Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-08-2012, n. 14453

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La Società internazionale XXX spa – XXX chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Bologna, pubblicata il 27 agosto 2007, emessa a seguito di cassazione parziale con rinvio, nella controversia proposta da Z.G..
La controversia ha per oggetto la legittimità o meno del licenziamento disciplinare dello Z., portiere dell’albergo (OMISSIS) di proprietà della società ricorrente, con l’addebito di aver molestato un terza persona utilizzando il telefono dell’albergo.
Il giudizio è già pervenuto dinanzi a questa Corte, che ha escluso la asserita (da parte dello Z.) violazione del principio di immediatezza ed ha di conseguenza annullato la sentenza della Corte di Firenze, che si era espressa sul punto, disponendo la rimessione della causa ad altra Corte d’appello, quella di Bologna, "perchè esamini e valuti la legittimità o meno del licenziamento sotto gli altri profili di censura contenuti nel ricorso in appello dello Z. e contrastati dalla società appellata".
La Corte di Bologna, risolto quindi il problema della immediatezza della contestazione in senso favorevole alla società, ha dovuto entrare nel merito della fondatezza dell’addebito.
La Corte ha ritenuto non provato l’addebito sulla base di due argomenti: il primo riguarda il fatto che le prove raccolte nel giudizio penale (peraltro conclusosi favorevolmente per il dipendente) sono state oggetto, nel processo penale, di due pronunce di nullità.
Il secondo argomento, indicato dalla Corte come quello fondamentale, è che in base all’istruttoria testimoniale esperita dalla Corte stessa in sede di rinvio, con l’audizione degli stessi testi ascoltati nel giudizio penale, pur essendo emersa una conoscenza tra lo Z. e la persona suddetta in ragione dell’attività di mago svolta da quest’ultima, non può ritenersi raggiunta la prova della effettuazione delle telefonate da parte dello Z. per le ragioni analiticamente esposte a pag. 13 e 14 della sentenza.
Di conseguenza, in base a tali valutazioni del quadro probatorio, la Corte ha ritenuto il licenziamento illegittimo ed ha accolto la domanda.
La società XXX chiede la cassazione della decisione, articolando tre motivi di ricorso, illustrati anche con memoria.
Lo Z. si difende con controricorso e propone ricorso incidentale sulle spese.
Con il primo motivo la società denunzia nullità della sentenza per violazione dei principi generali in tema di prove nel processo civile e segnatamente nel diritto del lavoro (principio del libero convincimento del giudice e della ricerca della verità materiale).
Si censura, in particolare, l’affermazione della Corte per cui le prove raccolte nel giudizio penale possono essere utilizzate nel giudizio civile solo se assunte nel giudizio penale con le garanzie previste dalla legge.
Il motivo non è fondato perchè, a prescindere dalla considerazione che il giudice civile non può non tenere conto del fatto che una prova assunta nel processo penale è stata dichiarata nulla in quella sede, nel caso specifico quel che più rileva è che la Corte ha considerato tale elemento probatorio secondario, ed ha fondato la decisione sull’istruttoria svolta direttamente nel processo civile.
Con il secondo motivo si denunzia nullità della sentenza "per mancato esercizio del potere ammissivo del teste tardivo in presenza di una pista probatoria rilevante".
La censura riguarda il passaggio della sentenza in cui si afferma che la deposizione del teste N. è inammissibile perchè indicato dalla XXX solo con la memoria difensiva di costituzione in questa fase, così come tempestivamente eccepito dalla controparte.
La società non contesta che la sua indicazione sia stata tardiva e che vi sia stata tempestiva eccezione di controparte sul punto, ma sostiene che il giudice aveva il dovere di esercitare i suoi poteri d’ufficio.
Il motivo è infondato perchè il giudice non aveva alcun dovere in tal senso e ha congruamente motivato la sua scelta negativa.
Con il terzo motivo si denunzia un vizio di motivazione "insufficiente ed eventualmente illogica o contraddittoria su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio". Il fatto è che lo Z. avesse effettuato numerose telefonate dall’albergo al suddetto.
La Corte, come si è già visto, ha specificamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto non provato tale fatto all’esito della valutazione della specifica istruttoria svolta. La motivazione è adeguata, non vi sono (nè in realtà vengono indicate, tanto che nel motivo sul punto si usa l’avverbio eventualmente) contraddizioni e illogicità. Il contenuto delle censure mosse nello svolgimento del motivo non spiega dove e perchè la motivazione sarebbe insufficiente e dove e perchè sarebbe contraddittoria ed illogica, ma si limita a sostenere che la Corte ha errato nel valutare le risultanze probatorie. Dietro lo schermo formale di un vizio di motivazione, si propone una diversa lettura e valutazione della prova, il che è inammissibile in sede di giudizio di legittimità.
Con il ricorso incidentale lo Z. denunzia violazione dell’art. 92 c.p.c. e insufficiente motivazione nella parte in cui la sentenza ha compensato le spese dell’intero giudizio. L’art. 92 ha sul punto subito plurime modifiche. Per i giudizi pendenti alla data del 1 marzo 2006, quale è quello in esame, deve applicarsi il testo previgente alle ultime due modifiche e cioè: "Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti".
Successivamente con le novelle del 2005 e del 2009 tale disposizione è stata resa molto più rigida. Oggi è necessario che il giudice, se decide di compensare le spese, deve esplicitamente indicare in motivazione le gravi ed eccezionali ragioni a fondamento della sua decisione.
Tenuto conto della previgente disciplina molto più tenue che regola il presente giudizio, la motivazione circa la sussistenza dei giusti motivi fornita dalla Corte di Bologna può ritenersi adeguata, considerato che essa va riferita ai complessi accertamenti dei fatti di causa.
Il ricorso incidentale, pertanto, deve essere rigettato.
In applicazione del principio della soccombenza, considerato il diverso peso della decisione di rigetto del ricorso principale rispetto alla decisione di rigetto del ricorso incidentale, le spese devono essere poste a carico del ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi li rigetta entrambi. Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità al controricorrente – ricorrente incidentale, che liquida in 30,00 Euro per spese nonchè 2.500,00 per onorari, otre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2012

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