Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-08-2012, n. 14523

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Svolgimento del processo
Il tribunale di Trento con sentenza 27 novembre 2008 e la locale Corte di appello con sentenza 11 agosto 2010 hanno accolto la domanda proposta da B.D. nei confronti di Enel rete elettrica, rimasta contumace in primo grado, con la chiamata in causa di XXX distribuzione spa e di XXX spa, in relazione all’abusivo mantenimento di un elettrodotto su un fondo sito in (OMISSIS) p.f.80/5 in PT 517 CC. Il tribunale ha accertato e dichiarato che nessuna servitù di elettrodotto grava la particelle e ha condannato la XXX e la XXX alla rimozione dell’elettrodotto, al risarcimento di danni per novecento Euro.
La Corte d’appello, investita da appelli delle società costituite, ha confermato il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da XXX spa.
Ha respinto il gravame di entrambe le società chiamate in causa relativamente alla condanna alla rimozione dell’elettrodotto e al risarcimento dei danni.
Infine ha rigettato l’appello in ordine alla costituzione di servitù coattiva. Sul punto ha negato la legittimazione ad impugnare di XXX, che non aveva svolto domanda sul punto, a differenza di XXX, della quale ha disatteso nel merito il gravame. XXX Distribuzione spa – XXX spa congiuntamente ricorrono per la cassazione dì questa sentenza, con atto notificato il 23 novembre 2010, che svolge 4 motivi. B. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
2) Il primo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizi di motivazione in relazione alla carenza di legittimazione passiva eccepita da XXX spa in relazione alle domande proposte dalla B..
Lamenta la mancata ammissione di due capitoli di prova per interrogatorio della B. e per testi che avrebbero dimostrato che XXX si occupa solo di commercializzazione e vendita, senza provvedere alla distribuzione dell’energia, che sarebbe di competenza della XXX Distribuzione spa, altra società ricorrente e quindi concorde sul punto.
Parte ricorrente critica la interpretazione che la sentenza ha dato dell’art. 4 dello statuto e si duole della mancata valorizzazione della comunicazione inviata dall’Enel alla B. in rodine al subentro ad essa, nei servizi elettrici, delle due società odierne ricorrenti.
Invoca ad ulteriore conforto il D.Lgs. n. 79 del 1999 che ha disciplinato la separazione tra proprietà/gestione delle reti e acquisto/vendita dell’energia trasportata.
La censura è fondata. La Corte d’appello ha invero parcellizzato gli elementi di valutazione che le erano stati offerti, fornendo un’analisi incompleta e inadeguata.
2.1) In primo luogo essa ha omesso di dare rilevanza al dettato normativo invocato da parte ricorrente, che, sebbene successiva ai fatti di causa pone la premessa per la distinzione operativa tra i servizi di distribuzione dell’energia e quelli di vendita a privati, giacchè sancisce la correttezza, alla luce della normativa europea di una linea di tendenza nella gestione di questi servizi.
Riguardata in quest’ottica, la lettura dell’art. 4 dello statuto che la Corte ha offerto appare censurabile.
L’articolo prevede che la società XXX svolga una serie di compiti finalizzati all’acquisto e la vendita di servizi connessi al servizio idrico e a quello di illuminazione pubblica, e molti altri servizi (rifiuti, teleriscaldamento, etc.).
La sentenza ha colto quella parte in cui si fa cenno alla commercializzazione, vendita, l’installazione e la manutenzione della apparecchiature e degli impianti per la fruizione dei servizi erogati e ha sostenuto che "non è affatto evidente che l’installazione e la manutenzione degli impianti non comprenda le linee elettriche ma si riferisca ai contatori".
Ha aggiunto che le prove orali sarebbero a tal fine inammissibili, anche perchè formulate in modo del tutto generico.
Ha inoltre ritenuto dì "nessuna rilevanza" la comunicazione Enel, perchè in essa la XXX era indicata come referente per nuovi allacciamenti.
2.2) Ora, questo tessuto argomentativo rende palese che la chiave di analisi dei fatti era costituita dall’attuazione data alla lettera dello Statuto, il quale lascia intendere, per la maggior parte del suo testo, che l’attività di XXX sia l’acquisto e la vendita di energia. Determinante era infatti chiarire se quel margine di incertezza lasciato dal riferimento a impianti e apparecchiature dovesse condurre a ritenere che la società XXX sia attiva anche nella distribuzione dell’energia o si limiti a installare i congegni strettamente funzionali all’attività di vendita.
