Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-05-2013) 13-06-2013, n. 26091

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con provvedimento emesso de plano il 30 luglio 2012 il giudice per le indagini del Tribunale di Modena dichiarava condonata nei confronti di M.M. la pena di due anni, sette mesi ed euro diecimila di multa, irrogata con sentenza n. 380/06, emessa il 12 maggio 2006 (irrevocabile il 10 ottobre 2006).

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Modena, il quale lamenta violazione ed erronea applicazione della L. 31 luglio 2006, n. 241, carenza e contraddittorietà della motivazione, tramite il difensore di fiducia, considerato che tra i reati per i quali M. era stato condannato con sentenza definitiva era compreso il delitto di cu all’art. 600 bis c.p. (considerato il reato più grave su cui sono stati applicati gli aumenti di pena per i reati ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione), sicuramente ostativo all’applicazione dell’indulto.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere qualificato come opposizione.

1. Il codice di rito (art. 672 c.p.p. comma 1, art. 667 c.p.p., comma 4) prevede che i provvedimenti in materia di applicazione dell’indulto siano adottati dal giudice dell’esecuzione senza formalità e cioè senza fissazione dell’udienza di comparizione delle parti (de plano) e che contro tali provvedimenti gli interessati o il pubblico ministero possano proporre opposizione davanti allo stesso giudice il quale dovrà procedere con le forme dell’incidente di esecuzione di cui all’art. 666 c.p.p., previa fissazione dell’udienza.

2. Ciò posto, si tratta ora di verificare se il ricorso per Cassazione debba essere dichiarato inammissibile, in quanto rimedio non previsto dalla legge, oppure possa essere convertito in opposizione, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5 Sotto tale profilo esiste un contrasto giurisprudenziale, poichè alcune decisioni di questa Corte hanno ritenuto che il principio di conversione non sia applicabile in caso di opposizione, non avendo questa natura di impugnazione (v., per tutte, Cass., Sez. Un. 25 gennaio 2002 n. 3026, rv. 220577; e, da ultimo, Cass., Sez. 2, 11 ottobre 2004 n. 39625, rv. 230368). L’indirizzo di gran lunga prevalente di questa Corte è, peraltro, nel senso che sia consentita anche in tal caso la riqualificazione dell’atto di impugnazione sulla base del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis (v. Cass., Sez. 4, 9 marzo 2007, n. 18223, rv. 237362; Cass., Sez. 3, 20 gennaio 2004 n. 14724, rv. 228605;

Cass. Sez. 4, 27 maggio 2003, n. 34403, rv. 225717; Cass., Sez. 3, n. 5 dicembre 2002, 8124, rv. 223464; Cass. Sez. 4, 7 ottobre 1997, n. 2417, rv. 210093; Cass., Sez. 3, 7 aprile 1995 n. 1182, rv. 202599;).

Tale seconda soluzione pare preferibile, non potendosi fare discendere la inammissibilità della impugnazione, pur se in "senso lato", solo dalla erronea indicazione della stessa, soprattutto in un caso, come quello in esame, in cui la natura ed il tipo delle censure mosse attengono prevalentemente al merito per cui l’erroneo nomen iuris attribuito dalla parte al mezzo di gravame non può pregiudicare la possibilità, concessa dall’ordinamento, di avere una seconda pronuncia di merito sulle sue doglianze.

Il ricorso, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, deve essere pertanto convertito in opposizione con conseguente trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena in funzione di giudice dell’esecuzione per il giudizio di opposizione.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione, dispone trasmettersi gli atti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2013
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