Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 06-06-2013, n. 24973

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.S., al quale era inflitta la pena patteggiata di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 344,00 di multa per il delitto di ricettazione continuata – ex art. 81 cpv e art. 648 c.p. – con sentenza del gup del tribunale di Trapani in data 27.4.2012 propone ricorso avverso la decisione, deducendo due ragioni di doglianza: nullità della notificazione della sentenza notificata al difensore, malgrado l’omessa notifica al domicilio eletto, da un lato, nullità poi della stessa sentenza per emergere dagli atti l’insussistenza del fatto costitutivo del delitto di ricettazione che avrebbe dovuto cedere il passo alla mera contravvenzione di incauto acquisto ex art. 712 c.p..

Il ricorso non può accogliersi perchè inammissibile.

Il primo motivo di ricorso è manifestante infondato perchè l’estratto contumaciale, ancorchè notificato all’imputato ai sensi dell’art. 161 c.p., ult. cpv., non ha impedito all’interessato di proporre personalmente ricorso nella piena consapevolezza del contenuto della decisione. Per l’effetto, a norma dell’art. 183 c.p.p., comma 1, lett. b), la nullità relativa è sanata.

Il secondo motivo di ricorso spazia su un campo precluso per via della scelta del rito. Invero per giurisprudenza consolidata, la finalità e la struttura del cosiddetto patteggiamento sono incompatibili con la previsione di una legittimazione ad impugnare in cassazione il provvedimento che abbia accolto totalmente la richiesta di applicazione della pena – così come concordemente indicata dalle parti – e abbia escluso, nel contempo, con l’opportuno richiamo agli atti procedimentali prodotti dal P.M., che allo stato degli atti, sussistessero ipotesi di fatto idonee a giustificare la declaratoria di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di mille e cinquecento Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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