Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2013) 13-06-2013, n. 25934

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Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Perugia, quale giudice dell’esecuzione, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta del Procuratore Generale di revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, concessi a S.G. con sentenza del 12/5/1992 della Pretura di Castrovillari, irrevocabile il 6/7/1992, e con sentenza del Gip presso la Pretura di Castrovillari dell’8/11/1990, irrevocabile il 3/12/1990, alla luce della successiva sentenza di condanna, resa dalla Corte di Appello di Ancona il 13/7/2009, irrevocabile il 14/7/2011, afferente a condotte poste in essere dall’imputato dal 1993 fino alla fine del 1995, ha revocato detti benefici.

Di poi, preso atto della ulteriore richiesta del P.G., relativa al condono ex L. n. 241 del 2006, sulle pene che sarebbero dovute andare in esecuzione, relative alle pronunce della Pretura di Castrovillari, oltre che di parte della pena oggetto della condanna resa dalla Corte di Appello di Ancona, ha applicato al S. l’indulto sui relativi trattamenti sanzionatori, con esclusione della pena inflitta in riferimento al reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, comma 4, successivamente commesso.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, eccependo la inosservanza della legge penale in punto di mancata totale applicazione del condono in ordine alla pena comminata dalla Corte di Appello di Ancona, nonostante la condanna inflitta fosse intervenuta per la partecipazione del prevenuto alla associazione per delinquere, senza però che lo stesso S. avesse rivestito alcun ruolo direttivo o di promozione; nè allo stesso è stata comminata sanzione per l’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, anzi sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per il rigetto.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La argomentazione adottata dal giudice dell’esecuzione è da ritenere logica e corretta.

Infatti, la Corte di Appello ha accolto l’istanza del p.m. volta ad ottenere la revoca di alcuni benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione delle condanne, ex art. 168 c.p., comma 1, n. 1.

La stessa Corte ha ritenuto, a giusta ragione, di rigettare la richiesta del S. di applicazione dell’indulto, ex L. n. 241 del 2006, alla pena comminata dalla Corte distrettuale anconetana con sentenza del 13/7/2009, per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, evidenziando che il reato, così aggravato, è ostativo alla applicazione del beneficio, essendo del tutto irrilevante l’avvenuto riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 bis c.p., in quanto essendo state elargite con giudizio di mera equivalenza, non consentono di escludere che l’aggravante de qua risulti applicata.

Sul punto questa Corte ha avuto modo di affermare che l’indulto non si applica al delitto previsto dall’art. 74 del citato decreto nelle ipotesi aggravate, ai sensi dei commi 1, 4 e 5, indipendentemente dall’esito del giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti e della concreta determinazione della pena (Cass. 14/3/2008, n. 13691; Cass. n. 29707 del 2007).

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2013
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