Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-08-2012, n. 14515

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Svolgimento del processo
La controversia concerne la violazione delle distanze legali, in occasione della costruzione, lungo il muro di confine tra proprietà XXX in agro di (OMISSIS) e la proprietà di C.R., di manufatti con copertura in lamiere e displuvio meteorico verso il suolo XXX.
Il tribunale di Bari con sentenza 7 novembre 2003 accoglieva parzialmente la domanda della spa XXX Alimentare e condannava "la ditta XXX XXX" a demolire parzialmente il manufatto posto nella parte retrostante del suo capannone alla Via (OMISSIS); ad arretrare detto fabbricato per la fascia di m. 1,50 dal confine; a demolire la sopraelevazione del muro di confine, restando assorbite le questioni attinenti lo stillicidio.
La Corte di appello di Bari con sentenza 14 ottobre 2008 respingeva il gravame interposto dal C..
Il ricorso per cassazione proposto il 29 gennaio 2009 dalla ditta XXX verte su due censure, pur esponendo in rubrica un solo motivo.
XXX ha resistito con controricorso, illustrato da memoria di nuovo difensore, che in udienza ha depositato procura notarile.
C. ha depositato memoria e due sentenze della Corte d’appello di Bari e della Cassazione, delle quali ha invocato la rilevanza.
Motivi della decisione
Il tribunale di Bari aveva stabilito che l’immobile C. ricadeva tra le zone compromesse previste dall’art. 6 del piano particolareggiato di (OMISSIS), nelle quali non si osservavano le distanze del piano, ma le distanze previste dal codice civile sia dai confini che tra fabbricati.
In applicazione dell’art. 878 c.c., aveva ritenuto applicabile la distanza di metri tre, con obbligo del primo costruttore C. di edificare ad almeno m. 1,50 dal confine.
Nell’impugnare questa sentenza, il convenuto aveva rilevato che l’applicazione delle norme codicistiche avrebbe dovuto comportare la legittima facoltà di costruire sul confine, da lui esercitata.
La Corte di appello ha ritenuto che nella specie la prescrizione dell’art. 6 non fosse applicabile, perchè, essendo il lotto interessato dalla costruzione di superficie inferiore a quella minima di 500 mq, non rientrava tra le zone compromesse e quindi non poteva vantare il favore della norma speciale.
Ha pertanto applicato la previsione ordinaria di distanza di m. 5 dai confini, esclusa la possibilità di costruzione in aderenza al muro di confine.
Il ricorso, che contiene a pag. 8 il momento di sintesi richiesto per le censure motivazionali dall’art. 366 bis c.p.c. e a pag. 13 il quesito di diritto, denuncia con unico motivo vizi di motivazione e violazione dell’art. 6 del piano particolareggiato del comune di Altamura.
Mira a far affermare che, rientrando il fabbricato in zona compromessa, per via delle dimensioni effettive del lotto, sarebbe consentita la costruzione sul confine in forza del principio della prevenzione.
In memoria invoca a proprio favore il giudicato esterno formatosi in conseguenza della sentenza della Suprema Corte n. 10461/11 relativa all’identico caso XXX/XXX e la sentenza n. 1166/06 della Corte di Bari, in controversia tra C. e L. versus XXX.
Il ricorso è fondato.
Occorre rilevare che qualora una questione abbia formato oggetto di decisione del giudice di primo grado e la decisione sul punto non sia stata impugnata, nè sotto il profilo della violazione delle norme del processo, nè sotto quello della violazione delle norme di diritto, ed il giudice dell’impugnazione, altrimenti adito, non abbia rilevato d’ufficio il fatto che si era formato un giudicato interno, spetta alla Corte di cassazione, adita con ricorso, rilevare d’ufficio il giudicato, con le conseguenze del caso (cfr. utilmente Cass. 11367/02; 1284/07).
Nella specie la pronuncia della Corte di appello ha ritenuto che l’area in cui sorgono le costruzioni sia ubicata in zona compromessa, circostanza che comporta l’applicabilità di un regime regolamentare speciale, più favorevole al convenuto.
Questa statuizione doveva essere impugnata dalla appellata XXX con appello incidentale, restando altrimenti intangibile.
La Corte di appello, per respingere la pretesa dell’appellante di applicazione del regime codicistico, ha invece ridiscusso inammissibilmente la sussistenza dei requisiti per l’inclusione dell’area in zona compromessa, non oggetto di gravame.
La sussistenza del giudicato interno sul punto, rilevabile da questa Corte indipendentemente da ogni specifico rilievo di parte, impone l’accoglimento delle censure di cui al ricorso.
Quanto alla prima, perchè resta confermato che l’area su cui sorge il fabbricato C. è retta dal regime speciale per le zone compromesse; quanto alla seconda, perchè, quale effetto del primo rilievo, si applica alla fattispecie il regime codicistico.
Sarà il giudice di rinvio, al quale la causa va rimessa, a valutare in questa luce la situazione dei luoghi e a stabilire, esaminati anche i rilievi svolti in memoria dalla controricorrente, se vi sia materia per l’applicazione del principio di prevenzione e del disposto dell’art. 873 c.c., e segg..
Altra sezione della Corte d’appello di Bari provvedere anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che provvedere anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2012
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