Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-01-2011, n. 615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il sig. P.P., ricorrente in primo grado, ha ottenuto l’accoglimento del ricorso proposto dinanzi al T.a.r. della Calabriasede di Catanzaro per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio -rifiuto tenuto dal Comune odierno appellate sull’atto di diffida e messa in mora contenente la sua richiesta di redefinizione delle area di proprietà, e la nomina del Commissario ad acta in caso di persistente inerzia del Comune.

Il terreno di proprietà del ricorrente, è situato catastalmente in Comune di Montalto Uffugo foglio n.73, part.lle 515 e 516.

Con una variante al P.r.g. ed al Regolamento edilizio comunale approvata con decreto del D.G. del Dip. Urb.della Regione Calabria n.15261 del 28 ottobre 2003, la part.lla 515, è stata destinata in parte a zona agricola E/2, in parte ad area di rispetto dei corsi d’acqua G/2 ed in parte in zona pubblica per attrezzature universitarie FU e la particella n. 516, è stata destinata in parte a zona pubblica per attrezzature universitarie FU, in parte a zona pubblica per attrezzature comunali FQ/2 ed in una piccola parte ad area di rispetto dei corsi d’acqua G/2.

Con riferimento alla zona pubblica per attrezzature universitarie FU, il ricorrente ha contestato in primo grado il decorso del termine di cinque anni per l’esercizio legittimo del potere espropriativo (art.2 l.n.1187/1968) correlato al vincolo apposto con l’anzidetta variante sulle aree di sua proprietà.

In particolare, egli rilevava non essere intervenuta la pianificazione di secondo livello, che secondo l’anzidetta variante e le relative nn.tt.a., l’Università della Calabria avrebbe dovuto predisporre sulle aree destinate ad attrezzature universitarie FU di concerto con le strutture tecniche comunali.

Di qui, non essendo intervenuta la richiesta riqualificazione delle predette aree, il giudizio di primo grado, conclusosi con la sentenza in epigrafe di cui il Comune chiede la riforma.

Tale decisione, con estesa motivazione in tema di vincoli espropriativi e di previsione conformative contenute negli atti di pianificazione generale del territorio, ha accolto il ricorso di primo grado soltanto in parte, dichiarando conseguentemente l’obbligo del Comune di provvedere alla riqualificazione urbanistica delle aree di proprietà del ricorrente soltanto con riferimento a quelle destinate a "zona pubblica per attrezzature universitarie FU".

Il Comune appellante, oltre a contestare le argomentazioni che sorreggono la sentenza gravata, ha sollevato una serie di eccezioni in rito.

Parte appellata si è costituita in giudizio per resistere al gravame.

Nella camera di consiglio del 21 dicembre 2010 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

Ritiene, preliminarmente, il collegio che la sentenza di primo grado meriti integrale conferma, essendo concordante con l’orientamento di questo Consesso, del resto in essa ampiamente richiamato e dal quale non si ritiene di doversi discostare neppure alla luce di quanto al riguardo dedotto dal Comune appellante, in tema di individuazione dei caratteri formali e sostanziali delle prescrizioni contenute negli atti di pianificazione generale quando introducono vincoli espropriativi ovvero previsioni di tipo conformativo.

Poiché in questa sede ciò comporta un integrale riferimento alla decisione di primo grado, vanno conseguentemente esaminate le varie questioni di carattere preliminare sollevate dal Comune appellante al fine di evitare la conferma della sentenza impugnata.

Con la prima, il Comune di Montaldo Uffugo ribadisce l’inammissibilità del ricorso di primo grado non avendone la parte ricorrente, odierno appellato, eseguito la sua notifica anche nei riguardi dell’Università della Calabria.

Tanto nella considerazione che tale ente fosse beneficiario effettivo e sostanziale del vincolo espropriativo contenuto nella variante urbanistica di cui veniva assunta la intervenuta decadenza quinquennale, cosicchè, per effetto della contestazione avanzata, esso avrebbe assunto la veste di controinteressato.

Il primo giudice ha respinto tale eccezione, osservando che la posizione dell’Università della Calabria "rimane estranea" al procedimento di pianificazione urbanistica di riqualificazione dell’area per cui è causa, poiché la sua posizione di vantaggio, correlata al vincolo espropriativo della cui decadenza trattasi, è "rilevante soltanto per le finalità di interesse pubblico alle quali sono state destinate le opere e le strutture,non realizzate, oggetto" di esso.

Dunque l’ente può dolersi con il Comune se le strutture previste dal vincolo non sono state realizzate, ma non può opporsi al privato proprietario delle aree interessate che intende sottrarle alla procedura espropriativa, avvalendosi dei limiti temporali entro i quali avrebbe dovuto essere attivata.

A tale argomento, che il collegio condivide, il Comune appellante ha contrapposto soltanto una astratta disquisizione sulla figura del controinteressato nel processo amministrativo, omettendo quindi di entrare nel concreto della causa petendi riversata in giudizio.

Come ben chiarito dal giudice di primo grado, la richiesta avanzata dal ricorrente non attiene ad opere e strutture che l’Università della Calabria avrebbe già predisposto di realizzare in applicazione del vincolo; riguarda, invece, l’anteriore fase, di esclusiva competenza comunale, dell’esercizio del potere di panificazione.

