Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-08-2012, n. 14484

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Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 13 giugno 2010 la Corte d’Appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Salerno del 5 maggio 2007, ha condannato la XXX s.p.a. al pagamento in favore di G.G. della somma di Euro 27.288,00 a titolo di differenze di retribuzione, di indennità di ferie non godute e di trattamento di fine rapporto per effetto del superiore inquadramento dirigenziale dal 6 luglio 1993 al 16 gennaio 2000, confermando nel resto la sentenza impugnata che, per quanto rileva in questa sede, ha, fra l’altro, ritenuto riassorbito il superminimo corrisposto al G. nel periodo precedente al riconoscimento del superiore inquadramento.
La Corte territoriale ha pure riconosciuto non dovuta alla XXX l’indennità di preavviso da questa trattenuta dalla retribuzione del G., ed ha quantificato la somma riconosciuta al lavoratore per effetto del riconoscimento effettuato, a mezzo di consulenza contabile d’ufficio.
Il G. propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza articolandolo su tre motivi.
La XXX è rimasta intimata.
All’udienza odierna il procuratore del ricorrente non si è presentato benchè ritualmente avvisato come da attestato della cancelleria in atti.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta nullità della sentenza impugnata per avere nella motivazione liquidato una somma non enunciata nel dispositivo, in violazione dell’art. 132 c.p.c., nn. 4 e 5 e degli artt. 429 e 430 cod. proc. civ., nonchè dell’art. 112 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la Corte salernitana, dopo avere esposto nella parte motiva la non dovutezza dell’indennità di mancato preavviso trattenuta dalla XXX e quantificata in Euro 13.277,99, non riproduce la condanna alla relativa restituzione nel dispositivo della sentenza.
Con secondo motivo si assume violazione dell’art. 2103 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e vizio di omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento alla mancata pronuncia sull’anzianità da valutare per l’intero rapporto di lavoro comprensiva della precedente anzianità maturata alle dipendenze della stessa azienda presso lo stabilimento di (OMISSIS), sia come quadro che come dirigente.
Con il terzo motivo si lamenta nullità della sentenza impugnata che non avrebbe riconosciuto il superminimo con motivazione apparente, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, nonchè violazione degli artt. 1362, 1363 e 2103 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. In particolare si assume che la riassorbibilità del superminimo non era stata prevista ed era quindi stata illegittimamente considerata dai giudici di merito.
Il primo motivo non è fondato.
Il credito del G. è stato quantificato dalla corte territoriale sulla base della consulenza tecnica d’ufficio i cui criteri sono stato ritenuti pienamente condivisibili. La sentenza impugnata, pur riportandosi, come detto, a tale consulenza tecnica, non ne riporta integralmente i criteri di calcolo, per cui nelle voci riportate nella sentenza stessa non appare i credito per l’indebita trattenuta dell’indennità di preavviso pari ad Euro 13.277,99, ma tale circostanza non vale ad affermare che tale importo non sia stato considerato nel conteggio in questione, in quanto, nella voce "differenze retributive" può ben essere stato considerata anche detto credito del lavoratore, come, d’altra parte, espressamente precisato nella sentenza impugnata in cui si afferma che l’illegittima trattenuta operata, è stata considerata dall’ausiliario della corte nei conteggi culminati nel credito del G. successivamente riportato nella sentenza, per cui non appare dubbio che la restituzione dell’indennità di preavviso sia stata considerata nel conteggio del credito del lavoratore.
Il secondo motivo riguardo una questione di merito quale il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il ricorrente si lamenta che non sarebbe stata considerata l’anzianità maturata in un periodo precedente svolto alle dipendente della stessa azienda; trattasi di questione di merito che riguarda il calcolo del TFR per il quale la Corte salernitana ha fatto legittimo rinvio ai criteri adottati dal suo ausiliario condividendone, conseguentemente, anche l’anzianità da questi considerata ai fini del calcolo stesso, nè è dato conoscere se, effettivamente, tale calcolo non abbia considerato il periodo a cui si riferisce il ricorrente.
Anche il terzo motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte affermato che il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, che sia stato individualmente pattuito, è normalmente soggetto al principio generale dell’assorbimento nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo, alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali sull’onere della prova, è tenuto lo stesso lavoratore (Cass. 17 luglio 2008 n. 19750). Nè giova al ricorrente il principio, affermato nel precedente da lui citato, per cui il riconoscimento della qualifica dirigenziale ha effetto retroattivo anche con riguardo all’applicabilità del relativo contratto collettivo, in quanto il superminimo a cui si riferisce l’art. 3 del CCNL dirigenti aziende industriali del 1989 è quello riconosciuto ai dirigenti stessi, mentre il superminimo di cui ha beneficiato il G. gli è stato riconosciuto quando non era dirigente e, nella sua determinazione, può ben essere stato considerato tale mancato riconoscimento ai fini di un adeguamento del trattamento che non avrebbe, in tal modo, ragion d’essere dopo tale riconoscimento della qualifica dirigenziale.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A. e spese generali.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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