Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-08-2012, n. 14480

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Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 28.4.2008 il Tribunale di Bari accoglieva la domanda di riliquidazione dell’indennità di buonuscita e del TFR promossa con ricorso del 11.4.2000 da M.P. e condannava la società convenuta (XXX s.r.l.), datrice di lavoro, al pagamento delle relative differenze fra quanto spettante e quanto corrisposto pari a Euro 2.696,12, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio.
Con ricorso del 3.11.2008, la società resistente proponeva appello avverso detta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma con conseguente rigetto della domanda attorea.
Si costituiva l’appellato che chiedeva il rigetto del gravame.
La Corte d’appello di Bari con sentenza del 23 marzo 2010 – 15 aprile 2010 rigettava l’appello confermando la sentenza di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società con due motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata (la qualificazione del controricorso come incidentale non consente di ravvisare nell’atto della parte intimata un ricorso incidentale atteso il contenuto dell’atto che è di mera resistenza all’impugnazione della ricorrente).
Il resistente ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in due motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione di legge (art. 2909 c.c.) lamentando altresì la motivazione insufficiente e illogica in ordine a un punto decisivo della controversia. Deduce in particolare che il Tar Puglia, adito con ricorso, avente ad oggetto la stessa materia, l’avrebbe dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato.
Con secondo motivo la ricorrente denuncia motivazione errata ed insufficiente in ordine a un punto decisivo della controversia. La base retributiva da adottarsi ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita e del TFR era costituita dall’insieme delle voci che formavano la retribuzione normale, così come tassativamente individuate dall’art. 7, lettera C), del contratto collettivo nazionale del 23 luglio 1976, successivamente modificato dall’accordo nazionale del 13 marzo 1980 e poi dalla contratto collettivo del 2 ottobre 1989.
2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente è infondato.
3. Deve in proposito premettersi che la natura del rapporto di lavoro degli addetti alle XXX ha seguito le vicende alterne della gestione delle stesse.
In passato si è trattato di lavoro pubblico privatizzato alle dipendenze della Gestione commissariale che rimane tale anche quando quest’ultima è assunta dalla società Ferrovie dello Stato s.p.a.
nel quadriennio 1997 – 2000 (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2).
Successivamente c’è stato l’approdo nell’alveo del lavoro privato con la delega alle regioni delle funzioni in materia di servizi ferroviari di interesse locale e regionale (L. n. 662 del 1996, art. 2 cit.) ed il ritorno nuovamente al regime concessorio, sulla base di contratti di servizio, dopo la regionalizzazione di queste reti ferroviarie locali (D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, sul conferimento alle regioni di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale).
Proprio al fine di accelerare tale conferimento alle regioni delle funzioni previste dal cit. D.Lgs. n. 422 del 1997, le ferrovie in gestione commissariale governativa, gestite da ultimo dalla società Ferrovie dello Stato s.p.a., sono state autorizzate a costituire società private ricorrendo per la relativa copertura ai fondi destinati alle spese di esercizio (L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 31).
In attuazione di questa riforma di settore ed in particolare dell’accordo di programma stipulato tra il ministero dei trasporti e la regione Puglia in data 23 marzo 2000 c’è stato, da ultimo, il passaggio dalla gestione commissariale governativa delle ferrovie de Sud Est (cessata il 31 dicembre 2000) alla società XXX s.r.l., attualmente ricorrente (venuta in essere da 1 gennaio 2001).
4. Ciò premesso, deve rilevarsi in rito che il riferimento, fatto dalla difesa della società ricorrente, ad un precedente giudizio amministrativo (Tar Puglia, sentenza n. 1115 del 1995) è inidoneo ad inficiare la sentenza impugnata secondo cui questo giudizio avrebbe avuto un esito meramente processuale e quindi non preclusivo del giudizio innanzi al giudice ordinario, una volta "privatizzato" il rapporto. Ed infatti, da una parte le considerazioni di merito contenute nella sentenza suddetta appaiono ultronee atteso che comunque il Tar ha ritenuto che "la domanda si appalesa generica per quanto concerne le voci accessorie da far rientrare nel TFR" sicchè si tratta di una pronuncia di inammissibilità in rito. D’altra parte il tribunale di Bari (sentenza 23 marzo – 13 aprile 2006, n. 6349), nel presente giudizio, con sentenza parziale non impugnata nè oggetto di riserva di appello, ha riconosciuto il diritto del ricorrente ai ricalcolo dell’indennità di buonuscita e del TFR da determinarsi con la sentenza definitiva.
5. Nel merito deve rilevarsi che perchè questa Corte ha già deciso – rigettandoli – ricorsi della società, di tenore del tutto analogo, con le sentenze n. 23765/2009, 23879/2009 e con le ordinanze n. 8412/2010 e 6514/2010 ed a tali precedenti intende dare continuità.
Deve quindi ribadirsi che il fatto che l’indennità di anzianità vada calcolata alla data del 31 maggio 1982, quando il rapporto era di natura pubblica, non elimina il fatto che il relativo credito matura, al pari del TFR solo alla data di cessazione del rapporto.
Parimenti va ribadito che "il principio di onnicomprensività della retribuzione, sancito dall’art. 2121 cod. civ. (nel testo anteriore alla L. n. 297 del 1982) ai fini della determinazione dell’indennità di anzianità, poi confluita nel trattamento di fine rapporto, trova applicazione anche ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita spettante agli autoferrotranvieri con diritto a pensione, con conseguente nullità, ai sensi del citato art. 2121 c.c. e dell’art. 1419 cod. civ., di clausole contrattuali che escludano espressamente la computabilità di indennità corrisposte in maniera continuativa o che adottino una nozione di retribuzione non comprensiva di emolumenti percepiti in maniera continuativa, come il compenso per lavoro straordinario continuativo, il quale è computabile anche ai fini del t.f.r. per il periodo successivo al 31 maggio 1982, dovendo, per un verso, escludersi che le clausole collettive nulle, per contrarietà al principio di onnicomprensività di cui all’art. 2121 cod. civ. (vecchio testo), possano rivivere nel contesto normativo introdotto dalla stessa L. n. 297 del 1982, e, per altro verso, ritenersi che una eventuale deroga al predetto principio di omnicomprensività da parte di contratti o accordi collettivi successivi all’entrata in vigore della L. n. 297 del 1982, debba essere espressamente prevista".
Può poi aggiungersi che questa Corte, a Sezioni unite (sentenza 13.12.07 n. 26107), pronunziando su ricorso della s.r.l. XXX, ha affermando che la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti integra, di per sè, gli estremi dell’uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle c.d. fonti sociali – tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perchè, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda – agisce sul piano dei singoli rapporti individuali alla stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale.
In particolare, le Sezioni unite (sentenza 13.12.07 n. 26107), pronunziando su ricorso della s.r.l. XXX, hanno affermato che la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti integra, di per sè, gli estremi dell’uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle c.d. fonti sociali – tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perchè, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda – agisce sul piano dei singoli rapporti individuali alla stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2012

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