A questo scopo il circuito legge – statuto – attuazione dello statuto richiedeva una verifica fattuale penetrante.
La sentenza impugnata non ha congruamente motivato la lettura della comunicazione 16.6.2005, nè ha adeguatamente motivato circa la portata delle prove testimoniali richieste.
2.3) Quanto alla comunicazione, il testo riportato in ricorso – non contestato – proveniente dall’Enel – informava chiaramente la destinataria del fatto che la distribuzione sarebbe stata affidata a XXX spa "mentre tutte le operazioni commerciali (modifiche contrattuali, richieste di nuovi contratti o di nuovi allacciamenti)" sarebbero state svolte da XXX spa.
A fronte di questo chiaro tenore, che ben distingueva le due attività, appare illogico reputare che l’ambiguità del termine allacciamento sia determinante per capovolgere il senso della comunicazione. Ben più logico è che per allacciamento si intendesse quell’attivazione della fornitura che consente al privato di godere dell’energia elettrica e che attiene alla fase di vendita e non a quella di distribuzione (e quindi diffusione delle linee e posa degli elettrodotti), che è oggetto della domanda principale.
La sentenza doveva quindi adeguatamente spiegare per qual motivo un’ipotetica incertezza terminologica potesse superare il senso principale della comunicazione.
2.4) Le incertezze interpretative (sullo statuto e la comunicazione) avrebbero potuto essere sciolte dalla decisiva prova testimoniale e per interrogatorio dedotta, la quale è stata sommariamente definita generica, valutazione anche questa non plausibile alla luce degli elementi sin qui analizzati.
Il chiedere ai testi e alla parte interrogata se sia vero che di fatto l’uria società svolge attività di commercializzazione e l’altra attività di distribuzione e che XXX è subentrata ad Enel nell’attività di vendita non può apoditticamente essere considerata una richiesta generica. La differenza dei concetti, chiara ai testi se, come appare dall’indicazione dì essi, trattasi di addetti del XXXtore (sentenza pag. 5, laddove indica nome e sede di essi), è tale che la deposizione può essere ben utile allo scopo, nell’ottica risolutiva che è stata sopra tratteggiata in accordo con le precise doglianze del ricorso.
Il giudice di rinvio dovrà quindi nuovamente motivare sul punto in relazione alle considerazioni svolte.
3) Resta assorbito il secondo motivo, che è relativo alla condanna di XXX spa alla rimozione dell’elettrodotto in solido con l’altra società.
Ove infatti fosse escluso che XXX è compartecipe dell’attività di distribuzione, questo motivo di doglianza sarebbe superato.
4) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 2043, 2697 c.c., con riferimento all’accoglimento della domanda di rimozione dell’elettrodotto e alla condanna al risarcimento dei danni, nonchè vizi di motivazione anche con riguardo alla mancata ammissione di istanze istruttorie di XXX. Parte ricorrente si duole in primo luogo del fatto che la Corte di appello non abbia adeguatamente valorizzato il consenso verbale all’installazione dell’elettrodotto.
La sentenza è, sul punto, adeguatamente motivata, poichè ha fatto riferimento alla mancanza di qualsiasi provvedimento autorizzativo o ablatorio. Ha poi negato rilievo al consenso verbale, giacchè esso era stato "precariamente concesso", il che significa per breve tempo e senza possibile consolidamento della situazione – in quanto precaria appunto -. Ha tratto come ovvia conseguenza che l’asservimento della proprietà B. attraverso l’infissione del palo di sostegno della linea elettrice era abusivo.
Trattasi di conclusione ineccepibile alla luce del fatto, rilevato in sentenza, che l’assenso verbale era stato dato "in attesa dello spostamento altrove della linea" e quindi non certo in funzione di asservimento, ma solo per favorire una soluzione precaria, resa stabile dal permanere dell’impianto e dal rifiuto di rimozione, rifiuto che trasforma la concessione precaria in pretesa stabile, ditalchè la censura si risolve in una illogica lettura dell’assenso verbale.
Il secondo profilo del motivo attiene alla quantificazione del danno, stabilita in euro novecento.
La doglianza è infondata.