L’eccezione va quindi respinta.

Assume altresì il Comune appellante che l’obbligo su di esso ricadente, per effetto della sentenza impugnata, di procedere alla riqualificazione urbanistica delle aree di proprietà del ricorrente interessate dal vincolo espropriativo decaduto, sarebbe venuto meno per effetto della deliberazione della giunta regionale n.704 del 26 ottobre 2009, con la quale, in accoglimento della diffida del ricorrente in primo grado, ed odierno appellato, è stato nominato un Commissario ad acta affinché il Comune medesimo si determinasse sul rilascio di un permesso di costruire, avente ad oggetto la realizzazione di un fabbricato rurale ricadente in parte sulle stesse aree da riqualificare, con la conseguenza che l’obbligo di procedere a tale riqualificazione sarebbe inattuabile.

Appare al collegio evidente che la deduzione in esame del Comune sia inficiata da un equivoco circa l’ineluttabilità del rilascio del permesso di costruire a favore dell’appellato per effetto dell’anzidetta nomina del Commissario ad acta da parte della Giunta regionale della Calabria.

Al contrario, si deve evidenziare che la nomina del suddetto Commissario ad acta, proprio in ragione dei limiti entro cui dotrà esercitare il suo potere sostitutivo, non potrà neutralizzare il potere pianificatorio del Comune e dunque non potrà non attendere che quest’ultimo proceda, in ossequio al dictum contenuto nella sentenza impugnata, alla riqualificazione dell’area sulla quale il vincolo espropriativo è scaduto.

Ed in relazione a ciò va tenuto presente che tale vincolo potrà nella specie anche essere, sulla base di adeguata motivazione,reiterato, salvo indennizzo, come insegnato da tempo dal giudice delle leggi (Corte Cost. n.179/1999).

.L’eccezione d’improcedibilità testè esaminata deve quindi essere respinta.

Assume ancora il Comune che sull’istanza di ridefinizione urbanistica presentata dall’appellato in data 17 febbraio 2009 non vi è stato alcun rifiuto di provvedere.

Tanto in ragione del rilascio, a richiesta dello stesso appellato, in data 5 novembre 2008, del certificato di destinazione urbanistica dei terreni in questione dove "veniva esplicitamente evidenziata la non ricorrenza dei presupposti per la ridefinizione urbanistica", assumendo tale certificato la valenza di "una risposta esaustiva rispetto alla domanda".

Alla stregua di quanto sopra, il collegio non può non evidenziare che il Comune pone sullo stesso piano questioni diverse.

Il certificato di destinazione urbanistica è preordinato esclusivamente ad attestare la disciplina urbanistica ed edilizia dell’area interessata dalla domanda con cui esso viene richiesto e produce l’effetto di vincolare il Comune al contenuto in esso esplicitato.

Ad altra finalità è indirizzata una domanda di riqualificazione delle aree, di cui non s’è occupato il detto certificato, presentata, invero, successivamente, assumendo la decadenza del vincolo emergente dal detto certificato, del cui contenuto tipico s’è detto.

E tanto non senza aggiungere che proprio dalla risposta del 5 novembre 2008 si evince che il Comune stesso ha considerato espropriativo il vincolo per cui è lite, avendo in essa evidenziato che "le aree…..possono essere utilizzate esclusivamente dall’UNICAL per il completamento della struttura universitaria…..per cui occorre prevedere un indennizzo commisurato alla diminuzione del valore di scambio…".

La deduzione del Comune testé esaminata è dunque priva di pregio.

Con la deduzione recante nell’atto d’appello il numero 5), la parte pubblica insiste sulla inconciliabilità, con conseguente inammissibilità sul piano processuale, tra la diffida rivolta al Comune per ottenere il rilascio del permesso di costruire sull’area interessata dal vincolo espropriativo scaduto e la richiesta di riqualificazione urbanistica su avanzata sul presupposto di tale decadenza.

Sull’argomento il collegio si è già, come visto, sostanzialmente pronunciato in precedenza e dunque sulla questione valgono le stesse argomentazioni sopra esposte.

Infine parte appellante deduce il difetto d’interesse di parte appellata ad ottenere la riqualificazione, posto che, per effetto dell’intervenuta decadenza del vincolo espropriativo, l’area interessata avrebbe di nuovo acquisito la preesistente destinazione agricola (E2), antecedente all’approvazione della variante che il vincolo espropriativo decaduto ha introdotto.

L’argomento è privo di pregio.

Per unanime ed assolutamente consolidato orientamento del giudice amministrativo, la decadenza del vincolo espropriativo per decorso del quinquennio di efficacia non equivale ad annullamento della previsione di piano in vigore e dunque le aree le aree divengono prive di disciplina urbanistica, salvo quanto previsto dall’art.4 ult. comma della legge n.10/1977 (ora art. 9 del T.U. n. 380/2001; c.d. zone bianche), fino all’adozione da parte del Comune, di nuove, specifiche prescrizioni.

L’appello deve in conclusione essere respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Armando Pozzi, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Dante D’Alessio, Consigliere
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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