima dell’inizio dell’esecuzione l’opposizione va proposta nei termine di cinque giorni dalla notifica della cartella, non potendo trovare applicazione il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 24, comma 5, del medesimo D.Lgs., riferibile all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione.
Nello stesso senso si è affermato (Cass. n. 18691 del 08/07/2008) che Nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, l’opposizione agli atti esecutivi – con la quale si fanno valere i vizi di forma del titolo esecutivo, ivi compresa la carenza di motivazione dell’atto – è prevista dall’art. 29, comma 2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle "forme ordinarie", e non dall’art. 24 del cit. D.Lgs., che si riferisce, invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione. Ne consegue che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49 si identifica nella cartella eXXtoriale.
4. Il quarto motivo, concernente le sanzioni risulta assorbito dall’accoglimento del primo motivo. Conclusivamente va accolto il primo motivo, rigettati il secondo e terzo, assorbito il quarto.
La sentenza impugnata va casXXa in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e il terzo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2012

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