Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-05-2013) 06-06-2013, n. 25012

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. L.A. è stato condannato per calunnia in danno di V.M. (che aveva posto all’incasso degli assegni, quale legale rappresentante p.t. di una società il cui precedente amministratore, F.L., li aveva ricevuti proprio dall’imputato) in entrambi i gradi del giudizio di merito (Trib.

Chieti/Ortona, 10.6.2010; Corte d’appello di L’Aquila, 24.9.12).

L’imputato ricorre per cassazione, con il ministero dell’avv. Giulio De Fidelibus, enunciando quattro motivi:

– violazione dell’art. 493 c.p.p., comma 3, art. 495 c.p.p., art. 503 c.p.p. e art. 242. Cost. "per insussistente rinuncia della difesa all’acquisizione della prova testimoniale di F.L.". Sul punto, il ricorrente riconosce che al dibattimento sono state acquisite le dichiarazioni rese dal F. in sede di indagini, ma nega quanto ritenuto dalla Corte d’appello, e cioè che la difesa avesse dato il consenso all’acquisizione in luogo dell’esame orale, affermando che non sussistevano motivi legittimi di impedimento all’acquisizione della prova testimoniale e che il consenso sarebbe stato prestato solo per riscontrare eventuali dichiarazioni contraddittorie. Lamenta poi che la Corte d’appello abbia considerato legittimo il mancato esame dell’imputato, che assume essere stato regolarmente chiesto dalla difesa;

– violazione dell’art. 598 c.p.p. e art. 24 Cost., comma 2 "per chiusura del dibattimento senza aver dato la possibilità all’imputato di esprimere sue spontanee dichiarazioni". Si evince dalla deduzione che sostiene il motivo che il ricorrente si riferisce al dibattimento d’appello;

– violazione dell’art. 368 c.p. per insussistenza dell’elemento soggettivo del reato;

– violazione dell’art. 82 c.p.p., comma 2 e art. 523 c.p.p. per omessa riforma della sentenza di primo grado per la parte riguardante le statuizioni in favore della parte civile, a seguito della mancata presentazione nel giudizio di appello il che, secondo il ricorrente, avrebbe determinato la revoca tacita della costituzione di parte civile.

Motivi della decisione

2. Il primo motivo è manifestamente infondato e generico.

La lettura del verbale dell’udienza 29.4.2010 (espressamente richiamato dalla sentenza d’appello e conoscibile direttamente da questa Corte suprema quale giudice anche del fatto nelle questioni in rito) attesta che il teste F. risultava irreperibile e che pertanto il pubblico ministero aveva ai sensi dell’art. 512 c.p.p. chiesto l’acquisizione del verbale delle sommarie informazioni testimoniali da lui rese durante le indagini. Tale specifica, e sola, richiesta aveva avuto l’espresso consenso delle difese sia dell’imputato che della parte civile. Alla luce di tale contenuto, il motivo prospetta un contesto diverso dal vero e svolge affermazioni solo assertive.

Il motivo è altresì generico nella parte in cui lamenta il mancato esame dell’imputato (che risulta esser stato presente all’udienza del 10.6.2010), senza spiegare o dedurre alcunchè sul contesto della richiesta e sulle specifiche evenienze successive ad essa relative (comunque neppure risultando dedotto esservi stata alcuna specifica richiesta, prima della discussione conclusiva, perchè a quell’esame si procedesse: Sez. 6^, sent. 42182/12).

Il secondo motivo è generico.

Secondo l’intestazione della sentenza, e senza che alcun rilievo venga sul punto formulato in ricorso, l’imputato risulta essere rimasto contumace al dibattimento d’appello. Sicchè la censura è, appunto, quantomeno generica laddove non sviluppa, come necessario, le ragioni per cui le mancate dichiarazioni spontanee dell’imputato contumace integrerebbero violazione del diritto di difesa.

Il terzo motivo è generico e diverso da quelli consentiti.

Il ricorrente non si confronta con l’argomentazione essenziale della Corte distrettuale (l’imputato ha denunciato come smarriti anche gli assegni che sapeva di aver consegnato a F. in presenza di V. e, pertanto, non essere affatto stati smarriti), le sue deduzioni risolvendosi in assertiva sollecitazione a diversa valutazione del materiale probatorio.

Il quarto motivo è manifestamente infondato.

Ancorchè ignorato dal ricorrente (che con esso non si confronta) è consolidato l’insegnamento di questa Corte suprema che la mancata presentazione delle conclusioni nel processo d’appello non determina la revoca tacita disciplinata dall’art. 82 c.p.p., comma 2, in ragione del principio di immanenza della parte civile nel processo ex art. 76 c.p.p., comma 2 (per tutte S.U. sent. 930/1996; Sez. 4^, sent. 24360/2008; Sez. 2^, sent. 24063/2008; Sez. 5^, sent.

12959/2006; Sez. 4^, sent. 11783/1995).

3. All’inammissibilità originaria del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013
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