In tema di espropriazione, quindi in materia comparabile, è stato affermato che la realizzazione in assenza di provvedimento ablativo di un manufatto che occupi il suolo del fondo del privato ne limita le facoltà di godimento e comporta l’imposizione e l’esercizio di una servitù di fatto su di esso, corrispondente a quelle descritte dagli artt. 1037 e 1043 cod. civ., da cui deriva un pregiudizio permanente che non abbisogna di alcuna prova, essendo "in re ipsa" per la perdita di disponibilità del bene occupato dal manufatto. Si è detto che tale danno va risarcito in relazione sia ai frutti perduti, sia alla diminuzione di valore subita dall’immobile nella sua interezza (Cass. 14049/08). Nella specie la presenza del palo e dell’elettrodotto è stata considerata parimenti lesiva; la presenza fisica di questi impianti e la limitazione che ne deriva al fondo servente non è contestabile logicamente.
Il danno è stato quantificato in una somma così modesta e con ricognizione così precisa (cfr. pag. 30 e 31 sentenza) degli elementi di valutazione considerati equitativamente dal primo giudice, da non prestarsi ad alcuna censura che non si risolva in una richiesta inammissibile di rivisitazione di un apprezzamento di fatto, incensurabile in questa sede.
Il quarto motivo denuncia: 1) violazione e falsa applicazione della L. Prov. n. 7 del 1995, art. 2 e R.D. n. 1775 del 1933, art. 108.
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in ordine alla mancata ammissione di prove documentali afferenti alla domanda di servitù coattiva, nonchè vizi di motivazione. Anche questa censura è fondata. La Corte di appello non ha spiegato, e dovrà farlo in sede di rinvio, per qual motivo non abbia preso in esame, valutando se la fattispecie poteva esservi ricompresa alla luce della situazione di fatto, se ci si trovasse in presenza di linea con tensione inferiore a mille volt, per la quale la L. Prov. n. 7 del 1995, art. 2, sancisce che non è soggetta ad autorizzazione.
Ha risposto al rilievo di XXX circa il possesso di autorizzazioni per le linee a bassa tensione rilevando che tale presupposto, cioè il possesso delle autorizzazioni vantato da XXX, non era stato provato.
Tale asserzione non da conto però della mancata valutazione dell’applicabilità della legge che esonera da tali autorizzazioni.
Quanto alla documentazione prodotta, di cui parte ricorrente lamenta la mancata valutazione in termini di indispensabilità ex art. 345 c.p.c., va rilevato che la doglianza si sviluppa (p. 40 in fine) in una ulteriore alternativa direzione, che risulta fondata.
Parte ricorrente osserva infatti che "a prescindere dalla questione della indispensabilità" dei documenti, la produzione di essi era ammissibile in quanto il possesso dell’autorizzazione – in funzione del quale tutti detti documenti sarebbero intesi – costituisce una condizione dell’azione, come tale acquisibile anche in appello.
La tesi è fondata giacchè secondo Cass. 483/02 per l’imposizione di servitù di elettrodotto con sentenza del giudice, il presupposto della preventiva autorizzazione all’impianto della linea da parte della competente autorità (R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 108), costituisce una condizione dell’azione, così che deve ritenersene sufficiente la sopravvenienza, purchè prima della decisione.
Il ricorso fondatamente aggiunge il richiamo a Cass. SU 23825/09 secondo la quale sia l’allegazione che la documentazione della esistenza di una condizione dell’azione si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purchè prima della relativa decisione. In applicazione di questi principi, la documentazione relativa all’esistenza, ove necessaria, di autorizzazione all’esercizio della linea, condizione per proporre l’azione volta ad ottenere servitù coattiva di elettrodotto, poteva essere comunque acquisita.
Mette conto aggiungere, con riguardo all’accoglimento di questo quarto motivo, che non può essere qui esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata in controricorso con riferimento al fatto che nè XXX spa nè XXX spa sarebbero proprietarie degli impianti di erogazione.
La permanenza di questo limite non va qui neppure valutata, giacchè la questione, che appare nuova, non risulta esaminata in sentenza e presuppone un accertamento di fatto che la Suprema Corte non può compiere e che potrà trovare esame, salvi i limiti preclusivi già formatisi, nel giudizio di rinvio.
Discende da quanto esposto l’accoglimento del primo e quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo, rigettato il terzo.
La sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Trento che provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo e quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo, rigettato il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per la liquidazione delle spese ad altra sezione della Corte di appello di Trento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2012

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