Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2013) 18-06-2013, n. 26438

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Svolgimento del processo

Il Tribunale per i Minorenni di Palermo, con sentenza del 21/6/2011, assolveva P.F. dal reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 609 quater c.p., comma 1 e u.c., e C.A. dal reato di cui agli artt. 81 cpv e 609 bis c.p., per non avere commesso i fatti loro contestati.

La Corte di Appello di Palermo, sezione per i Minorenni, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto dal p.m. presso il Tribunale, con sentenza del 14/3/2012, in riforma della pronuncia di prime cure, ha dichiarato gli imputati colpevoli dei reati ad essi ascritti, e ha condannato gli stessi alla pena di anni 4 di reclusione ciascuno, con applicazione delle pene accessorie.

Propongono ricorsi per cassazione le rispettive difese dei prevenuti, con i seguenti motivi:

-per P.: l’imputato andava prosciolto dai reati allo stesso contestati, con la formula perchè il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto, quantomeno ex art. 530 c.p.p., rilevato che il giudice di appello ha omesso di esaminare punti decisivi, denegando l’applicazione dei principi di diritto che regolano la materia. In particolare la Corte territoriale ha fondato la pronuncia di condanna sulla asserita attendibilità della minore, presunta parte offesa, che sarebbe confermata dalla c.t.u. redatta dal consulente nel giudizio di primo grado, non considerando le ulteriori emergenze istruttorie, dalle quali, di contro, era in assoluto rilevabile la inattendibilità della detta minore e la non credibilità del narrato dalla stessa offerto; il decidente avrebbe dovuto d’ufficio disporre la rinnovazione della istruttoria dibattimentale, onde acclarare la reale capacità a testimoniare di D.R.V., disponendo a tal fine nuova c.t.u.;

-in ogni caso la Corte palermitana avrebbe dovuto pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 531 c.p.p e art. 97 c.p. perchè i fatti ascritti al P. risalgono all’anno 2004, quando l’imputato aveva meno di anni 14, come affermato dalla madre della stessa minore in tutte le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari;

-per C.: vizio di motivazione e travisamento della prova, sia in ordine alla credibilità della p.o., viste le contraddizioni in ordine al riferito sul fatto contestato all’imputato; peraltro, il giudicante, pur essendo emerso che l’episodio di violenza sarebbe stato soltanto uno, ha applicato la continuazione, con conseguente conferma del capo di imputazione nel quale si contestano più fatti di reato ex art. 609 bis c.p., circostanza questa smentita dalla stessa presunta vittima in sede di incidente probatorio.

Motivi della decisione

I ricorsi sono fondati per quanto, rispettivamente, di ragione.

Va, preliminarmente evidenziato, che i giudici di merito, di primo e secondo grado, sulla base della identica piattaforma probatoria, sono pervenuti a conclusioni opposte: ad avviso del Tribunale, alla stregua delle sole dichiarazioni della minore, a tratti contraddittorie, era alquanto problematico fondare un giudizio di penale responsabilità del C.; quanto alla posizione del P., in riferimento al reato di cui al capo b), la cui consumazione risalirebbe all’anno 2004, come emerso dalle dichiarazione di P.I., madre della D.R., doveva rendersi sentenza di non luogo a procedere, in quanto, all’epoca del fatto il prevenuto non era imputabile perchè minore degli anni 14;

in riferimento al capo a), non venivano ravvisati diretti riscontri al narrato della bambina sul punto dell’abuso sessuale subito dal cugino.

Di contro, la Corte territoriale, a seguito di una analisi critico- valutativa del discorso giustificativo, svolto dal giudice di prime cure, in correlato ai motivi di appello, libellati dal p.m., riconosciuta la piena attendibilità della minore e la credibilità di quanto dalla stessa dichiarato, ravvisata la sussistenza di riscontri estrinseci, ha condannato gli imputati per i reati ad essi ascritti.

Orbene, osservasi che il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia, sollecita un primo rilievo: il giudice di appello, per riformare in peius una sentenza assolutoria, è obbligato, in base all’art. 6 CEDU, così come interpretato dalle sentenze Dan c/ Moldavia, del 5/7/2011, e Manolachi c/ Romania del 5/3/2013, della Corte Europea, alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale solo quando intenda operare un diverso apprezzamento di attendibilità di una prova orale, ritenuta in primo grado non attendibile (Cass. n. 16566/2013).

Nella specie, ut supra rilevato, la sentenza affermativa della responsabilità dei prevenuti si fonda proprio su un diverso apprezzamento di attendibilità di quanto dichiarato, in sede di incidente probatorio, dalla D.R.; conseguentemente, in applicazione del principio enunciato dal giudice comunitario, e fatto proprio da questa Corte, la Curia palermitana avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, quanto meno, in punto di riaudizione della parte offesa.

Ulteriori vizi si ravvisano nella argomentazione motivazionale, sviluppata in sentenza.

In ordine alla posizione del P., come eccepito con il secondo motivo di annullamento, a pag. 3 della decisione, si evidenzia che il fatto di cui al capo b) della imputazione si sarebbe verificato nel 2004, epoca in cui il prevenuto non era imputabile perchè infraquattordicenne; ma, in maniera del tutto illogica e contraddittoria, la Corte territoriale riconosce il P. responsabile anche di tale fatto di reato, applicando, peraltro, la continuazione con il delitto contestato al capo a).

In relazione al C., pur avendo la vittima dichiarato, in sede di incidente probatorio, di essere stata abusata solo una volta dal predetto imputato, il giudice di appello ha, anche per costui, applicato la continuazione, in difetto di ogni giustificazione e di elementi che ne potessero fare ritenere la sussistenza.

Pertanto, questa Corte ritiene di dovere annullare con rinvio la sentenza impugnata, affinchè il giudice ad quem proceda ad un nuovo esame nell’ottica delle svolte osservazioni e del richiamato principio della giurisprudenza comunitaria.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo sezione Minorenni, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2013

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