Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-08-2012, n. 14514

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Svolgimento del processo
E’ controversa dal 1999 l’usucapione di una piccola striscia di terreno facente parte della particella n. 879 del fg. 90 NCEU Monteriggioni.
Capovolgendo la decisione di prime cure, resa nel 2004 dal tribunale di Siena, la Corte di appello di Firenze con sentenza 19 dicembre 2007 ha accolto la domanda di riconoscimento dell’usucapione dell’area, proposta da V.G. nei confronti della srl XXX.
Ha conseguentemente rigettato la contrapposta domanda di risarcimento dei danni causati con l’instaurazione della causa.
XXX srl ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 22 gennaio 2009, svolgendo 5 motivi.
V. ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha disposto la redazione di motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione
I primi due motivi di ricorso denunciano entrambi violazione dell’art. 1158 in relazione all’art. 2697 c.c., con particolare riferimento, nella rubrica del secondo "al decorso del tempo necessario per l’usucapione.
Entrambi si concludono con un "quesito di diritto" che si risolve in realtà nella denuncia di vizi di motivazione, giacchè il primo denuncia alla Corte di Cassazione che le prove addotte da controparte sarebbero state ritenute idonee al raggiungimento della prova usucapione, "pur in presenza di deposizioni tra loro contrastanti" e contraddette da prove documentali.
Il secondo le chiede di affermare che l’usucapione sarebbe stata riconosciuta "in difetto di prova circa il possesso ininterrotto" per venti anni.
Ciò posto, pur non dovendosi esaminare la corretta tecnica di formulazione del quesito (Cass. 9477/09), le censure, riguardate sotto il profilo del vizio di motivazione, al di là dell’evidente insufficienza del momento di sintesi necessario in relazione ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. S.U. 20603/07), si presentano comunque inammissibili.
La prima si concretizza infatti nella richiesta di riesame del merito delle prove testimoniali, senza individuare una risultanza che sia decisiva per ribaltare la valutazione che, con apprezzamento di fatto nè illogico nè insufficiente, la Corte di appello ha raggiunto.
Non riesce infatti a smontare la coerente costruzione della Corte di appello, che è partita dalla circostanza che sin dal 1959 il V. ha annesso la striscia in contestazione, peraltro molto vicina al suo fabbricato, al proprio terreno, recintandola e tenendola a guisa di pertinenza.
Soprattutto è da rilevare che entrambe le censure si riferiscono a risultanze risalenti ad epoca, gli anni 80, in cui l’usucapione era già maturata.
Il ricorso non coglie infatti questa ratio della decisione, secondo la quale, essendo decorrente il possesso del bene in capo all’attore sin dal 1959 (pag. 4 rigo 4, nonchè ultime tre righe), venti anni dopo, cioè nel 1979, era già maturata l’usucapione in favore del V..
Inammissibile per carenza di interesse è il terzo motivo, con il quale parte ricorrente si duole del fatto che l’usucapione sia stata dichiarata senza preventivo frazionamento del bene.
Ribadito che era tutt’al più interesse del vincitore – e non del soccombente – dolersi dell’incompletezza documentale dell’accertamento a sè favorevole, va comunque osservato che il rilievo è comunque infondato, giacchè qualora con sentenza sia accertata l’usucapione di un immobile, l’omessa indicazione dei dati catastali nel dispositivo o nella motivazione non si risolve in un vizio della pronuncia per indeterminatezza dell’oggetto, ove dalla stessa risultino certe l’individuazione e la consistenza del bene, atteso che l’identificazione catastale è richiesta al fine di consentire la trascrizione che non ha alcuna efficacia sostanziale, adempiendo alla limitata funzione di rendere l’atto opponibile ai terzi in caso di conflitto tra più acquirenti del medesimo immobile (Cass. 16853/05).
Infondato è anche il quarto motivo, che adduce omessa motivazione in ordine alla domanda riconvenzionale proposta da XXX per il risarcimento del danno.
In disparte l’improprio richiamo dell’art. 112 c.p.c., che concerne i casi di omessa pronuncia o di extrapetizione, riconducibili all’art. 360, n. 4, e dunque estranei all’ipotesi di omessa motivazione, risulta evidente che l’accoglimento della domanda di usucapione del V. comportava inequivocabilmente l’implicito rigetto della riconvenzionale svolta da XXX, che presupponeva l’infondatezza della domanda di controparte.
Il quinto motivo, che denuncia vizi di motivazione in ordine alla valutazione delle prove, va disatteso per le argomentazioni svolte con riguardo ai primi due, le quali vi si attagliano pienamente, essendo ancora una volta invocato un compito di riesame del giudizio di merito, che non è consentito alla Corte di legittimità in presenza di motivazione congrua e logica.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 2.000 per onorari, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2012

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